Uomo universale, Ramon Llull – le quattro L paiono lupi d’alpe sul baratro della U – fu affetto dalla bramosia. L’erotismo è il carattere che lo domina: l’estro armonico della sua opera, oceanica, cela lo squilibrio, l’insania di immergersi nello “sbaglio di natura”, nella frattura di Dio. L’Ars Magna è in fondo una trasposizione del Magnum Opus, che decompone l’errore nella rinnovata purezza – alchimia, dunque, come prassi per la conversione, per dare nuova dignità d’Oriente all’inverso. Rubedo è il tono di Llull, la fenice il suo simbolo.
Nato a Palma di Maiorca nel 1233 da ricca famiglia catalana, Llull ha l’ardore dei possidenti: si sposa, ne ottiene due figli. Secondo la leggenda, Llull, cavaliere d’alto lignaggio, si dà alle donne; s’innamora di Ambrosia Eleonora di Castello, succosa di castità; tenta di conquistarla, si avventa a lei, per scoprire, spogliandola, “sulle mammelle per giovinezza ancora scultoree, il violaceo fiore del cancro”. Da lì – il mostruoso che macula l’immacolato – principia la notte oscura del Doctor Illuminatus: la conversione scalpitante, lo studio disperato, l’enciclopedismo, i viaggi, inquieti, da Parigi a Napoli, da Cipro all’Armenia, l’architettura di un metodo mnemonico e di una prassi logica per conquistare il prossimo alle foci/fauci del Dio cristiano. Più prosaicamente, Llull si liberò dei suoi beni, dadone i ricavi, in parte, alla moglie e ai figli, utilizzando il resto per foraggiare i primi studi.
Fu figura dell’intellettuale colto da ardore: si avventurò in campi del sapere fino ad allora oscuri. Imparò l’ebraico e l’arabo, tradusse al-Ghazali, si impratichì nell’arte cabbalistica e combinatoria, pare conoscesse l’alchimia: fu l’avo a cui si ispirarono Pico della Mirandola e Giordano Bruno. Dei suoi libri, tra gli altri, vanno sfogliati l’Arte breve (Bompiani, 2002), IlLibro dell’Amico e dell’Amato (Qiqajon, 2016; a cura di Federica d’Amato), Il Libro dell’Ordine della Cavalleria (Arktos, 1994); di recente le edizioni Antonianum hanno pubblicato il Romanzo di Evast e Blaquerna.
Sembra non abbia indossato la tunica francescana, sembra non sia morto martire, nel 1316; papa Pio IX lo ha eletto beato. Amava la predicazione come quintessenza del coraggio, piegare i nemici con le arti dell’intelletto; Dio, a suo dire, esigeva amore e prontezza nella lotta. In un antico libro di Carlo Betocchi, Luigi Fallacara e Nicola Lisi, Mistici medievali (Edizioni Radio Italiana, 1956), così si scrive di Raimondo Lullo:
“La calma ebbrezza del ‘dottore illuminato’ è un’ebbrezza senza fine. È anche una ‘follia della Croce’, ma cosparsa di rose, profumata di fiori, odore delle virtù… Il mistico ama tutti quelli che amano, vuole richiamare all’amore tutti quelli che se ne sono allontanati. Soffre solo per questa mancanza di amore negli uomini e li invita ad amare con dolcezza struggente. Vedendo uno che moriva disperato, gli fu chiesto: Perché costui muore senza amore? Rispose: Perché è vissuto senza amore”.
L’amore di Llull è milizia: scende, spoglio, in tenzone. Il corpo ha finiture in doppia lama. Il genio di Llull è proprio dello stratega, che allevia ogni stregoneria acquartierandosi presso il bene. Il Llibre dels mil proverbis (1302), di cui qui si traducono alcune lasse, è, in questo caso, una specie di summa dell’opera di Llull: allo stesso tempo, regola di vita, raccolta di aforismi in grado di setacciare lo scibile etico, la ‘scala’ attraverso cui compiere l’ascesi verso Dio – gioco di equilibrismo e di ordine equestre. Il linguaggio proverbiale della Bibbia – celebrato nei Proverbi e nel Siracide, ad esempio – è reso più schietto, ha la proprietà logica di chi non indugia ma duella. Il “Libro dei mille proverbi” è manuale di addestramento: a tratti conforta e disseta, spesso provoca; è l’ideale abbecedario da tenere nello zaino, frasi lampanti – cruciali per schietta onestà e aurea banalità – da cucire alla veste, da tatuarsi sull’avambraccio. L’impianto assertivo seduce: non un refolo di dubbio ha spazio in questo parlare perentorio. Ogni motto mobilita un destino: nessuna questione lo inquina, qui il regime del linguaggio obbliga ad obbedire.
Che tale ritmo del linguaggio sia dotato di una poetica è indubbio: uno dei più noti proverbi di Llull – che proviene dai rivi della sapienza evangelica – “Una bella morte riscatta tutta la vita”, si rifrange nella sentenza di Petrarca, “un bel morir tutta la vita honora”, tratta dal Canzoniere (Ben mi credea passar mio tempo omai). Si tratta, tuttavia, di una poetica all’assalto, all’arma bianca, senza l’assoluzione di aggettivi o di moine liriche: qui Llull non indaga l’invisibile, indugia sulla fibra di cui è fatto l’uomo – d’argento, a volte, più spesso di fango.
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Dal Libro dei mille proverbi
Su Dio
1 Gioisci: Dio è tutto buono, tutto perfetto.
2 Dio è buono più di tutto ciò che è: ama Dio per la sua bontà più che per il bene che elargisce.
3 Chi teme Dio prima che amarlo ama se stesso prima di Dio.
4 Puoi fare di più con Dio in un giorno che in mille anni da solo.
5 Prega Dio: secondo le Sue condizioni non secondo le tue.
6 Chiunque lotta con Dio ne esce sconfitto.
7 Cerca il tuo fine nel fine di Dio.
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Sulla sottomissione
1 Non venderti a un cattivo signore.
2 Se sei sfidato dal male, rispondi con il bene.
3 Chiedi perdono con poche parole, che non ti investano le parole del padrone.
4 Non obbedire al superiore se si tratta di obbedire contro Dio.
5 Ama il superiore per servirlo senza fatica.
6 Preferisci la leale servitù alla crudele signoria.
7 Chi serve un padrone malvagio, al male si abitua e spreca il suo tempo.
8 Ama la pazienza, sostentala con riti quotidiani.
9 Non vergognarti di servire.
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Sulla forza
1 Chi è forte è dotato del coraggio dei buoni, la bontà è la vera forza.
2 Fortezza spirituale vince i poteri dello spirito.
3 La volontà è libera, per questo è più forte del peccato.
4 Non confidare in un uomo che non è fortificato nel coraggio.
5 Senza fortificarti nel coraggio non puoi abbattere il nemico.
6 Il coraggio è forte e preserva dalla vergogna.
7 Puoi vincere la spada e lo stiletto ma non chi ha un cuore forte.
8 La forza di comprendere e di amare non si sconfigge.
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Sui nemici
1 Ama i nemici non per le loro abitudini ma perché sono creature di Dio.
2 Prova il nemico per fartelo amico.
3 Chi maledice il nemico e ne parla in pubblico è una vittima, si comporta da vile.
4 Non moltiplicare l’ira del tuo nemico.
5 Rendi il nemico estraneo ai tuoi occhi e ai tuoi orecchi.
6 Chi parla male del nemico è doppiamente malvagio.
7 Non dormire mentre il nemico ti osserva.
8 Rivolgiti con buone parole a chi ti è nemico.
9 Diventa amico del tuo nemico – e del suo nemico.
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Sulla ricchezza
1 Ama Dio, sarai ricco.
2 Chi non semina le proprie ricchezze non è ricco.
3 L’anima è più ricca del cuore.
4 Se sei ricco, arricchisci un altro.
5 Uno è la ricchezza di un altro uomo.
6 Chi non ha la ricchezza che si merita, si ammala.
7 La ricchezza di Dio: un uomo buono.
8 Diventi ricco donando più che umiliando.
9 Chi ha molti amici ha molte ricchezze.
10 La ricchezza che non si ottiene dalla povertà, non è ricchezza.
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Sulla vita
1 La vita contemplativa ama, quella attiva si innamora.
2 La vita contemplativa è quella che si ama, quella attiva permette di amare.
3 La vita attiva lavora, quella contemplativa riposa.
4 Vivi una vita attiva perché divenga contemplativa.
5 La vita attiva è tale perché è contemplativa.
6 La vita contemplativa perdona, quella attiva punisce.
7 Chi vive bene muore bene.
8 Vivi con il cuore ciò che vive la tua anima.
9 Vivi in Dio: vivrai per sempre.
10 Non vivere alle spalle di qualcuno: vivi libero.
11 Chi non ha coraggio non vive.
12 Si muore per ciò che si è vissuto.
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Sulla morte
1 La morte corporale non è nulla rispetto a quella spirituale.
2 Tradisce Dio chi teme di morire per il Suo amore.
3 Una bella morte riscatta tutta la vita.
4 Una buona morta è la porta d’uscita di una buona vita.