“Tu sei ricchione e devi morire”. Torna il capolavoro di Giuseppe Patroni Griffi
Libri
Fabrizia Sabbatini
Roberto Masi è un poeta inconsapevole. Innanzi tutto delle sue stesse potenzialità liriche, ma questo – come diceva Franco Fortini – potrebbe persino essere un bene. Ma sembra inconsapevole anche della certezza delle sue parole, della fermezza dei suoi testi. Lo dimostra la prova migliore – fino a questo momento – del suo cammino letterario, intitolata Si dissolva l’Opaco (Ensemble Edizioni, collana Alter) e uscita lo scorso marzo. Si tratta di una silloge ibrida, composta da molte liriche e qualche irruzione letteraria, che tradisce innanzi tutto una profonda nostalgia dell’autore per un Novecento di cui si sono perse le tracce senza che nessuno cercasse di adunarne i benefici. Lo si intuisce proprio dal titolo, in cui l’Opaco è una specie di stella polare a cui rifarsi nei paradossali momenti di tradimento della realtà. L’Opaco come scelta, non solo stella. L’Opaco come distanza, non conoscenza. L’Opaco come necessità di difesa, nella società che – all’esatto opposto – pretende invece che tutto sia chiaro, luccicante, luminoso e destinato all’inutilità. «Quel tempo incantato è concluso:/ si dissolva l’Opaco e la memoria/ tagli e consumi la quiete come una/ ruggine (come) – tempesta senza fine».
Nell’introduzione firmata da un altro poeta toscano come Masi, Gabriele Lastrucci, questa malcelata malinconia verso il Novecento viene ribadita chiaramente: «Il Tempo, sia nell’estremo apice dell’attimo che nello smisurato oceano dell’Eterno, pare essere l’insondabile, effimera, e incandescente sostanza del suo versificare. Proust (ancora), Vittorio Sereni, Franco Fortini… ma soprattutto: Roberto Masi». Nei dibattiti – ciò che rimane – in cui la narrativa contemporanea viene chiamata a esprimersi sulla catastrofe di certi libri e certe voci di oggi giorno, prima modellate all’insignificanza dagli stessi editori e poi mollate come spose tradite prima di raggiungere l’altare, capita spesso di inciampare in questa abiura del Novecento: una drammatica revisione storica in favore dei tempi attuali, a cui va il grande merito di aver sostituito Elsa Morante con Luciana Littizzetto e Carlo Emilio Gadda con Gianrico Carofiglio. Da questi dibattiti – come da tutto il resto – è sempre assente la poesia, intesa come massa elettrificante di un secolo, quello scorso, che proprio attraverso la poesia esprimeva in maniera limpida la decomposizione (soprattutto materiale) che oggi sembra inarrestabile. Masi si confessa a questo rammarico, si consola con esso. Lo abita senza imbarazzi, popola gli spazi di questi enormi vuoti con una poesia adulta, convincente e soprattutto universale. «Fu, il rivelarsi della passione quando smarrii i miei resti – fu – al tocco avido delle tue carni che frementi ribollivano e così: come un machete che tronca fu, il nostro giorno più nero di sangue».
Grande appassionato di arte contemporanea, Roberto Masi ha pubblicato un saggio complesso come Eccitare l’abisso. Viaggio sentimentale nella logica del dubbio (Homo Scrivens Edizioni, 2020), purtroppo uscito nel pieno delle fasi più drammatiche della pandemia e quindi scarsamente presentato e rappresentato in giro. Con questa prova poetica, però, offre innanzi tutto un risarcimento a sé stesso, trovando nelle sue parole così opportune, nei suoi versi così definitivi, nelle sue istanze umane così condivisibili, un congedo (possibile) da tutte le altre sue forme di scrittura. Masi sembra nato per essere poeta, ma non lo sa. Come tutti i poeti che sono nel giusto.
«E verrai e vedrai come spinge (come) soffia la tramontana quando, scuote gli arbusti e sconquassa il corso che si ripete, e si frange sulle mura. Eppure, è ancora giorno – ed è notte sopra i silenzi della casa spoglia dove un tempo si accendevano i fuochi; e gli odori e i rumori, e le grida quando tutto era resistenza. Come cristallo fatto opaco pare: che non rifletta ma tutto assorba, che non renda ma tutto prenda – mentre il suono si allontana e le voci cadono, dietro una porta sbarrata».
Uno scrittore vero come Sergio Nelli non ha fatto in tempo a vedere Si dissolva l’Opaco, è morto poco prima che uscisse. Chi scrive deve a Masi la conoscenza di un uomo – Nelli, appunto – che già manca per essenzialità, severità, distanza dal caos e dalla caducità della scrittura odierna. Forse la dissoluzione dell’Opaco consiste anche nel ringraziare i vivi in terra e i morti nella memoria, perché per quanto rimanga aulica e distante anche la poesia (per sopravvivere) necessità di carne, odio, materia e bellezza dell’adesso.