Non frequento molto il mondo al di fuori delle concilianti mura di casa, se non per inoltrarmi pei boschi o varcare la soglia della libreria, l’unica rimasta (gli empori non m’interessano e m’angosciano) ad avere ancora un libraio, nella triste città dove vivo. Luca, è questo il nome del libraio, deve pur campare. Ed è inevitabile che debba assecondare l’incapacità di discernere tra il sublime e l’indegno e il pessimo gusto dei clienti. Luca, in cuor suo, consiglierebbe l’inconsigliabile. Gli ho fatto conoscere Thomas Bernhard e i romanzi altri e alti di Nabokov. È stato lui a iniziarmi a Simenon e Marai. Ed è sempre lui che ordina i carteggi di Proust per regalarli alla persona amata. E quando varco la soglia del suo mondo sa già che non ha bisogno di dirmi quale novità sia stata pubblicata, soprattutto quando questa novità è adornata da insulse fascette riguardanti vituperati e sviliti premi letterari. Ma non tutti i librai sono come Luca. Non esistono forse più nemmeno, i librai.
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La mia fantasia, quindi, spesso disegna inopinati quanto spassosi scenari: tra i tanti e mai troppi libri da lui acquistati ce n’è uno, in particolare, che cela tra le sue pagine proprio la scena perfetta, quella che tanto mi piacerebbe vivere e impersonare. Il libro è La passeggiata di Robert Walser, forse il testo più alto dello scrittore svizzero; e la scena perfetta è quella del protagonista che entra (appunto) in una libreria: “Una ben fornita libreria mi attrasse straordinariamente e mi venne voglia di dedicarle una visita fugace, sicché non esitai ad entrarvi con molto garbo, supponendo naturalmente di avere più l’aria di un severo revisore contabile, di un ispettore, di un collezionista di novità e fine intenditore, che non di un ricco , amato e ben accolto compratore e buon cliente. Con voce cortese e sommamente riguardosa, usando – non occorre dirlo – le più elette espressioni, m’informai di tutto ciò che di nuovo e migliore offriva il campo delle belle lettere. ‘Posso’ chiesi timidamente ‘conoscere e apprezzare sul momento quanto v’è di più valido e di più serio e al tempo stesso (s’intende) di più letto e prontamente ammirato e acquistato? Ella mi obbligherebbe in modo eccezionale se mi volesse usare la compiacenza di esibirmi il libro che, come nessuno può sapere meglio di lei, ha ottenuto il maggior favore sia tra il pubblico che legge, sia presso la temuta e perciò vezzeggiata critica, e il cui successo continua a mantenersi vivo’. In verità m’interessa sommamente apprendere quale sia, fra le opere della penna qui accumulate o messe in mostra, il fortunato libro in questione, la vista del quale farà di me, con ogni probabilità, un acquirente sollecito, lieto, entusiasta. Il desiderio di vedermi dinanzi lo scrittore prediletto dal mondo della cultura, nonché il suo ammirato e freneticamente applaudito capolavoro, per poi, come le dissi, comprarlo subito, mi pervade con tutte le membra. ‘Potrei cortesemente rivolgerle la più viva preghiera di mostrarmi questo libro d’impareggiabile successo, sicché l’ansia che si è impadronita di me si plachi e cessi alfine di agitarmi?’. ‘Con piacere’ disse il libraio. Ratto come una freccia sparì dalla mia vista, per poi ripresentarsi un attimo dopo all’avido amatore tenendo il libro di non effimera validità, venduto e letto più di ogni altro. Quel prezioso parto dell’intelletto era da lui recato con la stessa solenne compostezza di una reliquia santificante. Il suo volto era estatico; l’espressione irradiava sommo rispetto. Con le labbra atteggiate a quel sorriso che proprio solo di chi sia intimamente compenetrato, egli depose innanzi a me, col fare più suadente, l’oggetto della sua pronta ricerca”.
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E, nel continuare a tessere la mia fantasticheria, immagino il solerte libraio recar tra le sue mani Il colibrì di Sandro Veronesi. Ma si può sostituire l’altissimo romanziere con un Missoroli o una Ferrante senza intaccare il raccapriccio. E m’immagino recitare proprio queste parole, immagino la scena dipanarsi proprio come nel romanzo di Walser: “Io gettai al libro uno sguardo severo e chiesi: ‘Può lei giurarmi che questo è il libro di maggior successo dell’anno?’. ‘Senza dubbio’. ‘Può affermare che questo è il libro che bisogna assolutamente aver letto?’. ‘Assolutamente’. ‘È davvero un bel libro?’. ‘La sua domanda è del tutto superflua e inopportuna!’. ‘La ringrazio molto’ dissi imperturbabile, lasciai dove si trovava il libro che aveva ottenuto il massimo successo di vendita perché bisognava assolutamente averlo letto, e uscii senz’altro aggiungere, ossia in perfetto silenzio. ‘Uomo ignorante e incolto!’ non mancò di gridarmi dietro il libraio, nel suo giustificato corruccio. Ma io lo lasciai dire e continuai per la mia strada”.
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Ora, il romanzo di Walser è stato pubblicato nel 1919 e, come scrive Calasso: “basterebbe confrontare i libri degli ultimi vent’anni con quelli apparsi nei primi vent’anni del Novecento. Confronto che risulterebbe schiacciante, in sfavore del presente”. Ma le parole, i versi, gli scritti dei grandi rimangono e rimarranno sempre immortali e visionari. Robert Walser mi ha insegnato e ci ha insegnato come affrontare le librerie o quel che ne rimane nella tetra rappresentazione odierna. Intanto squilla il telefono: è Luca che mi avverte che Sotto il ferro della luna, la raccolta di poesie di Thomas Bernhard è arrivato. Due copie. Le due copie che ci spartiremo.
Cosimo Mongelli