27 Luglio 2022

Il papa donna. Storia lugubre e veritiera della papessa Giovanna

“La storia che i professori insegnano a scuola è quella che a loro volta hanno imparato. Tutto scorre senza intoppi e senza dubbi: in pochi si chiedono se ciò che viene raccontato sia effettivamente accaduto. E le perplessità che eventualmente insorgono vengono presto soffocate. Chi davvero cerca la verità la può trovare, ma solo a patto di stravolgere le proprie conoscenze, mantenendosi sempre aperto a nuove prove, a sempre nuovi elementi di studio. Questo libro, ad esempio, descrive passo dopo passo l’affascinante analisi di un testo del Quattrocento sfuggito alla censura del Concilio di Trento. Un’analisi onesta, appassionante e appassionata, che incredibilmente svela i trucchi della Chiesa per rimuovere la vicenda storica della papessa Giovanna, restituendoci uno scorcio di realtà da tempo rimossa”.

Le pagine strappate, Pietro Ratto

Senza la notizia esiste il fatto, ma senza il fatto non può esserci alcuna notizia. Esulando momentaneamente dal cuore del discorso, è questa la verità sconcertante che siamo chiamati – in modo sempre più ossessivo in tempi di pandemia –, ad apprendere e ricordare: ovvero che la notizia sembra esistere anche priva del fatto cui scaturisce. Eppure, il compito della storia ricordare che le cose accadono, e in un modo soltanto. Per via dei toni assolutistici, la quarta di copertina del romanzo di Pietro Ratto appare, persino a un occhio non esperto, nella forma di un meccanismo clickbait: “Tutto scorre senza intoppi e senza dubbi: in pochi si chiedono se ciò che viene raccontato sia effettivamente accaduto”. Se è dunque vero che le fake news narrano le intenzioni di chi le fabbrica (e diffonde),già da una prima, fulminea, modalità espressiva è possibile intuire in che direzione si stanno muovendo le intenzioni del testo. A tal proposito, ho evitato di menzionare per prima la frase-incipit perché se il discorso fosse proseguito in altro modo, dire “La storia che i professori insegnano a scuola è quella che a loro volta hanno imparato” sarebbe potuto coincidere con una successiva spiegazione di ciò che si definisce stereotipo colto. E un discorso simile a quello del clickbait, che non mi dilungo ad argomentare, appare altresì valido per il resto della citazione riportata – cui, tuttavia, invito a contemplarne l’autoreferenzialità: il passaggio incoraggia a trovare la verità stravolgendo le proprie conoscenze tramite nuovi mezzi di studio, che sfociano, ovviamente, in “Questo libro, ad esempio…”, evidente meccanismo di copywriting.

Veniamo al dunque. Con Le pagine strappate Pietro Ratto volge la sua tesi ad esprimere l’esistenza della papessa Giovanna, basandosi su alcuni punti fondamentali estratti dal testo, che riporto:

“1). Intanto specifichiamo che il Platina è Direttore della Biblioteca Vaticana ed illustre umanista e che dedica la sua storia dei Papi a Sisto IV, Pontefice da cui è molto apprezzato e che gli ha conferito quell’importante ruolo. Nonostante ciò, egli riporta la vicenda della papessa (citando il cronista medievale Martino Polono), senza smentirla o liquidarla come pura leggenda e senza venir attaccato dalla Chiesa. Secondo l’edizione del 1552, al momento della sua elezione la papessa (di cui si raccontano particolari della vita fino al suo parto avvenuto in strada durante una processione), assume il nome di Giovanni VIII e la numerazione dei Papi omonimi continua poi per tutta la serie fino all’ultimo, il predecessore di Martino V, che viene chiamato Giovanni XXIV. Nelle altre due edizioni analizzate, che tendono a considerare la papessa una fabula, Giovanni VIII è colui che nell’edizione del 1552 è Giovanni IX, e il diretto predecessore di Martino V compare come Giovanni XXIII, antipapa. Questa circostanza è importante. Come avrebbe potuto uno storico famoso come il Platina, infatti, sbagliare il numerale di un Papa regnante sessant’anni prima, senza venir pubblicamente smentito e deriso? Sarebbe un po’ come se uno studioso attuale chiamasse Montini “Paolo VII”.

A proposito di queste affermazioni, può essere interessante soffermarsi sul concetto di elementi di contiguità storica. Ovvero, quando si esprime il tentativo di dimostrare la realtà di un avvenimento, nelle scienze storiche, parte fondamentale della prassi coincide nel cercare le linee di continuità. Nel nostro caso, elementi che non rappresentano la verità storica della papessa, ma che comunque le si pongono affianco e possono risultarle parenti da un punto di vista logico. Tra questi vi è sicuramente il fatto che i rituali pontifici, apparentemente, dalla fine del 1200 in poi, abbiano previsto la verifica del sesso del Papa prima della definitiva presa di possesso in Laterano. Al termine della cerimonia che conduce il Papa neo-eletto dal Vaticano al Laterano, quest’ultimo sembra abbia dovuto sedere su una sedia con la parte centrale forata ove, ad ogni elezione, un diacono si adoperava nel verificare la mascolinità del neo-eletto Papa, infilando fisicamente una mano sotto il vestito per alla ricerca di attributi virili. Appare curioso, ma si tratta quasi sicuramente di un fatto concreto. Dalla fine del 1200 è infatti una certezza documentata – anche se non negli Ordines Pontificales – in una tradizione letteraria di fonti perfettamente coeve. Dunque non è detto che questa usanza sia stata reale – poiché non compare negli ordini effettivi – ma è certo rappresenti una credenza diffusa. A sostegno della tesi si può affermare come, ancora oggi, un sacerdote non possa essere eunuco – né presentare gravi malformazioni corporee.

La processione che dal Vaticano va in Laterano passava, fino a quando il Papa era anche Sovrano, in una zona dove si trova ancora oggi il vicolo della papessa – vicus papisse. Qui il corteo pontificio effettuava una digressione, una sosta e nuovamente una digressione, poiché quello è il punto in cui, secondo la leggenda, la papessa Giovanna ha partorito ed è morta. Cesare D’Onofrio, tuttavia, sostiene l’idea della papessa Giovanna può anche essere nata per il fatto che in Laterano ci sono due –  una è finita in Francia, deportata da Napoleone – grandi sedie di porfido, tardoantiche, imperiali, delle quali si ignora la funzione. Entrambe presentano un buco al centro. È possibile che fossero usate nella presa di possesso: sono troni di porfido che rappresentano il potere. È molto probabile, però, che si tratti di sedie da parto per le principesse della casa imperiale.

Un altro elemento contiguo e ricorrente, nell’Alto Medioevo romano, corrisponde alle testimonianze di altre donne con gradi ecclesiastici. Per esempio negli Ordines Romani si trovano nominate La Diaconessa e La Presbitera – ovvero la moglie del prete, che nulla riceveva se non una benedizione speciale. Le diaconesse invece erano autorizzate battezzare e a leggere il Vangelo: l’Occidente testimonia la loro esistenza protratta sino all’XI secolo. In particolare, a Santa Prassede, risalente al IX secolo, si trova l’effigie mosaicata di un personaggio importante, ovvero Teodora Episcopa. Di che figura si tratta? Della madre di Pasquale I, il Papa. Per cui il titolo di Vescovessa altro non è stato che un modo per omaggiarla.

Tornando ai punti fondamentali della tesi di Pietro Ratto, occorre sottolineare come la vicenda della papessa Giovanna sia ambientata nell’850 d.C., ai tempi dei “numerosi Papi Giovanni”. Johannes Anglicus, teoricamente, dovrebbe essere Giovanni VII. Tuttavia, la numerazione dei Papa Giovanni appare complicata anche per via degli Antipapa e del fatto che Giovanni XIII si sia ripetuto per ben due volte. “Papa Giovanni” è, quindi, un nome che ben si presta quindi alle falsificazioni. In ogni caso la leggenda non è altomedievale, come ampiamente documentato da Alain Boureau, bensì ambientata nel IX secolo. Le prime tracce risalgono infatti al 1260, anno in cui iniziano a comparire delle cronache in cui viene raccontata questa storia – nonostante appare molto probabile che la sua origine risalga a un centinaio di anni prima, quindi alla metà del XII secolo. Gli eventi sono quindi documentati dal 1260. Cesare D’Onofrio sottolinea che esistono testimonianze risalenti al principio dell’XI secolo e del X, ma non è così: in realtà si tratta di interpolazioni posteriori, i manoscritti in cui si parla della papessa Giovanna sono molto successivi, risalenti al ’300 e al ’400. E appartengono, curiosamente, in larga parte all’ordine dei domenicani: gli autori del canone in questione sono Jean de Mally, Etienne de Bourbon e Martin Polono.

Da qui comincia quindi la leggenda della papessa Giovanna, e si espande fino al tramutarsi in storia nota – soprattutto attraverso la Cronaca Universale di Martin Polono, della quale alcuni estratti finiscono addirittura nel Liber Pontificalis, la geografia ufficiale dei pontefici. E questo è decisamente interessante: alla fine del ’200 un Papa chiamato Johannes Anglicus – un Papa donna! –, viene inserito nell’elenco ufficiale della successione apostolica: la dimostrazione, affermata al principio, di come ciò che non è reale può comunque influenzare la realtà – persino in modo importante. La papessa Giovanna rimase censita nel Liber Pontificalis sino al termine del ’400, periodo in cui Platina se ne occupa, e successivamente l’argomento viene trattato nel De mulieribus claris di Giovanni Boccaccio. Un tema enorme, questo. Tanto che riferendosi alla papessa, Alain Bureau conia la definizione trasgressione maggiore: una enormità. Uno scandalo talmente incredibile, per l’epoca, da suscitare un interesse capace di riecheggiare per secoli.

*

Analizziamo ora il secondo punto fondamentale della tesi di Pietro Ratto:

“2). Dall’analisi delle correzioni apportate nelle edizioni del 1562, e soprattutto del 1650, si rafforza l’ipotesi che le complesse motivazioni normalmente addotte per giustificare la celebre Questio Paparum Joannum – vero e proprio rebus che ha assillato gli storici della Chiesa, in virtù della quale nel conteggio di tutti i Papi Giovanni mancherebbero due Pontefici – non avrebbero in realtà nessun fondamento, a parte l’esigenza di occultare il pontificato della papessa da parte del revisore Onofrio Panvinio, vero e proprio braccio armato della censura ecclesiastica, in grado di risistemare il conteggio dei Giovanni con autentici “giochi di prestigio” – come quando, nell’edizione del 1650, sostiene improvvisamente di essere in possesso di non meglio precisate brevi apostoliche in virtù delle quali “i Giovanni che noi chiamiamo 21, 22 e 23 si dovrebbero chiamare 20, 21 e 22” – trucchetti, questi, smascherabili proprio grazie al confronto con l’edizione incensurata”.

Per rispondere a queste affermazioni diventa interessante ricorrere alla fonte di un anticlericale, qualcuno che non avrebbe alcun interesse nel favorire le versioni della Chiesa romana, ovvero Aurelio Bianchi-Giovini, che nel suo “Esame critico degli atti e documenti relativi alla favola della papessa Giovanna” offre le seguenti prospettive:

“Giovanni Baleo di Suffolk sembra essere stato il primo che diede la spinta alla controversia. Questo scrittore, già vescovo di Ossorio in Irlanda, poi protestante, essendosi ritirato in Germania, scrisse un’opera sugli scrittori della Gran Bretagna che salì molto a credito e nella quale non mancò di parlare della papessa con tutta la passione che mettevano i refrattari della chiesa cattolica a quel tempo [Joannis Balei, Scriptores illustri Majoris Britanniae].Quel suo racconto fu copiato con poche differenze ed amplificato dai Centuriatori di Maddeburgo [Centuriores Magdeburgici]: onde la papessa salì ad una reputazione, direi quasi, ufficiale, e parve aver preso una sede inconcussa nella successione de’ romani pontefici. Questa opinione era già stata impugnata dal gesuita Onofrio Panvinio nelle sue aggiunte al Platina (Venezia 1562); ma il primo che la confutasse formalmente fu, a mia saputa, Giorgio Scherer esso pur gesuita, in un opuscolo stampato in italiano, poi tradotto in tedesco. Io non vidi né l’uno né l’altro; ma il primo è citato dal Sagittario [Introductio ad Historia Ecclesiastica] e do in margine il titolo del secondo [Grundlicher Bericht ob es wahr sei, dasse auf fine Zeit sin Papst zu Rom schwanger gewesen und sin Kind geboren tabe]; bisogna però che quest’opera fosse di poco valore, poiché passo inosservata e cadde in dimenticanza. Differente successo ebbe un opuscolo di un altro gesuita, il P. Luigi Richeome, pubblicato in francese nel 1587 sotto l’anonimo [Erreur popolare de la papesse Jane]; indi ristampato prima in latino, poi in francese con aggiunte e sotto il nome di Florimondo Raymond consigliere del parlamento di Bordeaux. È libro di piccola mole, ma piuttosto bene scritto; confuta un autore che non nomina, ma verosimilmente Giovanni Baleo ed i Centurioni che teste nominati. Contro di lui scrisse un anonimo inglese [Assertio contra gesuita, Papam Johannes VIII fisse mulierem]; ma uscirono contra la papessa prima il Baronio [Annales Ecclesiastici], dopo il Binio [Collectio Conciliorum] ed il Bellarmino [De Romano Pontifice], che per altro trattarono la questione per mera incidenza, e non colla profondità che si poteva aspettare da quei dotti uomini. Ma la loro fama e l’esito fortunato della dissertazione del Richeone misero in allarme i protestanti, ed una schiera di autori si levò a sostenere la causa della pericolante papessa”.

Collocando le ragioni di Pietro Ratto in un momento storico come quello della Controriforma, appare quindi chiaro che la papessa Giovanna non sia mai esistita. Eppure, la convinzione del suo essere stata reale ha generato effetti concreti nella società e nel costume di svariati secoli. Poiché l’immaginazione è a tutti gli effetti parte della realtà, risulta corretto affermare che – in un certo senso – la papessa Giovanna si sia avverata. Non è, ovviamente, l’unico personaggio di questo calibro: anche, per esempio, Alberto da Giussano, il grande guerriero della Battaglia di Legnano non è mai esistito. Si tratta del prodotto di un cronista milanese nel principio del XIV secolo. La caratteristica comune dei personaggi storici immaginari è, per l’appunto, la loro appartenenza all’immaginario collettivo. E una componente chiave per ciò che concerne la non-esistenza della papessa Giovanna, si legge nel modo in cui ha cambiato di segno nel corso del tempo. Ovvero, come lo stesso personaggio, a seconda del periodo culturale in cui viene revocato – rappresentando pur sempre se stesso –, ha significato. Per presentare un altro esempio, possiamo esaminare il caso del personaggio storico di Giovanna D’Arco, che può essere intesa sia come un’icona dell’estrema destra nazionalista, in quanto donna di fede votata alla monarchia e alla causa del Paese, che come icona dell’estrema sinistra, poiché analfabeta e contadina capopopolo.

Ora apriamo per un momento una parentesi, per giungere al cambio di segno del mondo contemporaneo. Dall’immaginario storico/letterario in cui la papessa è vittima di misoginia e rappresentata come icona negativa, da un certo momento in poi – fine anni ’60 e inizio ’70 –, diventa un simbolo del femminismo. Cioè di come le donne intelligenti e capaci possano arrivare esattamente dove arriva un uomo. Ricordiamo due film che hanno ottenuto ampia risonanza: uno uscito negli anni ’70, l’altro risalente al 2009. La papessa Giovanna in entrambe le opere cinematografiche è un personaggio assolutamente positivo, costretta a nascondere di essere una donna e a “mettersi in gioco” con gli uomini. Dunque un’eroina medievale vittima del suo tempo. Altroché la “grande prostituta” dipinta nel Medioevo. La figura della papessa è estremamente interessante per il mondo contemporaneo: ovviamente nel mondo cattolico non sono ammesse le donne al sacerdozio. Eppure nel 1994, nel mondo anglicano, viene ammesso il sacerdozio femminile, e nel 2014 viene ammesso persino l’episcopato. The Hidden History of Women’s Ordination dimostra infatti – poiché sostenendo tesi sembra possibile dimostrare praticamente qualsiasi cosa – che le donne abbiano avuto ruoli sacerdotali nell’Alto Medioevo, ruoli a loro preclusi poi da una cultura altamente maschilista. E ciò fornisce altro terreno fertile alla figura della papessa, che vive la possibilità di essere interpretata in vari modi. Risalire ad una biografia che la riguardi coerente in ogni aspetto non è affatto semplice, perché la sua storia è stata raccontata in molte maniere differenti.

Tuttavia, come già sottolineato, punti focali della sua non-vita sono stati individuati da Alain Boureau e Cesare D’Onofrio, due dei suoi massimi studiosi. Ci troviamo nella metà del IX secolo, e una donna tedesca nativa di Magonza – ma di origine inglese, tanto che il suo nome maschile di Papa sarà Johannes Anglicus –, si traveste per seguire il suo amante. Si vota, quindi agli studi curiali che sono nell’Alto Medioevo, il mondo maschile per eccellenza. Giovanna, dunque, dopo un soggiorno studio ad Atene si trasferisce a Roma. Nel corso degli anni è diventata una persona estremamente colta (tanto che in alcune versioni della sua storia, Giovanna è addirittura medico), ed è abile ed erudita al punto di riuscire a insediarsi come chierico nella curia romana. Giovanna diventa quindi talmente preparato e rispettato da tutti, che in piena fase di crisi viene eletto pontefice. Tuttavia, il suo pontificato dura solamente un paio d’anni e si conclude con uno scandalo. A quanto pare secondo la leggenda, Giovanna non ha mai rinunciato ai piaceri della carne, ed è rimasta incinta – in alcune versioni, il suo amante è il superista, ovvero il capo dell’esercito del palazzo lateranense. E durante una processione tra il Vaticano e la Basilica di San Giovanni in Laterano, sulla Via Sacra, la papessa dà alla luce un bambino prematuro, abortendo in pubblico. E secondo alcune versioni Giovanna muore di parto, mentre in accordo ad altre invece viene linciata e lapidata dalla folla.

Un’altra delle possibili matrici legate alla nascita della leggenda è la situazione culturale in corso nel X secolo a Roma – e in generale in tutto l’Occidente. Le donne, in questo periodo, hanno esercitato ruoli di dominio e di potere mai visti prima né dopo. Alcune di loro hanno addirittura assunto il titolo di senatrix: dunque donne che trasmettono il potere, un potere che si trasmette per linea femminile!, e ciò avviene unicamente nel X secolo. Figure come Teodora, Marozia e Stefania hanno acquisito il loro ascendente anche per via della loro vicinanza con il Papato e la conseguente possibilità di controllarlo. È evidente quindi come pratiche del genere siano contingenti all’esistenza della papessa Giovanna.

Il termine papessa, poi, che cosa implica? Semplice, un mondo pensato al contrario. Si tratta di una stranezza totale. Ogni volta in cui si parla del periodo medievale occorre tenere presente che questo periodo storico ragionava con forme mentali del tutto e per tutto differenti dalle nostre. In particolare, riveste un ruolo importantissimo nel mondo medievale il raccontare le cose all’inverso, ovvero in modo contrario a come sono: presentare situazioni opposte. Ciò che è rimasto a nostri giorni, di questa tradizione, è il Carnevale, che di certo ha una tradizione romana ma impone una larga presenza nel mondo medievale. A Carnevale, per tradizione, è lecito ciò che nelle altre parti dell’anno non è lecito. È lecito scherzare, deridere il potente, fare tutto ciò che nel resto dell’anno è assolutamente proibito. È dunque possibile notare come anche da questo punto di vista si presentino contiguità storiche con la papessa. All’interno di questo mondo pensato all’inverso vi sono anche la leggenda del Papa ebreo – sempre a Roma –, lo Charivarì, le laudes cornomannie. Infine, l’Episcopellus, un particolarissimo personaggio esistito nella cultura anglicana e francese – ma anche italiana. L’Episcopellus è un bambino nominato vescovo, che per qualche giorno dispone di tutti i poteri riservati alla sua carica. Si tratta di una paraliturgia che si celebra vicino alla festività dei Santi Innocenti, il 28 dicembre. E per celebrare la festa della morte degli innocenti, in nome della loro vita eterna, viene dunque elargita la maggiore autorità della diocesi ad un bambino. Insomma, il mondo medievale è un mondo in cui la papessa sarebbe potuta esistere perché il substrato culturale del mondo in cui viene inventata è concordante alla sua immagine.

Esprimiamo ora un concetto importante: la leggenda non viene mai messa in discussione. Si comincia solamente a metà ’400 – grossomodo, quando Lorenzo Valla afferma che la Donazione di Costantino è falsa: un periodo in cui la filologia entra in una nuova fase di verifica delle testimonianze, anticipatrice della rivoluzione scientifica e quindi all’età moderna. Ma fino alla metà del 1400 tutti credono all’esistenza della papessa Giovanna anche per il suo corrispondere a questo senso del meraviglioso, della stranezza, dell’enormità – e allo stesso tempo in veste d’esempio edificatorio e moralizzante. Questo ha un segno profondamente misogino: ciò che viene detto attraverso la storia della papessa è che la donna va esclusa dagli ordini sacri, che la donna è debole, e che in un caso particolare giunse a commettere una tale enormità capace di portarla ad essere punita con la morte in pubblico nel corso della processione. Dunque la donna viene fatta passare per debole, audace nel senso negativo e lussuriosa. (Persino nella Leggenda aurea di Giacomo da Varagine vi è questa funzione moralizzante).

La papessa offre un significato simbolico nel Medioevo perché rappresenta anche una forma di sapienza. Questo diventa evidente nel ’400: i tarocchi infatti presentano l’immagine della papessa, un Arcano Maggiore, associata al numero due – come maschile e femminile sono duali –, una carta che rappresenta l’incontro tra spirito e materia, la fede e la conoscenza segreta declinata al femminile. Ma l’aspetto simbolico chiaramente collegabile alla papessa – a maggior ragione nel ’400 – è l’idea che rappresenti invece la Chiesa come Madre, quindi Femmina, Donna. L’Ecclesia Romana. Un mosaico che ancora esiste a Roma ed è preso dal nartece della vecchia San Pietro – si tratta in realtà, di manifestazioni simboliche. La statua rappresenta la Chiesa romana stessa, una donna in abito pontificio.

L’aspetto simbolico della papessa viene a un certo punto accantonato, e al momento della grande erudizione cattolica un personaggio scomodo come la papessa Giovanna viene fatto oggetto di grande vaglio filologico. Si decreta quindi che non sia mai esistita. Autori come Baronio iniziano ad affermare si tratti di un’invenzione dei secoli bui – contestualmente, sempre con un immaginario misogino. Per i protestanti, invece, è una grande occasione, un oggetto di propaganda, un simbolo del male cattolico, “la grande prostituta” (di nuovo misoginia), il simbolo dell’Anticristo. Nella propaganda popolare protestante circolavano effigi della papessa intenta a partorire – oppure di lei con un bambino in braccio. È questo il mutamento di segno nell’età medievale. Quando poi si cessa di credere alla papessa, iniziano a circolare studi e trattati inerenti alla sua leggenda – uno in particolare, tra i più fortunati, è di Emmanuìl Roidis, scritto nel 1866 –, che risulteranno fondamentali anche per gli studi, i film e i documentari scritti e girati nella nostra epoca.

*

Bibliografia

Alain Boureau, La papessa Giovanna, Torino, Einaudi, 1997.

Cesare D’Onofrio, La papessa Giovanna. Roma e il Papato tra storia e leggenda, Roma, Romana Società Editrice, 1979.

Pietro Ratto, Le pagine strappate, Milano, Bibliotheka Edizioni, 2020.

Aurelio Bianchi-Giovini, Esame critico degli atti e documenti relativi alla favola della papessa Giovanna, Milano, Civelli, 1845.

Emmanuìl Roidis, La papessa Giovanna, Milano, Crocetti, 2003

Sitografia

Passato e Presente: il Medioevo Fantastico

La leggenda della papessa Giovanna (Tommaso di Carpegna Falconieri)

In-contro/Storia – Le pagine strappate

Martin von Troppau – Chronicon Pontificum et Imperatorum

La papessa Giovanna, da abominio per la chiesa a icona femministaPapessa Giovanna: personaggio storico o leggenda?

Gruppo MAGOG