È da poco in libreria Olimpiade regina di Macedonia. La madre di Alessandro Magno (Salerno Editrice, 2019), biografia di una donna di potere del mondo antico. L’autore, Lorenzo Braccesi, già professore di Storia Greca a Padova e Venezia, negli ultimi anni ha scritto biografie dedicate alle figure femminili della famiglia di Augusto (Giulia, Agrippina maggiore, e infine Livia, Salerno 2016), o della storia tardoantica, come Zenobia. Con questo volume, dedicato “a tutte le donne come Olimpiade, barbaricamente possessive” tenta di ricostruire la personalità di una protagonista del suo tempo, per cui il naufragio di tante fonti rende difficile uscire dal cliché della regina dispotica, appassionata di oscuri riti bacchici, usa a maneggiare spaventosi serpenti, tanto che verrebbe spontaneo dire: per forza Alessandro era sempre in guerra, con una madre così! Ne parliamo con l’autore.
Olimpiade è spesso presentata come una Lady Macbeth ante litteram, capace di macchiarsi del sangue delle rivali (come Euridice, consorte di Filippo Arrideo): quanto ciò è giustificato dalla pubblicistica negativa, orchestrata da Cassandro, e quanto dal fatto che le crisi di successione antiche erano sempre assai sanguinose?
Per entrambi i fattori, acuiti dal fatto – non irrilevante – della denigrazione di genere, giacché Olimpiade era una donna di potere e il potere era per sua natura appannaggio maschile.
Olimpiade non sarebbe nemmeno estranea all’omicidio di Filippo, come rivela il comportamento nei confronti del cadavere del regicida Pausania, che adorna di una corona d’oro facendo cremare sopra i resti del marito.
Sono convinto che proprio Olimpiade ne sia stata la mandante, non tanto per essere stata ripudiata, quanto per assicurare la successione al figlio Alessandro, successione insidiata dall’eventualità di un prossimo parto maschile della successiva sua consorte di nobile stirpe macedone. In quanto al regicida, lo camuffa in sacro tirannicida, assolvendolo, e assolvendosi.
Spesso si sottolineano i disaccordi fra Olimpiade e Filippo II: ma, per quanto concerne l’educazione di Alessandro, lei sostiene che i due avessero un progetto comune, culminato nella scelta di Aristotele come precettore.
Avevano senz’altro un progetto condiviso per l’educazione del figlio, e tra i coniugi correva una stima reciproca, che probabilmente si estendeva anche alla sfera del ‘politico’ e sicuramente al processo di ellenizzazione del loro regno.
Olimpiade è anche una donna che, dalle testimonianze superstiti, sapeva e fare uso di ironia: ce ne dà un esempio?
Mentre Alessandro propagandava ai quattro venti la sua genitura da Zeus, ella se ne schernisce ammonendo il figlio a esser più guardingo nelle sue affermazioni, altrimenti Hera, consorte del dio, sentendosi tradita, si sarebbe adirata contro di lei.
Olimpiade sapeva dare anche dimostrazioni di generosità inaspettata: ad esempio, durante un lungo assedio a Pidna, durante la crisi dinastica seguita alla morte del figlio, dice Diodoro Siculo (XIX, 35), tenne con sé vari personaggi che, in sostanza, erano solo bocche in più da sfamare.
Era profondamente conscia del suo status e della propria dignità di sovrana, che contemplavano (pure in una donna che sapeva essere feroce non meno dei regnanti maschi delle barbariche periferie del mondo greco) tanto atti di generosità verso i più deboli esponenti del clan familiare quanto (poiché non le si conoscono amanti) morigeratezza di costumi.
Fra Olimpiade e il figlio, che non si rividero più dopo la sua partenza per l’Asia, continuò un lungo rapporto epistolare: quali ne erano i contenuti? Sicuramente, Alessandro non era propenso a riconoscere un ruolo politico alla madre.
Fu un rapporto epistolare, per la sua ininterrotta continuità, quasi di carattere telepatico. Alessandro informava la madre su tutto, in particolare sulle notazioni etnico-geografiche delle regioni esplorate. L’unica cosa in cui non l’assecondava era nelle richieste di intervento per le contese con il reggente di Macedonia. Sopportava pazientemente, talora con ironia, le lamentele della madre, ma per lui le donne non dovevano occuparsi degli affari di stato, come dice Plutarco (Alex. 39, 12).
Parliamo infine della concezione divina di Alessandro, che sarebbe nato dall’unione di Olimpiade con Zeus in forma di serpente. Olimpiade sembra ridimensionare ironicamente tale elemento della propaganda; Alessandro invece, pare crederci fortemente.
Entrambi erano di natura passionale, portati all’esaltazione mistica. Ma Olimpiade sapeva riprendersi dai suoi sogni di possessione del divino; mentre Alessandro, che all’inizio utilizza la confidenza materna della genitura da Zeus come instrumentum regni, facendosela riconfermare dai sacerdoti dell’oasi di Siwah, finisce con il tempo per crederci dinnanzi alla realtà di una conquista davvero senza limiti.
Silvia Stucchi