07 Novembre 2021

“Eravamo consapevoli dell’abisso”: Auden, Isherwood & Spender. Il diario di Sintra

“La nave è molto vecchia e va molto piano. Le cabine vanno bene, ma sono asfittiche e senz’aria. Ci sono due sale comuni: un salotto, molto decorativo con un piano a coda dai tasti ingialliti e l’altra, una sala in stile Tudor, con (…) enormi ventilatori elettrici, che pendono dal soffitto come vampiri. Qui leggiamo e scriviamo. Nell’altra stanza Tony strimpella al piano e Heinz canta…” (12 dicembre 1935).

A scrivere è Stephen Spender dalla nave che, con Christopher Isherwood – suo compagno di lettura e scrittura – e i rispettivi partner Tony Hyndman e Heinz Neddermeyer, li sta portando tutti in Portograllo. Quel che hanno iniziato a scrivere si chiamerà Diario di Sintra, loro destinazione finale, vicino Lisbona. La “noia grigio ostrica di una giornata passata interamente in mare”, chiosa Isherwood sempre il 12 dicembre.

I quattro hanno lasciato l’Inghilterra in cerca di libertà, e intendono comprare una casa a Sintra, dove stabilire una specie di Bloomsbury espatriata: per scrivere e vivere indisturbati, fuori dalla ‘piccola isola’.Isherwood ne detesta il perbenismo post vittoriano un poco ottuso, i circoli delimitati da prerogative assurde, l’osservanza acritica alle ‘regole’. E dopo la ventata di libertà assoluta provata di Berlino sia lui sia Spender vogliono allontanarsi da una vita familiare claustrofobica e un paese in cui l’omosessualità è illegale – e perseguibile. A testimonianza del viaggio e del soggiorno in Portogallo, decidono di tenere un diario comune, a cui tutti possono contribuire, non solo Stephen e Christoper. Con una regola principale, stabilita tra loro: niente potrà essere cancellato, anche ciò che si scrive di prima mano dovrà essere conservato. Come a dire: la prima impressione è quella che conta.Scrittura leggera, d’occasione, dunque: ritratti di persone incontrate e posti visitati. Conversazioni e piccoli eventi quotidiani.Eppure sotto il tono spesso umoristico si avverte una tensione  nascosta. Sotto l’alone delle buone maniere fervono tragedie dissimulate. Ideologiche e personali.

Sintra si profila dunque, sin dall’inizio, come l’ennesima declinazione dell’isola di Utopia.

Sulla nave li circondano personaggi alla Somerset Maugham. Malgrado tutto, quell’Inghilterra sembra inseguirli: “la giornata è stata dominata da una robusta signora anglo-belga, con una pappagorgia da rospo sostenuta da un nastro di gioielli”, annota, pungente, Isherwood. Un passeggero “ha un attraente modo interrogativo di sbirciare dai suoi occhiali di corno neri…”. A cena una certa Madame Roux descrive i loro caratteri: “Stephen ha un forte temperamento, persegue con violenza le sue idee ma le cambia spesso, ascolta i consigli e ha una natura d’oro. Heinz è vanitoso, ambizioso e avrà successo. Tony è gallese – e per questo pieno di vanità – ha una forte volontà ed è pazzo per le ragazze. E io … beh io, sono il tipo di ragazzo che Madame Roux ha adorato da tutta la vita: dovunque vada, qualsiasi cosa faccia, rimarrò sempre davvero inglese al cento per cento: timido, modesto, affascinante…” (Isherwood, 15 dicembre).

Se Stephen scrive per divertire Christopher, Christopher vuol divertire Stephen e se stesso. E non risparmia ironia e sarcasmo.
La nuova vita comunque li sta aspettando: “Dopo pranzo, è uscito il sole e il tempo era dolce come in primavera. Al buio, un angolo di Spagna è emerso all’orizzonte. Ora scendiamo lungo la costa e le stelle sono in cielo…” (15 dicembre).

Il Diario di Sintra ha inizio così: con la nave che fende l’oceano, qualche ritratto di viaggiatore, la promessa di un angolo di mondo suadente di lontananze, un brave new world che sale arcaico dal mare. In fondo alla mente sembrare risuonare la voce di Molly Bloom, sul promontorio di Gibilterra, che dice “Sì…”.

Sintra è bellissima, frequentata da personaggi letterari in fuga da conformismo, tradizioni e piccole-grandi ipocrisie della madrepatria: coinvolto in uno scandalo omosessuale, un secolo prima ci si era rifugiato William Beckford, che a Sintra si era costruito una villa e aveva scritto un diario dal titolo settecentesco, Recollections. A Sintra, “questa terra meravigliosa”, Byron aveva soggiornato qualche tempo e scritto alcune stanze di Childe Harold:

Lo splendore d’Eden di Sintra s’insinua
Nel dedalo colorato di monti e valli.
(…) l’azzurro tenero della pianura immota
La sfumatura arancio che indora l’arbusto acerbo
I torrenti che balzano dalle cime alla valle,
Le vigne in alto, il ramo del salice in basso,
Brillano in unica scena di bellezze diverse …

La mattina del 17 dicembre la loro nave entra nell’estuario di Lisbona.

Al  crepuscolo dell’Impero, Sintra emana ancora faville. La cittadina raccoglie una piccola comunità cosmopolita, è un microcosmo in cui, come usciti dalle pagine di Mrs. Dalloway, i Peter Walsh rientrati dalle colonie si possono incontrare per via. E come a Londra, nella season i residenti britannici ospitano amici e parenti. Con tornei di bridge, spettacoli amatoriali, fiere floreali e incontri al Golf Club, concerti per raccogliere fondi e residenze per militari in congedo.

Tra le tipiche case di mattonelle multicolori e l’oceano, i quattro affittano “Alecrim do Norte”, una casa con un giardino che prende “il nome da una specie di sempreverde e si trova a San Pedro, un sobborgo di Sintra, più in alto sulla collina”. La corrosiva verve narrativa di Isherwood incide la pagina: “I piani superiori contengono cinque piccole stanze da letto, arredate riccamente ma con una certa nota disperata, come se fossero pensate per zitelle di età postnubile, arrivate nel corso di un viaggio su un piroscafo da crociera e poi deliberatamente abbandonate su un’isola deserta. Giù, in salotto, ci sono alcuni sbiaditi acquerelli di fiori, dipinti dalla nostra padrona di casa, Miss Mitchell, che vive di fronte. Abbiamo sentito parlare molto di lei, prima di incontrarla, da Anton e John Strachey. Come tutti dicono, crede nella reincarnazione: in effetti ha scritto un libro sulle sue vite precedenti.” (20 dicembre)

Ma iniziano litigi, tra Stephen e Tony – “questi duelli sono una forma di sport al chiuso” – e tra Tony e Heinz. Inoltre Christopher non vuole far pesare la propria superiorità (e l’intesa intellettuale con Stephen) a Heinz, Stephen sa bene che Heinz e Tony sono diversi da lui e Christopher.
Nel cortocircuito di tensioni che s’innescano nella convivenza, Spender e Isherwood devono terminare quel che stanno scrivendo: il primo lavora all’ascesa di Hitler e la necessità di aderire alla causa liberale (Forward to Liberalism, Trial of a Judge), il secondo al romanzo Paul is alone. Entrambi decidono di sospendere il lavoro: Spender concluderà il suo “libro politico” Forward to Liberalism due anni dopo, Isherwood abbandona il romanzo perché vuole lasciarsi alle spalle tutto ciò che sa di terra natale. Idee, modus vivendi, scritti.

In questo scenario il fantasma della guerra civile si sta avvicinando a passi veloci, mentre l’establishment che si sono lasciati indietro in Inghilterra sta diventando sempre più minaccioso con chi, come loro, ha vite alternative: “mi pare di avere il cuore più pesante che mai. La guerra sembra molto vicina e non abbiamo fatto niente per prepararci”, ammette Isherwood. Che appare il più disilluso sulla realtà intorno, pur dall’Eden privato di Sintra. Una “cupa paura del futuro” s’insinua in casa: “I miei giorni sono avvelenati e non posso più discutere apertamente con Stephen, perché siamo divisi tra noi dalla segreta conoscenza reciproca: se le cose si mettono male, lui vuole tornare in Inghilterra, io no” (3 gennaio 1936).

A Sintra il gruppo frequenta il pittore John Strachey e consorte, lui un cugino del più celebre e brillante Lytton. I relitti vittoriani un poco divertono, un poco spazientiscono Isherwood tra sorpresa e fastidio: “John ci ha raccontato di come un altro del circolo Mitchell abbia preparato, abbastanza seriamente, una mappa della terra delle fate. La magia, in varie forme, sembra essere la preoccupazione principale della colonia inglese di qui” (20 dicembre). “Miss Mitchell ci ha detto di essere stata la seconda donna a imparare a guidare in tutto il Portogallo. Quando i campagnoli la vedevano al volante restavano a bocca aperte. Sentì un uomo che diceva: Una donna al volante” Che mostro!” (31 dicembre).

Se tutti sono invitati a contribuire al Diario le entrate di Tony, che pure ha velleità letterarie, sono spesso sotto tono: “Ho fatto una passeggiata con Stephen e Christopher nella brughiera dopo pranzo. Il sole splendeva e c’era anche la pioggia,  che produceva un doppio arcobaleno. In questi giorni la brughiera sembra molto inglese…” (22 dicembre). Qualche commento si deve anche a Humphrey Spender, fratello maggiore di Stephen. Heinz è l’unico a non scrivere nel diario comune. Non ne ha i mezzi, è un ragazzo di strada che si è messo con Christopher a diciassette anni.

La casa guarda in basso a una bellissima valle, ma il brutto tempo imperversa: “Mentre una piena burrasca esplodeva fuori, (…) il pomeriggio era curiosamente senza scopo. Ci sentivamo come pesci e alghe in un acquario stagnante in cui l’aria stava rapidamente evaporando” (Spender, 26 dicembre). Nel frattempo adottano un cane, comprano galline e conigli.

Stephen e Christopher vanno insieme Lisbona, tra acquisti vari e visite a chiese e al Castello Moresco: “il castello è su due picchi che fronteggiano Sintra. (…) Poi, oltre, c’è una distesa con villaggi di case bianche e (…) poche colline con i mulini a vento sopra i campi arati. Dopo la cintura di terra lavorabile c’è una brughiera forte e arida, che si stende quasi fino ai villaggi di pescatori sulla costa” (Spender, 7 gennaio). Esplorano la costa, attraversano pianure di pietra e ginestra spinosa. Invitano alcuni residenti britannici per il té, “la nostra prima cerimonia sociale seria a Villa Alecrim”. Stephen “ha esercitato il suo privilegio di folle genio cencioso. Si è rifiutato di togliersi il vestito di sacco o di mettersi una camicia meno di tre volte più piccola della sua misura” (Isherwood, 9 gennaio).

Il 1936 inizia nelle quiete per i quattro esuli volontari. Tra letture, maltempo, giri nel circondario, visite ai conoscenti. E in sottofondo avvisaglie sempre più concrete di guerra.

Anche Setubal ha tracce britanniche: “Abbiamo pranzato in un club inglese…”, il castello “sembra una scenografia per Macbeth”, “ci siamo arrampicati sulla torre e abbiamo guardato indietro alla bassa pianura boscosa e oltre l’estuario verso Lisbona con le colline feroci di Pena che galleggiavano nella foschia sullo sfondo…”. Sulla spiaggia, Stephen raccoglie “grandi conchiglie colorate” (Spender, 14 gennaio). Spesso, lui aggiunge al diario tocchi gentili: per stemperare la l’inquietudine che monta, riportare tutto a un clima più pacato.
Isherwood invece fa fronte al crescente scontro ideologico con affondi ironici, ma dietro si avverte la catastrofe. Le stesse descrizioni delle persone che conoscono appaiono irreali, brandelli onirici di un mondo destinato a crollare in fretta. Quando Lady Carrick e la sua amica pittrice Miss Pearce li invitano all’ennesimo tè, sembrano “due fiori di fiamma dalle serre del Principe di Mai Più. Solo il linguaggio del surrealismo può descrivere l’abito da tè di Lady Carrick verde sirena, con cintura d’argento e sandali o l’abito di Miss Pearce del più profondo blu astrale”. Le dame servono tuttavia doppi cocktail di assenzio, mentre i “bei riccioli d’anteguerra” di Lady Carrick si muovono “con la civetteria della donna abituata a intrattenere ammiragli in pensione e diaconi rurali” (17 gennaio). Paradossalmente, sembra di essere di nuovo in Inghilterra o nell’assurdo: “Siamo finiti sempre più dentro l’abisso della società di Sintra. (…) Lady Carrick e la sua amica – scrive alla madre –  fanno disegni astrali: immagini dei valori cromatici della Quinta sinfonia di Beethoven e così via” (18 gennaio).

L’impasse somiglia all’immobilità seguita alla fine della Prima guerra mondiale: “eravamo consapevoli dell’abisso ma non vedevamo nuovi valori che potessero sostituire quelli che ci avevano sorretto nel passato”. Così Spender in Un mondo nel mondo.
Dai giornali vengono a sapere che re Giorgio V è malato e Kipling è morto.

Finché anche Stephen e Christopher litigano. Tempo orribile: “Tony e io ce ne andiamo ad aprile”, scrive Spender (3 febbraio). E’ il punto di rottura, da cui non torneranno indietro. Il pretesto nasconde una verità a lungo non affrontata: quella vita finto edenica non può reggere, la Spagna è sull’orlo del baratro, l’Europa stessa davanti alla tragedia. Una spedizione al casinò di Estoril li lascia tutti senza denaro. Malgrado l’estro di Isherwood (“io sono passato da un tavolo all’altro, immaginandomi di essere Dostoevskij, Tolstoj, Lord Byron, un personaggio di Balzac o Disraeli”, 5 febbraio), con quest’uscita termina il diario comune: “Alle sei e mezzo tre desolatissimi possibili milionari sono scivolati nel taxi…”.

I quattro rinunciano quindi all’idea iniziale di trovare una casa più grande. La decisione di separarsi è presa: “in modo molto amichevole (…), ma ovviamente sappiamo tutti che il nostro tentativo di vivere insieme è stato un fallimento…”. Non smette “questo senso di futilità a binari morti dovuto alla percezione sempre presente che ci sarà un’altra guerra…” (Isherwood, 2 marzo). Anche a Sintra s’intravvede, pur lontano, il bagliore sinistro dell’avanzata nazista in Europa, motivo per cui Christopher e Heinz stanno vagando da anni: “Ecco come sono stati gli ultimi tre anni, ho pensato: una sequenza di case estranee dove andiamo per sentire la radio che annuncia il disastro. La voce acuta e folle di Hitler trasmessa da un grammofono. Avevamo la sensazione che ballasse su e giù sulle punte dei piedi” (Isherwood 8 marzo). Contrariamente a lui, Stephen non crede ancora che ci sarà la guerra.

Avrà ragione Christopher. E tra venti di guerra sempre più allarmanti, Auden annuncia il suo prossimo arrivo.

Il 14 marzo Spender e Tony partono per la Spagna, dove si bruciano chiese e gli uffici dei giornali di destra sono saccheggiati.
Wystan arriva a Sintra il 16 marzo. Con Isherwood stenderà The Ascent of the F6, mentre in Spagna, a Barcellona, Spender scrive il libro per l’editore Gollancz, che quest’ultimo vuole s’intitoli Approach to Communism: “Temo proprio che non sarà un libro che i comunisti apprezzeranno, visto che è una difesa dell’idealismo politico. Un libro difficilissimo da scrivere…” (23 marzo).

Il Diario di Sintra non è grande letteratura ma l’esperienza lo è: da adesso in poi tutti loro hanno la certezza di una svolta, di essere a un bivio. Nella vita e nella storia. La seduzione-minaccia di quell’establishment che hanno voluto disertare non è così assurdamente lontana, il viso di Calibano a Sintra si è mostrato con chiarezza per il mostro che è, l’equilibrio sghembo di tutto ciò si è spaccato: “F6 era la fine. – dirà in Auden in un’intervista del 1963 – Sapevo, quando l’ho scritta, che avrei dovuto lasciare l’Inghilterra … sapevo che se fossi rimasto sarei diventato parte dell’Establishment…”. Anche Auden darà al Diario qualche sporadico frammento, da cui si evince, puntuale, la sua volontà di non tornare a casa. A lui Spender scrive il 6 aprile che l’autunno prossimo lascerà la sua casa di Londra: “Il problema della vie littéraire  a Londra è che ci si può adattare solo mettendosi una maschera…”.

Auden se ne andrà da Sintra un mese dopo esserci arrivato, con il lavoro teatrale in valigia. Per il tempo in cui si è fermato ha evitato i rapporti con la comunità inglese (chiama le visite di Lady Carrick “gli esami”), ha fumato, mangiato e lavorato con il furore consueto.

Stephen e Tony si concedono un giro in Grecia: “Delfi è bellissima, con montagne rocciose da entrambi i lati di una valle incassata che va verso il mare e le isole, con sopra le aquile che si alzano in volo “nel circuito del cielo”. Per me essere in Grecia è come vivere nel mondo della poesia di Hölderlin…” (Spender a Isherwood, 23 aprile). Christopher e Heinz resistono nella loro “fattoria” – “siamo perfettamente felici e indaffarati”, tra conigli, galline, polli e papere, nonché il cane Teddy che diventa sempre “più grosso, forte e vivace” (Isherwood a Spender, 31 maggio 1936).

Il 18 luglio scoppia la guerra civile spagnola. L’ultima lettera di Christopher a Stephen è dell’11 agosto, interrotta: “Sulla Spagna, puoi immaginarti come la penso. Se vincono questa volta, è la fine. Anche la fine dell’Impero Britannico, viene da pensare…”.

E’ comunque la fine di un’epoca.

Poco dopo aver steso la lettera, Christopher Isherwood e Heinz devono fuggire.

“Nel giro di poche settimane, la Spagna divenne un simbolo di speranza per tutti gli antifascisti. Offriva un 1848 al ventesimo secolo” dirà Spender nell’autobiografia. Dove, curiosamente, non accenna allo snodo decisivo di Sintra.

Per tutti, è già il “mondo di ieri”.

Paola Tonussi 

***

Il Diario di Sintra. Dicembre 1935 – agosto 1936 è pubblicato in italiano da Barbès (2012), con nota introduttiva di Matthew Spender

 

Gruppo MAGOG