02 Febbraio 2018

Da quasi 70 anni il Festival di Sanremo veicola un’idea dell’amore che sarebbe piaciuta al mullah Omar. Da Battisti a Caccamo, breve storia di una patologia delirante

Domande epocali, eppure effimere, mi attanagliano la mente in questi giorni: Perché esiste qualcosa piuttosto che il nulla? Chi è Dio? Da dove veniamo e dove andiamo? C’è vita dopo la morte? Giovanni Caccamo vincerà Sanremo? I bookmakers pagano la sua vittoria tra 15 e 25 volte la posta, privilegiando Ermal Meta e Federico Moro, offerti a 2.5 e Ron a 4. Ma di sicuro, la canzone di Caccamo è talmente in linea con il canone sanremese che non mi stupirei se la giuria decidesse di premiarlo. Da quasi settant’anni, il Festival veicola un’idea dell’amore che sarebbe piaciuta al mullah Omar. Un sentimento assolutista e geloso che consiste nel mettersi a guardia della solitudine dell’altro bloccando ogni canale con l’esterno. Canta Caccamo: “Chiusi dentro di noi, insieme io e te per sempre / senza volere niente a parte questo nostro naufragare e non cercare niente / più niente a parte noi / e non capire niente”. È il manifesto programmatico di chi vede l’obnubilamento amoroso come il sogno di una vita. E non basta. Ciò che Caccamo chiede alla sua donna è non lasciarsi mai, “senza volere niente, senza cercare niente”. Eh no, Giovanni: se le proponi una vita di merda, poi non lamentarti quando ti molla.

Giovanni Caccamo
“Chiusi dentro di noi, insieme io e te per sempre / senza volere niente”, canta il giovane Giovanni Caccamo. Che palle…

Questo atteggiamento verso la vita di coppia, non solo fa stare malissimo, ma ci fissa in una condizione che peggiora via via che ci rendiamo conto di un’amara verità: per essere felici in due e durare nel tempo, tenendo lontani noia e tradimento, l’amore non basta. Dopo l’euforia dei primi mesi, la realtà emerge con la forza di una breve poesia di Enrico Montesano: “Io nun c’ho che te, tu nun c’hai che me. Nun c’avemo un granchè”. Le canzoni italiane sono sempre state cattive maestre, e la più cattiva di tutte è Ancora, di Edoardo De Crescenzo, il principe degli amanti ostinati, quello che stava sveglio fino a notte alta perché lei era il suo chiodo fisso e insieme a lei ci stava meglio e più la pensava e più la voleva. Ma davvero alle ragazze piacerebbe trovare sotto casa un ex fidanzato che fa il pazzo e tira sassi alla finestra accesa? Questa follia ha radici antiche. Non nasce e non si esaurisce con Sanremo. Le canzoni d’amore insegnano che la felicità individuale dipende dallo stare in coppia, ma non basta: bisogna stare in coppia con la tipa che ci ha mollato, e se lei non ne vuol proprio sapere, intestardirsi, e romperle le ovaie fino allo sfinimento. Potrei citarne centinaia, ma intanto leggete questi inquietanti questi versi di Luis Miguel (Muoio per te): “è da tanto che ti filo / tu non vedi me / Come un’ombra io ti spio / Sempre dietro a te”. Ci sarebbero gli estremi per ricordare a Miguelito che il nostro codice penale prevede il reato di stalking e l’arresto obbligatorio in caso di flagranza. Persino Zucchero non riesce a dimenticare una storia finita. Cerca di distrarsi con lunghe passeggiate in campagna, ma la mente rimane fissa su un unico pensiero (Muoio per te): “E dalle fonde oscure valli / Canzoni antiche di tristezza / Ma ogni passo io pensavo a te / Ogni passo solo a te”.

In una breve prosa di Il mio cuore messo a nudo, Charles Baudelaire scrive che “l’orrore della solitudine e il bisogno di dimenticare il proprio io nella carne esteriore, l’uomo lo chiama nobilmente bisogno d’amare”. Ma Peppino Di Capri ribatte che bisogna diffidare dei poeti e dei loro freddi intellettualismi. Quando abbiamo perso la sola donna al mondo che poteva renderci felici, non c’è altra soluzione che morire (Per te morirò): “Per te morirò se tu lo vorrai / ma non lasciarmi solo quaggiù”. Il talebanesimo del cuore non conosce mezze misure: non solo si deve morire per lei, ma bisogna anche rintracciarla e chiederle il permesso. Poi, se lei vorrà… un colpo in testa e ci si toglie dai coglioni, finalmente. La speranza di trovare una risposta intelligente al mal d’amore crolla con Lucio Battisti, che prima ci illude con false speranze di razionalità: “Che non si muore per amore è una gran bella verità” (Io vivrò, senza te), e poi conclude, come il più urticante dei neomelodici: “Senza te… qualche cosa di sicuro io farò, piangerò, io piangerò. Sì piangerò, io, piangerò”.

“Anche se non mi vuoi”, canta Laura Pausini (Anche se non mi vuoi), “Tu non mi perderai / So perdonarti le cose che non mi dai / Io credo in noi / Anche se non mi vuoi”. Ma se non mi vuoi, la risposta dovrebbe essere una sola: vaffanculo. Poco sanremese, ma quella è la risposta.

Francesco Consiglio

 

 

 

 

 

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