05 Agosto 2024

Atlantide, città stregata, “centro drammatico del destino occidentale”. Praga secondo Milan Kundera

Milan Kundera delizia i suoi lettori con una pubblicazione postuma: Praga, poesia che scompare (Adelphi 2024) riprende due testi usciti in origine sulla rivista “Le Débat”. Il primo dei due è il più corto, ma è il più affascinante. Ripercorrere la Praga letteraria che Kundera ha vissuto e studiato e a cui ha contribuito nel solco di una tradizione di magia, oscurità e bellezza. Vale la pena riportare qualche riga di cosa Kundera intendesse per Praga.

«Centro drammatico e dolente del destino occidentale […] nelle nebbie dell’Europa dell’Est cui non ha mai appartenuto. Praga, prima città universitaria a est del Reno, teatro nel quindicesimo secolo della prima grande rivoluzione europea, culla della Riforma, città che ha provocato lo scoppio della guerra dei Trent’anni, capitale del barocco e delle sue follie, Praga che, nel 1968, ha tentato invano di occidentalizzare il socialismo importato dal freddo».

Nell’ottica di Kundera, Praga è Atlantide. Una città mistica di lingua ceca sempre poco accessibile agli stranieri, ma anche terra di frontiera tra una Europa e l’altra. Il testo di Kundera è un vademecum sulla Praga che anche oggi i turisti apprezzano molto. Tuttora, scrive l’autore, molti indagano sui rapporti tra Praga e Franz Kafka, pur senza sapere nulla della cultura ceca. Sussistono, in sede storica, diverse speculazioni sulla primavera di Praga senza conoscere riviste o giornali di quel periodo. Kundera sembra dire che per approcciare Praga è importante farlo da informati. Praga stessa non è superficiale. È un mosaico di gotico, manierismo, Rinascimento, barocco, Art nouveau. Il poeta Vítězslav Nezval (Praga dalle dita di pioggia) ha scritto:

«Ai miei piedi giace Praga
La vedo come immaginavo le città stregate
[…] la città dove ha sede la magia».

Praga è sempre stata magica. Dall’imperatore Rodolfo II che ne fece il centro europeo delle scienze esoteriche dell’arte fantastica – alla sua corte lavoravano anche Giovanni Keplero e Giuseppe Arcimboldi – fino alla sua fine con la guerra che ha occupato tre decenni e che è stata una catastrofe per la regione e il popolo ceco. Con quel conflitto, Kundera spiega che il popolo ceco ha corso il rischio di scomparire. «È sotto l’ipnosi dell’arte barocca che ha avuto luogo il gigantesco lavaggio del cervello destinato a trasformare una nazione slava protestante in una nazione tedesca cattolica». E ancora:

«La connivenza fra la bellezza e il male è un’esperienza molto praghese».

In effetti questo stile lo si percepisce bene anche a livello architettonico tra chiaro e oscuro. Il barocco ha contribuito alla fioritura della bellezza architettonica e musicale della città. Ma anche letteraria e filosofica.

Si potrebbe dire che Praga è un insieme incoerente di fiabe e storie. Ma anche – e soprattutto – di leggende. L’aggettivo “magica” è di André Breton – che si rifaceva a Nezval, che definì Praga la «capitale magica dell’Europa» – ancor prima di Angelo Maria Ripellino. Una definizione che è rimasta ed è stata incrementata da Kafka, il quale ha lasciato un’eredità indelebile sulla città. Kundera parla anche di un suo illustre predecessore tra i grandi scrittori cechi, Jaroslav Hašek, morto nel 1923. Hašek si distingue da Kafka per una prosa popolare ed esclusa dalla letteratura seria, mentre l’altro aveva una prosa quasi cifrata, ermetica. Entrambi, scrive Kundera,

«parlano della stessa cosa: dell’uomo alle prese con una società trasformata in un gigantesco meccanismo burocratizzato (in Kafka) o militarizzato (in Hašek): K. di fronte al tribunale e al castello, Švejk di fronte al totalitarismo dell’esercito austroungarico».

Breve menzione per Karel Čapek, l’inventore della parola “robot”. E poi gli scrittori Max Brod, Franz Werfel, Egon Erwin Kisch e Oskar Baum che hanno corroborato il mito della Praga estetica nella letteratura e nell’immaginario collettivo. Ma – avverte Kundera – la Praga cosmopolita, liberale e democratica di Tomáš G. Masaryk scomparve con il colpo di Stato del 1948, che ne seppellì anche la dimensione occidentale.

Poche parole sul secondo testo. Che è una risposta polemica di Kundera a suoi lettori, traduttori e interpreti che sembrano fraintenderlo. Dietro suggerimento di Pierre Nora, l’autore scrisse un dizionario della sua opera. Alla voce “Cecoslovacchia” scrive di non riprenderla mai nei suoi romanzi. “Essere”: «Molti amici mi hanno sconsigliato il titolo L’insostenibile leggerezza dell’essere». “Europa centrale”:

«immensa forza del barocco impone a questa regione, multinazionale e dunque policentrica, dalle frontiere mobili e indefinibili».

Amedeo Gasparini

Gruppo MAGOG