Tutto ruota intorno a un luogo. Blackhawk Island, Wisconsin, Stati Uniti d’America. Un alveare di case, tra rivi palustri e laghi. Il più vicino si chiama Mud Lake; il più grande Koshkonong. “Le sorelle Brontë avevano le brughiere, io ho le mie paludi”, dirà lei, più avanti. Figlia di un pescatore, capace – per un po’ – nel commercio, Lorine Niedecker nasce in quel lato remoto di Usa nel 1903, e fa di quei luoghi, ruvidi, rurali, la ragione totemica della sua poesia. È figura astrale e selvatica, Lorine: lega il culto del selvaggio, i lari barbarici, i fuochi rupestri, al ‘modernismo’ pronunciato dagli artisti che ama, Ezra Pound, H.D., Virginia Woolf. Colto dal solito estro, William Carlos Williams disse che Lorine Niedecker era “l’Emily Dickinson della nostra epoca”. Didascalia sviante: Lorine ha uno sguardo da entomologo nei riguardi delle quotidiane afflizioni umane; Emily, semmai, è cupa teologa, colta da ironia mistica.
Non le fu facile la vita. Studiò per un po’ – finché il papà aveva soldi – al Beloit College, è impiegata presso la Fort Atkinson Library. La Grande Depressione le leva lavoro e marito: nel 1928 aveva sposato, per costrizione sociale, più che altro, e rito della vita immobile, un collaboratore del padre; ne risultò un matrimonio infelice, sigillato dal divorzio. Fu Louis Zukofsky, pimpante discepolo di Pound, il mentore – e l’aguzzino – di Lorine. Lei gli inviò dei versi, lui ne fu ammirato, infiammato – cominciò a farle da maestro, la invitò a casa sua, a New York. La passione per la lirica si mutò in amorosi sensi: Lorine resta incinta di Zukofsky, lui, spiazzato, non vuole rinunciare alla carriera letteraria, la obbliga ad abortire. Lei accetta, si separano. Ritornata nel Wisconsin, Lorine scrive, con levigatezza orafa, si occupa della madre, afflitta da sordità, nella piena della sconfitta esistenziale (il marito la tradisce con la vicina). Per sopravvivere, Lorine fa di tutto: sceneggiatrice per la radio, stenografa, correttrice di bozze per un giornale locale. Fa la donna delle pulizie in un ospedale. Chiama servizio l’umiliazione, crede che sia necessaria alla sua ricerca lirica; che la sua bellezza – obliqua, un poco marziana – si sciupi, non le importa, anzi.
Il primo libro di poesie, New Goose, esce che lei ha più di quarant’anni, nel 1946. Il secondo, My Friend Tree, è pubblico nel 1961. Profonde crisi agitano la scrittura di Lorine, che sceglie, per anni, il reclusorio del silenzio. Nel 1949 comincia a scrivere una serie di testi For Paul, dedicate al figlio che nel frattempo Zukofsky ha avuto dalla nuova compagna, Celia Thaew. Zukofsky le intima di non pubblicare nulla.
L’unione, nel 1963, con l’industriale Albert Millen la tranquillizza sotto l’aspetto economico: sapeva vivere di nulla, Lorine, in adorazione delle sue paludi, palustre perfino la sua anima, impasto di luce e fango. Morirà nel 1970, l’ultimo giorno dell’anno, per una emorragia cerebrale. Negli ultimi anni, uno stuolo di poeti aveva riconosciuto in lei una maestra. Così la ricorda Basil Bunting:
“Secondo il giudizio di molti, è la poetessa più interessante che l’America abbia mai prodotto. Il suo lavoro era austero, privo di ornamenti, fisso su ritmi elementari e su una concisione miliare, tanto che a tanti pareva eccentrico, troppo spoglio, nudo. Morì quando cominciava ad essere amata”.
Naturalmente, l’opera di Lorine Niedecker non è mai approdata in Italia; in Francia, l’editore José Corti – lo stesso di Julien Gracq – la pubblica con enfasi: “chi oggi lavora per il suo pieno riconoscimento la annovera, a ragione, tra i poeti più grandi del secolo”.
Poco prima di morire, Lorine aveva elaborato un’antologia dei versi che riteneva migliori, My Life by Water. Che buffo: il titolo è l’opposto della celebre lassa della Waste Land di T.S. Eliot, Death by Water. Nell’acqua non si muore, si può vivere: bisogna apprendere la provvidenza subacquea, la missione anfibia – e rivolgersi alle branchie oculari, semmai.
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Linneo in Lapponia
Niente degno di nota
tranne un’Andromeda
dalle quadrangolari radici –
le pendici degli stivali
della mia truppa
sono bagnate: devi nuotare
negli androni della chiesa
o essere tassato – fioriscono
seminagioni di seni
dalle foglie
Mattina di matta nebbia –
vedo soltanto
le traccia del mio andare. Porto
con me
la chiarezza.
*
Ha vissuto – estati infanti
a piedi nudi
poi anni senza denaro
né calore
presso il fiume – via dalla piena
raggiunse la chiatta, il cane,
la donna, ma perse la figlia –
preludio
a una piantagione d’alberi. Seppellì carpe
all’ombra delle rose
dove l’erba è statuaria
e sfocia in ringhio di palude.
Ai banchieri di collina
aprì le taniche del vino.
Desiderava che l’unica figlia
trovasse impiego in banca
le diede una fonte certa
di sostentamento –
un discorso unto
la palustre fermezza.
*
Ho sposato
nella nera notte del mondo
per la calura
o per il riposo
alla clausura –
qualcuno.
Con lui mi sono nascosta
dalle armi a lunga gittata.
Mettemmo le gambe
nell’armadio, la testa
nel comodino.
Feritoia di luce
alba priva di uccelli –
incomprensibile
ho pensato
lui si mise a bere
troppo.
Ho detto
mi sono sposata
vivendo senza sepoltura.
Pensai –
*
Selvaggio
Tu sei il solo uomo
tu sei il mio altro paese
e trovo difficile procedere
sei il fico d’india
la tempesta improvvisa e violenta
il torrente che solleva il fiume
per sollevare il cervo ferito.
*
Darwin
I
Il suo sacro
ostinato
pensare alle
cose
non tutto è “delirio
di gioia”
come nelle foreste
del Brasile
“Le specie non sono
(pare la confessione
di un assassinio)
immutabili”
Spesso era quieto
nel Porto Desiderio della malattia
recluso dalla specie
al tavolo da biliardo
Riguardo all’Uomo
“Credo che l’Uomo
sia nella stessa circostanza
degli altri animali”
II
Cordigliere da ascendere – picchi
andini “rovinati come
la crosta di una
torta spaccata”
Vento gelido
rude altitudine, rischio
i cileni consigliano la cipolla
per via della mancanza di respiro
Diventa pesante:
i minatori delle Ande trasportano
carichi imponenti: non è ammesso
fermarsi per prendere fiato
Ossa fossili presso Santa Fé
il morso del ragno brucia
febbre
curata da una vecchia
“Cara Susan…
sono affamato
del suono
del pianoforte”
III
FitzRoy è sbalordito –
conchiglie sulle cime delle montagne!
le leggi della mutazione
montano i mari
senza il buon capitano
che non lo ammette
la terra potrebbe essersi inarcata dai mari
finché – davanti ai suoi occhi
terremoto –
la baia di Talcahuana si prosciuga –
l’acqua diventa muraglia
dall’oceano
sei secondi
per demolire una città
è il volere di Dio?
non resta che pregare
e ora le Galápagos –
orrida lava nera
la riva bollente
gli brucia i piedi
attraverso gli stivali
vita rettile
Melville, più tardi
dirà che il suono primordiale è un sibilo
migliaia di mostruose tartarughe
si muovono verso le acque
granchi dal bagliore di sangue
cacciano le zecche dal dorso delle lucertole
cormorani privi di volo
creature dei freddi mari –
pinguini, foche
qui, nelle tropicali acque
un inferno per FitzRoy
paradisiaco rebus per Darwin
che comincia ad adattarsi
ai concetti puzzle
IV
Anni di sbilanciato equilibrio
probabilità
sono malato, disse
i libri procedono lenti
studiò piccioni
crostacei, lombrichi
semi estratti
dallo sterco degli uccelli
portare a casa la Drosera –
vide gli insetti intrappolati
nei suoi tentacoli – pianta
che secerne il suo segreto
acido acuto affine
a fluido digestivo
di animale! Anni
prima di pubblicare
scrisse a Lyell: non dimenticare
di inviarmi la carcassa
del tuo gatto africano mezzosangue
una volta morto
V
Ricordo che disse
quelle notti tropicali sul mare –
ci sedemmo a parlare
sopra i boati
nella Tierra del Fuego
i ghiacciai splendono trascendenti
tenue blu in basso
(simile) al mare indaco
(A proposito: Carlyle
riteneva ridicolo
che a qualcuno importasse
che il ghiacciaio
si muovesse più veloce
o più lento
o per nulla)
Darwin
salpò
dalla Baia della Buona Sorte
alla carcassa
conclusione:
l’universo
non è ideato dalla bruta forza
ma progettato da leggi
restano i dettagli
sulla meccanica del caso
“permetti a ogni uomo
di sperare e credere
in ciò che può”
*
Orrore: svegliarsi di notte
e scoprire un soffio di luce nel nulla.
Il tempo è bianco
le zanzare mi bucano
ho speso la mia vita nel nulla.
Il pensiero mi tortura. Come stai mio Niente
caracollo in giro con la moglie di Qualcuno.
Ronzio e bruciore
è tutto ciò che conosco
nel nulla ho speso la mia vita.
Imbottito, impasticcato, pallido e gonfio
sollevo cose per la casa –
tappeti, stoviglie
panche, pesci
passo la mia vita nel nulla.
Lorine Niedecker