“Quali sono i cento libri che ogni uomo onesto dovrebbe leggere?”. A questa domanda, posta negli anni Cinquanta da Raymond Queneau – che conservava, fin dal periodo surrealista, un divertito interesse per le classifiche di ogni sorta e che riteneva che il libro sarebbe morto nell’epoca della registrazione, del nastro magnetico, della tivù – Georges Simenon diede una risposta curiosa. A parte le Orazioni funebri di Jacques-Bénigne Bousset, i diari dei fratelli Goncourt, Jules Renard e André Gide, preferì il pittoresco: i codici civile e penale, la Nouvelle géographie e l’Atlas di Paul Vidal de la Blache, il “Littré”, dizionario della lingua francese, una mappa di Parigi, un elenco telefonico. Concludeva l’elenco la lista dei libri pubblicati dalla “Pléiade”. Insomma, se un giorno il romanziere avesse dovuto approdare nella fatidica isola deserta, sarebbe stato necessario un bastimento per consegnargli la biblioteca e gli scaffali in cui posizionarla.
In effetti, Simenon non prese sul serio il questionario. Anche Pierre Assouline, nella biografia dedicata al padre di Maigret, consiglia di non dare troppa importanza a quelle indicazioni. “Simenon grande lettore?”: il biografo avanza dei dubbi. Eppure, nelle lettere degli anni Quaranta e Cinquanta, indirizzate a Gaston e Claude Gallimard, isolato nella provincia e poi lungo l’Atlantico, Simenon si dimostra particolarmente avido di letture: “Non dimenticate di inviarmi, per mio conto, naturalmente, tutto ciò che state pubblicando in ambito di storia, memorialistica, scienze, economia politica…” (20 gennaio 1944). E poi: “Ti chiederò altri libri… Ho visto che hai una nuova collana scientifica. Mi farai avere tutti i Malraux e gli Hemingway? Idem per Saint-Exupéry: è stato un caro amico, la sua morte mi ha colpito profondamente” (28 febbraio 1945).
Quel che è certo è che Simenon era un collezionista di libri. Era particolarmente interessato alla ‘Pléiade’ Gallimard. Il 9 aprile 1943, dopo una visita di Claude Gallimard, gli chiede alcuni volumi “dell’intera collezione”. Ne possiede dodici su oltre sessanta. Il paziente lavoro da accanito collezionista continua durante e dopo la guerra. “Non dispero di avere la collana completa. Non dimenticatevi soprattutto di mandarmi il Memoriale di Sant’Elena appena sarà disponibile”. Mentre è negli Stati Uniti scrive: “Leggo sui giornali che avete pubblicato, tra l’altro, un Rimbaud [aprile 1946]. Vorrei avere tutti i volumi della ‘Pléiade’. Vi chiedo gentilmente di inviarmeli e di addebitarli sul mio conto. Se fate ristampe, ditemelo: così riuscirò a riempire i vuoti che ho ancora”.
Preferisce i volumi raffinati, spesso con coperta in pelle, Simenon. E i libri rari. “Come faccio a ottenere il Balzac che non è più disponibile? Non vorrei perderlo”, scrive nel 1962. Si riferisce all’Album ‘Pléiade’ di Balzac, ancora oggi un pezzo di pregio. Aveva una predilezione per le opere complete, monumentali: il Gide, il Proust, le “edizioni per le biblioteche”, secondo gli intenti di Gaston Gallimard, “per bibliofili”, lo correggeva Simenon.
Non dovrebbe sorprendere che Simenon si sia commosso quando, nel 1946, Gallimard gli confessa di averlo perduto – i libri di Simenon uscivano per Presses de la Cité – per una serie di incomprensioni e fraintendimenti. Come sappiamo, queste confessioni non faranno rientrare Simenon in Gallimard. Pragmatico, consapevole delle attese dei suoi lettori, fiducioso nei modelli editoriali stranieri, Simenon preferiva “opere massicce (come dizionari), ma nello stesso tempo accessibili a tutte le tasche”. Ma il 12 marzo 1949 scrive a Claude Gallimard, “Certo, più avanti, molto più avanti, senza dubbio, potremmo prendere in considerazione un’edizione rivolta ai bibliofili”. Pensava alla ‘Pléiade’? È plausibile. I Romans usciranno dal 2003…
*L’articolo, come “Simenon, collectionneur de la Pléïade”, è uscito, in forma leggermente diversa, qui