09 Ottobre 2023

“Conobbi un uomo sfrenato…”. Storia di Jones Very, il poeta che si credeva la Seconda Venuta

Ralph Waldo Emerson, profeta del Trascendentalismo, il Mosè della letteratura americana – alla sua fonte si sono abbeverati tutti, da Melville a Hawthorne, dalla Dickinson a Whitman – ne aveva fatto il proprio santo. Nel 1839, su “The Dial”, scrisse che quel volume di poesie era “tra i miei preferiti”, che possedeva “il candore degli inni ebraici di Davide e di Isaia”, “la sublime coerenza del Decalogo e delle Leggi di Manu, e se queste poesie rischiano di essere monotone lo sono perché ricalcano la purezza della Natura”. In calce all’articolo, Emerson pubblicò una delle poesie che più lo convincevano, The Barberry Bush, dove l’indole morale si stempera nella descrizione, spumeggiante, delle stagioni (il testo è tradotto al fondo dell’articolo). Il libro, stampato a Boston da “Charles C. Little and James Brown”, s’intitolava – frugalità evangelica – Essays and Poems. L’autore era definito da Emerson “un uomo dal carattere probo e gentile… che potrebbe essere accusato di assurdità o di follia” perché “con servile entusiasmo ha scritto la maggior parte dei suoi versi che fluiscono attraverso di lui più che da lui”.

L’autore, insomma, era un ispirato, un entusiasta. Un ‘invasato’, secondo i canoni della mania antica: per questo la poesia sorgeva in lui immediata, cruda e grezza, più simile a un abete che a un torsolo di marmo, shakespeariana, certo, ma come di un Bardo al plenilunio, tramutatosi in fiera silvana, in licaone, in cardinale che cavalca il cervo. Altri – il filosofo, pedagogista, abolizionista Amos Bronson Alcott, papà di Louisa, la scrittrice di Piccole donne – dissero che era un ‘folle di Dio’, come San Francesco, o meglio, insane with God, maniaco con Dio,

“disorientato dalla contemplazione della santità divina. Dileggia l’intelletto… crede che sia la vita e non il pensiero il culto adatto all’anima. Questo è misticismo nella sua più alta forma”.

I temi squadernati sono almeno un paio. Intanto, che gli Stati Uniti d’America – eden sfumato in incubo, autentico nuovo mondo rivoltato in vedovanza – sono fatti dai cow boy come dai mistici, da fondatori di fortini nel nulla e da ideatori di ‘comuni’, falansteri retti dai puri di cuore. E poi: come si dice Iddio nel linguaggio poetico? Come si cinge il Verbo che annichilisce ogni verbo? Qual è la lingua dell’invasato? Secondo Emerson, lo Spirito scrive in modo superbo, altrimenti forbito. Secondo San Paolo, le lingue degli angeli – al di là dell’episodio pentecostale – sono incomprensibili ai più.

Ad ogni modo, quando Emerson scrive la sua tonante recensione il poeta, mistico trascendentalista, Jones Very, è già precipitato nella follia, dichiarato pazzo dai molti. La reclusione al McLean Asylum, nei pressi di Boston, fu il sigillo della sua grandezza: nella casa dei malati, Jones Very finì di scrivere il suo saggio su Amleto; nel tempo libero, allietava i pazienti con lezioni su Shakespeare e l’arte anomala della poesia. Era il 1838: qualche mese prima, poco prima di essere cacciato dalla Harvard Divinity School dove insegnava come assistente di greco, aveva intimato ai suoi studenti di “ritirarsi sui monti perché la fine del mondo è alle porte”. Diceva di essere lui la Seconda Venuta, The Second Coming, un mezzo nelle mani di Cristo, il suo mezzadro; diceva di parlare in vece del Figlio. Il timido, geniale, ritroso studente di Harvard, intimorito dalle donne tanto da non poterle guardare, si era mutato in un rabbioso fattore di anime, in un predicatore itinerante.

Naturalmente, Jones Very fu preso per matto; l’incomprensione gli garantì di essere nel giusto. Nel settembre del 1838 fece visita a Elizabeth Peabody, la grande educatrice, sorella della moglie di Hawthorne, che descrisse il poeta in questo modo:

“Gli occhi erano brillanti, immobili; l’incarnato era scuro. Nel suo viso mi colpì qualcosa di innaturale – di pericoloso, direi. Sulla soglia del salotto, mi posò una mano sul capo, disse: ‘Vengo a battezzarvi con lo Spirito Santo e il Fuoco’ – poi pregò”.

A Salem, la città dove era nato nel 1813, in un limpido giorno di fine agosto, il giovane Jones Very battezzò in questo modo diversi abitanti e ministri. Lo lasciarono fare. L’immagine sul frontespizio della sua opera dettaglia un ragazzo dal viso a spigoli, le labbra strette, gli occhi piccoli e ferini, segno di una coerenza che sfocia nel fanatismo. A Nathaniel Hawthorne quell’esasperato con le stimmate liriche non piaceva. Emerson lo eternò in un saggio, Friendship:

“Conobbi un uomo colto da religiosa frenesia che si svestì di ogni drappeggio parlando alla coscienza di ogni persona che incontrava per strada, con grande profondità e bellezza. All’inizio, tutti dissero che era pazzo. Ma persistendo, riuscì a condurre gli uomini a un autentico rapporto con lui… D’altronde, in un’epoca falsa e vile come questa, ogni relazione fondata sul vero ha i caratteri della follia…”.

Emerson si sentiva in colpa. Un giorno, dopo essere uscito dal manicomio, Jones Very disse ai suoi amici trascendentalisti che non avevano il coraggio di sperimentare fino in fondo le loro auree speculazioni. Disse che erano dei codardi. “Ci ha affascinato dicendoci che ci odiava tutti”, sintetizzò Emerson nel suo diario. E poi, a qualche amico, “Una mente di tal fatta non può perdersi, sarebbe imperdonabile”.

L’amore per Shakespeare gli veniva da un viaggio – tutto in Jones Very è frutto dell’esperienza. Il padre, che si chiamava come lui, capitano di lungo corso, aveva portato il figlio su un bastimento diretto in Russia. Tra l’altro, fecero tappa al castello di Kronborg, Danimarca, dove Shakespeare ambienta Amleto. Il viaggio durò, complessivamente, due anni; il fanciullo fu affascinato dai torrioni, dal mare, dalle voci degli spettri. La mamma di Jones Very, Lydia, cugina di suo marito, era donna dalle veementi passioni: infelice, professava ovunque il suo ateismo. Ad Harvard, Jones Very riuscì a entrare grazie a una borsa di studio: amava, oltre al Bardo, i romantici tedeschi, Goethe, Coleridge e Byron.

Jones Very (1813-1880)

Disse che la sua ‘chiamata’ sarebbe durata un anno: Iddio ha un gergo cronologico. In effetti, dal settembre del 1839 Jones Very rientrò nei ranghi. Gli fu proposto un ruolo da ministro del culto, che risolse in pochi anni tra il Maine e il Massachusetts. Il profeta inferocito era ritornato agnello, con la tara antica della timidezza. Smise di scrivere. Il sisma dello spirito lo aveva desertificato. Così fa il divino, in effetti: ti espropria di te, ti lascia crisalide vuota, muto strumento. Il suo biografo, Edwin Gittleman (Jones Very: The Effective Years: 1833-1840, Columbia University Press, 1967) scrisse che, di fatto, “la vera vita di Very finisce intorno al 1840”.

Il poeta invasato morì l’8 maggio del 1880, a Salem, sotto gli sguardi delle sorelle. Dopo la morte, qualcuno ne ricordò “l’aria spettrale… il temperamento sensibile e isterico, disposto alla visionarietà; l’indole a un idealismo sognante esasperato dagli eccessivi studi” (Alcott). Quarant’anni recluso in casa. Forse Iddio aveva preso la forma di una quarantena.

***

Mattino con nuvole

Arranca il mattino e le nuvole vanno in flotta
appese come tende sull’azzurro orizzonte
e in cima, pesante cappa sul mondo;
il giorno è immobile, sembra imitare la notte;
i rumori della città sfrangiano l’aria
ma ogni suono è sordo, rifratto:
si ode, madida, la voce martellante del gallo
che dilaga oltre i vapori che tutto affogano.
Tra le nebbie appaiono colli e alberi:
i loro confini si compenetrano con il cielo;
gli oggetti comuni, che ogni uomo conosce,
non sembrano più familiari allo sguardo:
recano forme formidabili, che scherniscono
gli occhi, come quando brancoliamo, al buio.

*

Nuova vita

Nuova vita – i pensieri non si muovono
come prima a passi incerti nella mente:
rapidi, recano un’offerta e i portali
si spalancano agli invisibili venti;
questo accade soltanto quando sbricioli
in polvere la corona dell’orgoglio che decora
i mortali dal principio, prima che la visione
umana sciogliesse i cieli e la terra – mura
che proprio ora crollano –, la rapace calca
dei pensieri reclama espressioni potenti
onde arcuate dal temporale che si gettano
sulla riva secondo l’egida del grido
e nella roccia il tuono scava caverne:
io, figlio di Dio, liberato da Cristo
nasco nel sonno della morte all’eterno.

*

Le aquile

Aquile si accalcano sui luoghi morti:
la cupa terra è piantumata dalle loro ali
l’aria riversa disgustosi contagi
che giungono dai luoghi del macello.
Ahimè! Nessuno piange i massacrati
ma l’anima giace insepolta, nuda;
a migliaia le ossa imbiancano la pianura
e nessuno può arginare la pestilenza.
Aquile a mucchi sulle carcasse
in ogni cuore la forma della preda;
gli artigli sanguinano un testamento
appena sbozzato, il becco è furibondo
e ferreo, uccide senza rimorso
finché il sole non cancellerà quel luogo
dove abitavano gli adoratori dell’idolo.

*

Visitando le tombe di Hawthorne e Thoreau

Tra quelle ombre, presso il ruscello tortuoso,
si trovano le spoglie mortali di Hawthorne.
L’anima che amava meditare e sognare
forse è ancora qui, indugia, ma una vita
superiore l’ha richiamata, per ambire
alla piena bellezza, alla più nobile opera.
Dopo aver intravisto il regno della luce
nessuno spirito vuole restare ancorato sulla terra.
Vicino a lui, riposa un altro figlio della Natura:
Thoreau, che ogni via selvaggia ha percorso
ora dome appagato al seno della madre.
Vive, benché catalogato tra i morti.
Lanciamo lamenti! Ma la speranza acquieta
il cuore: ci incontreremo ancora e a quel
punto non ci separeremo mai più.

*

Il figlio

Padre, la tua parola attendo. Il sole cammina
sul filo che confonde la notte con il giorno,
il tuo servo è in ascolto, attende il tuo comando
per continuare, felice, il suo vagabondaggio;
la lingua del tempo rispetta l’ora stabilita
finché nell’orecchio non crollano silenti sibili;
la nube è pesante di pioggia e ogni goccia
accelera il desiderio che io sia Tuo.
L’uccello posa sul fragile ramo
la marea del canto non gli gonfia il petto;
così, il mio spirito attende la tua presenza, adesso,
per ravvivare la vita con la tua lode:
con voce divina rimproveri l’uomo arreso al sonno –
ma la parola tace e veglio intorno al tuo Amore.

*

Il cespuglio di Berberry

Il cespuglio che reca rovi e amari frutti
attende il gelo che varierà in rosso le sue
verdi foglie: allora bacche zuccherine
allieteranno il tuo palato e forse ricorderai
il sapore di ciò che chiamavamo casa.
Sulle colline di Salem i suoi fiori gialli,
sparsi alla rinfusa, attirano gli occhi
della primavera: se cammini sul lato
del sentiero, rami maturi si apprestano
alla mano. Li ho colti spesso, da ragazzo,
chiamandoli con un nome che credevo
vero: ma ora so che l’altro lato di un frutto
è rancido, è quello che cresce sul Mio e sul Tuo;
aspetta l’autunno e credimi: avrà un sapore
più dolce di queste rosse bacche.

Jones Very

Gruppo MAGOG