Il perpetuo massacro. “La poesia registra i moti della vita generale… non li istiga. La presenza della grande dea del mondo dei primordi, che nei paesi cattolici resiste nella figura di Maria, è precisamente ciò che all’Inghilterra manca dalla guerra civile. Maria è violenta? Pure Venere, nel poema di Shakespeare, infine uccide Adone… lo uccide perché lui la rifiuta. Era così brutalizzato nel suo scetticismo, uno schiavo della ragione. Sembra una specie di critico moderno in fase larvale, un tipico inglese dei nostri tempi. Ciò che la critica chiama violenza è la violenza ordinaria della nostra democrazia psicotica… la nostra materialista, inorganica democrazia che cerca di resistere con una teoria libresca all’organico e al sacro… Ogni società ha il suo sogno che deve essere sognato: se accendiamo la televisione vediamo torture ed esecuzioni perpetue. Ecco lo spettacolo del popolo, non di pochi intellettuali nevrotici, ma di una massa di persone, nel loro totale disimpegno, nel disinteresse anestetizzato, il sogno vacilla, il sogno della nostra società, un inferno, infine. Noi stiamo sognando un massacro perpetuo”.
L’energia del mondo. “Qualsiasi forma di violenza, di attività violenta, invoca un’energia più grande, la potenza elementare dell’Universo. Una volta stabilito il contatto, è difficile da controllare. Va al di là dell’ordinaria attività umana. Quando i saggi conoscono riti e dogmi, l’energia può essere contenuta. Quando gli antichi rituali e gli antichi dogmi perdono credito, si disgregano, senza essere sostituiti da altri, l’effetto è distruttivo. Questa è la nostra posizione. Il nostro modo di vedere, razionale, umanista, è terrorizzato da una simile energia. Nel vecchio mondo, Dio e il potere divino erano invocati perché era inutile agire senza di loro. In questo mondo, non osiamo invocare: non sapremmo come usare quei poteri né come placarli. Abbiamo preferito l’energia pratica, minima, elettrica: una luce più grande provocherebbe problemi. Questa è la stupidità psicologica, l’inettitudine di una visione rigidamente razionale, una forma di arroganza, infine. Se rifiuti questa energia, vivi nella morte; se la accetti, ti distrugge. Qual è l’alternativa? Accettare l’energia e tenerla a bada, secondo la consueta macchina rituale della religione. Non c’è altro modo”.
Il potere del simbolo. “Credo nel simbolo. Concreto, operativo, energico, il simbolo è potente, agisce su chiunque lo osserva. Un giaguaro è uno spirito della natura, bello e forte; è un maniaco omicida; è un pezzo della macchina cosmica; è il simbolo della natura prima dell’uomo spinto fino al cannibale dalla propria depravazione; è un antico simbolo di Dioniso dacché è il leopardo elevato in potenza; è un simbolo storico per i sanguinari Aztechi e così via… Oppure… è un demone… un grumo di energia astrale. Il simbolo apre a tutte queste cose. La tradizione è energia che una volta evocata distrugge la natura impura per servirne una pura. In società assolutamente colte si immagina che solo chi possieda un’autodisciplina avanzata possa evocare simboli come il giaguaro. Io credo che non sia così e che in civiltà corrotte come la nostra le poesie sui giaguari siano eticamente pericolose… Poesie sui giaguari che abbiano una vera forza di evocazione. Alcuni possono credere che io stia sopravvalutando i poteri della poesia, ma parlo per esperienza. Ho scritto una poesia sul giaguaro intitolata Gog. Ero partito con la descrizione di un assalto tedesco nelle Ardenne e mi sono ritrovato con il drago dell’Apocalisse. Mi sono allarmato così tanto che ho scritto una poesia sul Cavaliere della Croce Rossa per tenere sotto controllo i poteri dell’altra lirica… La grande poesia di William Blake, Tiger, tiger, è l’esempio di un simbolo potenzialmente pericoloso che giunge ad equilibrio: è aggiogato all’Agnello, ed entrambi designano il Creatore. La poesia di William B. Yeats, Second Coming, è perfetta perché il punto di equilibrio del simbolo è nell’ultimo verso, towards Bethlehem. Non un controllo quanto un avvertimento. Dietro la poesia di Blake c’è l’impennata che ha prodotto la Rivoluzione Francese, l’esplosione contro la crosta opprimente della monarchia. Dietro la poesia di Yeats c’è la potenza che produce il caos moderno, un’esplosione contro la civiltà stessa, il materialismo senza spirito, la stupidità. Entrambi i poeti raggiungono il medesimo controllo, ma il simbolo è un’irruzione dal profondo, è energia infuriata”.
Il poeta-sciamano. “Il Bardo Thodol è un volo sciamanico, con ritorno. Il buddismo tibetano è influenzato enormemente dallo sciamanesimo. Il potere occulto che emana la cultura tibetana proviene dal substrato sciamanico più che dal buddismo. Lo sciamanesimo si concentra sull’attività di uno stregone, un uomo di medicina, presso le genti primordiali. L’individuo è evocato da certi sogni. Gli stessi sogni in tutto il mondo. Uno spirito lo chiama… di solito un animale o una donna. Se egli rifiuta la chiamata, muore… o muore uno che gli è accanto. Se accetta, si predispone al lavoro, ci vogliono anni… Di solito si apprende l’arte da un altro sciamano, ma lo spirito può dare insegnamenti diretti. Una volta educato, può entrare in trance a suo piacimento e varcare il mondo degli spiriti… Lo stesso schema lo troviamo in migliaia di racconti popolari e di miti. L’Odissea, la Divina Commedia, Faust… Come può un poeta tornare stregone e volare alla fonte, saper guarire e pronunciare oracoli?”.
Ted Hughes
*L’intervista a Ted Hughes, di cui si pubblicano alcuni passaggi, è stata pubblicata nel gennaio del 1971 sul “London Magazine”, a cura di Egbert Faas.