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"Il cervello e l’utero sono città nemiche, i cui abitanti sono nati per battersi l’uno contro l’altro"

Fra i più anomali, inattesi scrittori del XX secolo, Margiad Evans (1909-1958) scopre di essere epilettica quando ha da poco varcato la soglia dei quarant’anni. Illustratrice, romanziera, saggista, poetessa, deve venire a patti con una malattia fisicamente e psicologicamente debilitante, lo stigma sociale che ne deriva e un’imminente maternità. Si muove sul bordo della follia. Scrittrice di frontiera – al confine fra Galles e Inghilterra, fra coscienza e incoscienza –, fa della prosa autobiografica il contrario della posa dell’ego: magmatico e onnipossente, il ‘genere’ diviene strumento di rivolta alla patologia, pura Poesia come mezzo per giungere prima a sé, infine a Dio.

Pubblicato nel 1952, “Un Raggio di Oscurità” – qui tradotto per la prima volta in Italia – è un resoconto intimo e tormentato unico nel suo genere, viaggio clinico e letterario, mistico e morale, travagliata ricerca che nello sdoppiamento fisico cerca l’unità spirituale. In cui la convulsione, inatteso dolore, si fa estatico istante.

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Illustrazione in copertina di Angelo Borgese