14 Ottobre 2017

L'insostenibile fascino di Conrad profeta del mondo globale

Il libro decisivo del nostro millennio è stato scritto sul ciglio del Novecento, più di un secolo fa. “Non sapevo di avere ‘un cuore di tenebre’ e un’anima da ‘fuorilegge’… credetemi, nessuno ha mai pagato più caro di me le righe che ha scritto”. Così, a posteriori, nel 1908, all’amico Arthur Symons, scrive Joseph Conrad. Cuore di tenebra è stato pubblicato in rivista nel 1899 e in volume nel 1902, insieme ad altri due racconti, Giovinezza e Al limite estremo. Di questi, Cuore di tenebra è la discesa agli inferi, nel cuore del Congo belga, nel cuore dell’uomo. Che cosa capisce alla fine del viaggio l’onniveggente Marlow? Che il mondo, secondo le parole di Kurtz, enigmatico cacciatore d’avorio europeo, che si è eretto feroce capovillaggio di una tribù africana, è “orrore, orrore”. E che l’Europa – a cui Marlow, comunque, mestamente, misticamente, ritorna – è un cane feroce incatenato da leggi, cavilli, consuetudini, dalla democrazia ingrassata dal capitalismo, dall’istinto che si sfoga nell’ansia di denaro, nella spregiudicata voglia di far schiavi fino in capo al mondo. Nato nel dicembre di 160 anni fa, Joseph Conrad, ovvero Jòzef Kozeniowski ha vissuto la privazione e visto l’orrore. Privato della patria – è polacco – della lingua – scriverà i capolavori in inglese, pur parlando quotidianamente in francese ed essendo educato sui classici russi – privo dei genitori – la mamma muore che Joseph ha 8 anni, il papà quando ne ha 12 – Conrad sembra voler recidere i contatti con l’umanità terrestre andando per mare, dissipando memoria, istanti, istinti. L’anno capitale è il 1874, quando Conrad approda a Marsiglia: primo viaggio oltreoceanico come apprendista, verso la Martinica; secondo viaggio, come mozzo, verso i Caraibi; terzo viaggio verso Colombia e Venezuela. Ritorno. Vita da imbastardito dandy. Perdite colossali al gioco. Perde la testa per una tipa. Nel 1878 tenta il suicidio. Si ripiglia. Passa a prestar servizio su navi inglesi. Inizia la terza vita di Conrad, dopo quella polacca e francese: tanti viaggi in giro per il globo, cittadinanza britannica, infine, tanto tempo dopo, nel 1895, l’esordio alla letteratura, in lingua inglese, con La follia di Almayer. Nella vita concentrazionaria della marina Conrad sembra capire la quintessenza dell’uomo, il destino che ne sgretola la volontà, l’Occidente alla deriva tra frustrazione e frustate inferte al prossimo. Escono libri memorabili, Lord Jim, Nostromo, L’agente segreto, Cuore di tenebra, che, a dire di Maya Jasanoff, prof alla Harvard University, studiosa, in particolare, del periodo che culmina con la costruzione dell’impero britannico, sono di ‘scottante attualità’. La studiosa in The Dawn Watch. Joseph Conrad in Global World (Random House 2017, pp.400, $ 30.00) dimostra, in sostanza, che “migrazione, terrorismo, tensioni tra capitalismo globalizzato e nazionalismo, rivoluzione della comunicazione, sono tutti concetti con cui si è scontrato Conrad all’alba del ventesimo secolo”. La biografia di Conrad, in questo caso, è esemplare quanto i suoi romanzi più celebri: “un immigrato polacco in Inghilterra che viaggia tra Malaysia, Congo e i Caraibi, che vive in un mondo interconnesso, narrato con inedita profondità nei suoi libri, è stato, di fatto, il profeta della globalizzazione”. Di tutto questo speculare – pur seduttivo – c’importa una cosa soltanto: il fascino di Conrad appare, oggi, incorrotto. Come quello dei suoi romanzi, corruschi, lividi di enigmi. “L’uomo preistorico imprecava contro di noi, c’implorava, ci dava il benvenuto – chi poteva dirlo?”, racconta Conrad/Marlow nel romanzo che ha fondato il nostro millennio, “Noi eravamo tagliati fuori dal poter l’ambiente che ci circondava; scivolavamo oltre come fantasmi, stupiti e segretamente sgomenti, come dei sani di mente dinanzi a un’esplosione di entusiasmo in un manicomio. Non potevamo capire perché eravamo troppo lontani e non potevamo ricordare, poiché stavamo viaggiando nella notte delle prime età, di quelle età che sono scomparse, lasciando appena un segno – e nessun ricordo”. La tenebra africana; la tenebra dell’inconscio. Il segreto dell’uomo è insondabile. Conrad ha avuto il coraggio e il cuore di guardarlo. Senza dare risposte. Appiccando parole.

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