27 Gennaio 2018

Non gli garba il muso lungo di Roberto Saviano e ha scritto un romanzo sull’arte del cunnilingus: intervista al sommo Francesco Consiglio

Io e Francesco Consiglio abbiamo una cosa in comune: non ci adattiamo all’idea di diventare grandi. Fare i fessi ci piace. Ma, in particolare, amiamo sentirci sollevati dalla necessità di essere seri. Lui la sua missione la prende particolarmente a cuore, tanto che, prima di riuscire a contattarlo al telefono, ci vogliono giorni. La scusa che adduce, ogni volta, è di non amare il cellulare. E io giù a sacramentare. Se non fosse uno dei miei scrittori preferiti… C’è comunque una particolare sintonia fra di noi. Sarà che lui ha scritto Le molecole affettuose del lecca lecca, pubblicato da Baldini&Castoldi, e io L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde, per la Robin. Sarà che, quindi, quanto a notorietà, ci contendiamo il podio della sfiga. Ma, dicevo, ci vogliamo bene, sicché era da un po’ di tempo che avevo in mente di intervistarlo. Mi era già capitato di scrivere su di lui, sperando di aiutarlo a diventare famoso, ma con scarsi risultati. Ho deciso di riprovarci sabato sera, inviandogli le domande di questa intervista. Erano circa le 20. A mezzanotte aveva già risposto. Da ciò ho arguito che anche lui, come me, pur essendo sabato, non avesse un cazzo da fare.

Come ci si sente a non essere famosi?

Che posso dirti? Ci convivo da una vita. È come chiedere al principe William come ci si sente a essere famoso. Non può saperlo: è nato famoso. Però so che l’indifferenza nei miei confronti è destinata a finire, perché dopo questa intervista diventerò famoso per il fatto di non essere famoso.

Venderesti l’anima al diavolo per scalare le classifiche?

Il diavolo è come Leslie Gold, il proprietario del banco dei pegni più noto di Detroit. Non puoi andare da Leslie e sperare di metterlo nel sacco. Così è il diavolo: in cambio di qualche anno di fama, pretende di prendersi l’anima per sempre.

Il titolo del tuo libro di poesie è Banane al poeta. Secondo te, i poeti si meriterebbero banane in quel posto?

libro ConsiglioTutti i poeti che conosco sono incazzati perché nessuno se li fila. Metterglielo in quel posto sarebbe un segno d’attenzione, ne gioirebbero.

Non essere presi sul serio è dovuto, a tuo avviso, anche al fatto che tu per primo non consideri la tua attività tale?

È difficile prendere sul serio un’attività nella quale un presunto industriale, detto editore, suggerisce, e a volte impone, a uno scrittore di tessere relazioni, promuoversi sui social con post a pagamento e organizzarsi da solo le presentazioni. È come se un’industria automobilistica dicesse ai suoi ingegneri di progettare le auto e andarsele a vendere. Ma l’industria editoriale è ancora un’industria? Credo che, in Italia, di editori degni di essere chiamati tali ce ne siano cinque o sei. Gli altri? Stampatori.

Francesco, dimmi un autore che ti causa un prurito alle palle tale da pensare di avere le piattole?

Roberto Saviano. È sempre così dannatamente serio, con la faccia dura di chi sa come va il mondo e sta per spiegartelo. Ma quello di Saviano è un mondo bruttissimo, angosciante. Sì, certo, se racconti di bambini che sfrecciano sugli scooter e sparano non puoi metterti a scherzare, ma io, dopo avere letto un suo libro, per disintossicarmi dalla tristezza, ho dovuto trascorrere un mese a sciropparmi l’opera omnia di Liala.

Chi è il più grande autore italiano vivente? Non mi dire che sei tu, o ti stendo a cazzotti…

Gianluca Morozzi. Se ci legge penserà a una presa per il culo, ma io dico sul serio: è uno dei pochi scrittori che non soffrono di ipertrofia dell’ego. Ha regalato racconti a siti internet e antologie di scrittori che avrebbe potuto guardare dall’alto in basso. Con lui passerei le ore bevendo vino e ricordando le gesta pedatorie di Domenico Marocchino, il mio mito calcistico.

Francesco, parliamo di sesso, visto che vende tanto e tu lo menzioni ogni tre righe, soprattutto quello non fatto. Il sesso ha una dimensione vagamente ridicola, grottesca, o sbaglio?

Il fatto che due esseri umani debbano incastrarsi come in una morsa è già poco serio. Tutte le altre attività che procurano piacere sono più semplici: mangiare, sentire la musica, andare al cinema, ricevere un massaggio. In questi tempi frenetici, il sesso assomiglia sempre più al ritmo ossessivo di una catena di montaggio. Con il tempo, il desiderio cala e la psicoanalisi non riesce a farcelo tornare duro. Io credo che bisogna abbattere un tabù: gli psicoanalisti dovrebbero scopare con i pazienti. La psicoanalisi è superata, io sono per la psico-anal.

Perché un idiota (categoria in cui mi includo, sia chiaro) finisce per scrivere un romanzo?

Credo sia una predisposizione genetica: Charles Bukowski diceva che tutti gli scrittori sono dei poveri idioti, ed è per questo che scrivono.

Se dovessi diventare uno scrittore famoso e ricco, come spenderesti i tuoi soldi? Puttane, droga, festival letterari?

Se fossi ricco, cercherei di conservarmi vivo e sano il più a lungo possibile. Dunque, eviterei tutto ciò che può accorciarmi la vita: malattie veneree, dipendenza da alcol e droga, frequentazione di scrittori.

Hai mai pensato di ricorrere al suicidio per darti un tono letterario?

libro ConsiglioIl suicidio è di nicchia. Nel mio terzo romanzo, il cui titolo provvisorio è Ammazza la star, il protagonista ha un’idea migliore: per diventare famoso bisogna uccidere una persona famosa.

Credo fermamente che tu sia un genio… cioè, se non altro, sei forte. Cosa dovremmo fare, a tuo avviso, noi di Pangea per darti risalto e farti conoscere?

Se fossi un genio, saprei cosa farvi fare. E invece non lo so. Con questa domanda hai distrutto la mia autostima.

Mi dici come sei arrivato a concepire Le molecole affettuose del leccalecca?

Volevo raccontare Roma e quella sorta di tsunami dell’anima e del corpo che ho vissuto quando, a diciannove anni, mi sono trasferito da un paesino del meridione, dove si scopava pochissimo, a una città che grondava sesso e seduzione. Il leccalecca del titolo allude al cunnilingus, un’attività che consiglio alle giovani coppie ma soprattutto agli anziani, perché si pratica benissimo anche senza dentiera.

Marzulliamo insieme, Francesco: fatti una domanda e datti una risposta.

“Ma è vero che leggi i Tarocchi?”

Non io, ma la mia seconda personalità: Francesco Le Mat. Ho anche scritto un libro che racconta la mia esperienza di tarologo a Parigi. Si chiama Paris, Rue du Tarot e, come recita il sottotitolo, è una guida tarologica per viaggiatori innamorati.

Matteo Fais

Gruppo MAGOG