13 Dicembre 2019

“Non esiste inesattezza in una fotografia. Tutte le fotografie sono accurate. Nessuna di loro è la verità”. Richard Avedon, il re del ritratto

Se ne ha fatta di strada, il buon vecchio Riccardo. Certo, la longevità gli è venuta incontro (ha vissuto sino a 81 anni), ma se pensi che ha iniziato con le autopsie e le carte di identità per la Marina mercantile degli Stati Uniti, vederlo in cima all’Olimpo della fotografia, lui con i suoi occhi da matto e i capelli scapigliati e ti metti a contare i suoi passi, capisci che ha avuto gambe da alpino e polmoni capienti. Mai in pianura, mai. Per lui solo salite e discese. Per lui l’odore salmastro del porto è stato un battesimo da dimenticare, un benvenuto da salutare, un’accoglienza rude, l’ouverture dell’opera, il coro del teatro antico greco.

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Bello, Richard, lo era. Occhiali tartaturgati, sorriso di chi sa di aver avuto il privilegio di abbandonare le cambuse che sanno di alghe per dirigersi verso le profumose sale nobili della moda. Per andare verso gli studi luccicosi e asettici della crème.

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Sembra quasi che si siano dati appuntamento, lui e Helmut Newton: stesso anno, il 2004. Annus horribilis: uno dopo un incidente di auto, l’altro a seguito di un’emorragia cerebrale. Quindici anni fa esatti, lì nelle alte stanza del Paradiso, hanno fatto gli straordinari. Hanno dovuto preparare due camere obscure.

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Celebre per i suoi innumerevoli ritratti in bianco e nero – nel suo obiettivo sono entrati Andy Warhol, Marilyn Monroe, Brigitte Bardot, Sophia Loren, Janis Joplin –, ha firmato due edizioni del calendario Pirelli, quelle del 1995 e quella del 1997. Non prima però di aver reso la sua macchina fotografia un bisturi: del resto, come dimenticare la gavetta? Così nel 1974 ha esposto al Moma di New York alcuni ritratti di suo padre consumato dal cancro.

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Richard Avedon ha semplicemente cambiato il concetto di foto nella moda, Goodbye stanze iperilluminate, luci a comando, riscaldamento acceso, trucchi e parrucchi. Gli dava fastidio, viene da pensare, tutte quelle pose irrigidite tipiche delle modelle. Pali della luce, pertiche prive di emozioni. Come dare vita a quei corpi? La soluzione è davanti agli occhi: portare i set per strada o nei locali notturni.

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Truman Capote secondo Richard Avedon, 1959

“Molte sue fotografie trasmettono un erotismo congelato: col suo stile marcatissimo, Avedon ha reso seducente e assurdamente desiderante la morte, e tutto proviene da quelle prime foto fatte in guerra, quando fotografava i cadaveri. Quella luce fredda e crudele che avvolge modelle e star del cinema e presidenti americani, è quella della stanza delle autopsie mai dimenticata, e trasmessa su corpi di modelli e modelle nudi, come ghiacciati, fermi nel loro ultimo, estremo flusso di energia”. Lo ha scritto su Dagospia una firma conosciuta anche ai lettori di Pangea: è quella di Barbara Costa.

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Si concentra sul ritratto per cogliere attimi, luci, espressioni uniche in ogni voltoÈ lì che giace il segreto: il viso. Gli occhi. Un inizio: da dove partire per poi raccontare una donna? Da come ti guarda.

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Per chi era abituato a eseguire i ritratti, sembra un ossimoro. La sua assistente Norma Stevens, qualche anno fa, ha dato alle stampe una “fotografia” intima del Maestro: Avedon lontano dalle luci, dipinto nelle fattezze di un “Re nudo”. Una biografia non autorizzata, ovviamente. Anche perché dagli “acidi” emerge il volto di un Mr Hyde sui generis. Uno zozzone vizioso che dietro all’immagine di copertina – due mogli e un figlio – celava una natura finocchia.

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La Stevens va di nomi e cognomi: su tutti Mike Nichols, il regista de Il laureato del 1967, il film Premio Oscar che vede nel cast anche Dustin Hoffman e che è stato impreziosito dalla bellissima colonna sonora di Simon & Garfunkel.

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Scindere la lista. Da una parte l’arte, dall’altra la vita. Poco importa se, pare, fosse un pezzo di merda con le donne: davanti alle sue fotografie tutte le frizioni si piegano e vanno messe in un cassetto.

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“Un ritratto non è una somiglianza… Nel momento in cui un’emozione o un fatto si trasforma in una fotografia non è più un fatto ma un’opinione. Non esiste inesattezza in una fotografia. Tutte le fotografie sono accurate. Nessuna di loro è la verità”. Richard Avedon.

Alessandro Carli

*In copertina: Bob Dylan secondo Richard Avedon, 10 febbraio 1965

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