Poiché abbiamo una cosa di cui vantarci, possiamo sputarci sopra. Un classico ‘all’italiana’.
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Il vanto ha un nome. Roberto Valturio, tra i più eclettici intellettuali del primo Rinascimento. “Fu lettore di retorica e poesia nello Studio di Bologna (1427-37), poi per un decennio scrittore della cancelleria pontificia, infine, dal 1446 fino alla morte, consigliere del signore di Rimini Sigismondo Pandolfo Malatesta e del figlio Roberto” (questa è la Treccani). Morto nel 1475, il sepolcro di Valturio è incassato sulla navata laterale, esterna, del Tempio Malatestiano, l’opera più emblematica di Rimini: il tempio che onorava il duce, Sigismondo, un satanasso, risorto come cattedrale e dimora del Vescovo locale, la storia ha il ghigno stampato in fronte. Nella sua ‘carriera’, Valturio ha avuto rapporti con i grandi del tempo, dialogava con Poggio Bracciolini, ha tentato opere di diplomazia presso la corte di Maometto II.
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Il vanto, piuttosto, è un’opera. Valturio è stato il primo intellettuale moderno ad essersi occupato sistematicamente del ‘mestiere delle armi’, ad essere interessato alle novità tecnologiche in ambito bellico. Il suo De re militari, un bestseller dell’epoca – stampato nel 1472, inviato in dono a Mattia Corvino, Francesco Sforza, Lorenzo de’ Medici e al re di Francia Luigi XI, ha avuto edizioni parigine in pieno Cinquecento – è un vanto non solo per il contenuto (utile anche agli esperimenti bellici di Leonardo da Vinci), ma per l’avventura editoriale. Infatti, è il “primo libro illustrato, ante-litteram, della storia della stampa; anzi, più precisamente, il primo trattato tecnico sugli armamenti dato alle stampe alle soglie del Rinascimento”. La stampa era stata introdotta da pochissimo in Italia e Valturio, un pioniere, ‘monta’ il suo capolavoro a Verona, con tanto di illustrazioni. Fu una rivoluzione, un assalto alla divulgazione culturale dell’epoca. Valturio, insomma, è il santino degli editori.
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Agli applausi, ora, fa seguito il peana. Nel 2006 l’editore Guaraldi realizza l’edizione facsimilare dell’editio princeps del De re militari, conservata presso la Biblioteca civica di Verona, con supporto digitale che ripropone anche altri codici – compresa l’edizione acquerellata alla Biblioteca ‘Gambalunga’ di Rimini. Il libro è un avvenimento editoriale, testimoniato dai dialoghi intrattenuti con Franco Cardini e dalla ‘simpatia’ denunciata da Ermanno Olmi (qui intervistato da Mario Guaraldi), il regista del Mestiere delle armi. Come tutte le grandi imprese, anche questa è vista con un mix di invidia e di indifferenza.
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L’editore Guaraldi, oggi, fa il contadino alla ‘Casa dell’Editore’, sui colli di Rimini, a Covignano. La Guaraldi, fondata nel 1971, è in panne, ed è un delitto, perché ha stampato libri prodigiosi. L’impresa legata al Valturio si lega all’altro progetto ‘monstre’ della casa editrice, che dopo aver stampato La mia Rimini riproduce in digitale Il libro dei miei sogni felliniano, con l’esegesi del semiologo Paolo Fabbri (d’altronde, Guaraldi è il tizio che ricompone la frattura tra Rimini e Fellini ideando il lancio mondiale di E la nave va… nel 1983). L’ultima, estrema capriola di Guaraldi è proporre il De re militari via Amazon, stampato su ordinazione. “Per la prima volta nella storia è stato scansionato e trascritto in ‘word’, dunque finalmente leggibile e indagabile da parte degli storici e della comunità scientifica”. Già. Il lavoro tecnologico certosino di Piero Demarchi ha risolto l’enigma del testo di Valturio, di difficoltosissima lettura. Ora tutti possono leggere agevolmente il testo. Manca soltanto la traduzione in italiano. A chi interessa farla? A chi interessa esaltare il genio di Valturio? Per il momento, governi e accademie ‘se ne fregano’, come dire.
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Guaraldi scripsit: “Il tema della guerra, della sua “arte” e delle sue tecnologie mi è sembrato di particolare e drammatica attualità proprio a partire dalla lezione di questa vicenda malatestiana. Non per gufare Donald Trump ma mi pare interessante notare come l’apologia delle doti belliche di Sigismondo Pandolfo Malatesta, scritta dal suo raffinato ‘intellettuale organico’ (così l’avremmo definito nel ’68!) ha come esito, pochi anni più tardi, per ironia della storia, la sua sconfitta totale, anzi, la sua definitiva cancellazione dal panorama politico del Rinascimento italiano… Tutto questo, mi pare, può essere letto mettendo controluce questo inquietante catalogo d’armi, come una filigrana: nella provvidenziale evoluzione di ogni tecnologia sta all’uomo contemporaneo, come a quello del Rinascimento, decidere se guardare al futuro necessa- riamente come a uno scenario di guerra o piuttosto come a una perenne conquista culturale”.
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Al contrario – l’ho detto, la storia ha il ghigno stampato in fronte – il Castel Sismondo di Rimini, la fortezza bellica di Sigismondo, nelle intenzioni della fantasiosa amministrazione riminese, dev’essere svuotato di senso e di identità per essere riempito da un vago ‘Museo Fellini’. Alla voce “Servizi di ideazione, progettazione, produzione e fornitura dei contenuti e prodotti multimendiali e dei servizi di progettazione, degli allestimenti e delle tecnologie interattive del Museo Fellini” è stato varato un bando che vale quasi 2 milioni di euro e a cui hanno avuto ‘accesso’ otto competitori. Viva la vita: questo è il tempo dove non conta la verità dei fatti (Castel Sismondo = fortezza storica da riempire di contenuti equivalenti, storici) ma ciò che ti passa per la testa. Sereni: a Rimini si balla con Al Bano & Romina (non scherzo), cariatidi, più vecchi loro del Valturio. (d.b.)