
“La lingua è la sola arma che abbiamo per contestare la realtà”
Dialoghi
Viviana Viviani
“Manderò un fuoco su Magog e sopra quelli che abitano in pace”
Magog è nome arcano, esatto, tra il fuoco e il vento. Secondo la Genesi Magog è uno dei figli di Iafet, della discendenza di Noè; secondo il profeta Ezechiele, Magog è il paese in cui dimora il potente sovrano Gog; Gog e Magog, insieme, appaiono nei testi apocalittici, prefigurano l’estrema rivelazione prima della fine. Secondo la Sura XVIII del Corano, “al-Kahf”, “Gog e Magog portano grande disordine sulla terra”.
Lo storico Giuseppe Flavio nelle Antichità giudaiche riferisce la genealogia della Genesi: Magog sarebbe il fondatore della Scizia, il capostipite degli Sciti, popolo di cavalieri indomabili, delle pianure infinite, esperti nell’usare l’arco, capaci di leggere i segnali del vento, usi a dipingersi il viso, abili gioiellieri.
Magog è un progetto editoriale che sta tra il fuoco e il vento: sa la vanità delle parole, ne registra l’estrema rivelazione; va all’avventura: l’ignoto, lo straordinario, l’inaudito e l’imprevedibile sono la ragione della sua indagine.
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Piccolo riassunto per lettori corsari
Pangea nasce nel 2017, su colline censite da falchi e piccole volpi, grazie a una famiglia che costruisce palloncini, cioè sogni volanti. La anima una idea ingenua, questa. La cultura la fanno gli inserti culturali, titolati, insettologi; noi, senza titoli, attesi a una nobiltà del sentire, andiamo all’avventura. Scoviamo i libri di cui si parla negli altri continenti, scopriamo i continenti sommersi della letteratura, riesumiamo i dimenticati, senza intento accademico e meno che mai archeologico; lasciamo il piagnisteo ai rioni italiani, semmai, esageriamo nella lotta; alla patetica messa in scena del romanziere laureato preferiamo i sussurri di un poeta di provincia, che alla prestanza pubblica preferisce intagliare verbi come sedie, deporre un fiore, in mezzo alle orde intellettuali, andarsene. Non speculiamo sull’orrore: umile specula, setacciamo l’oro dello stupore.
Nel febbraio del 2022 Pangea entra nel Gruppo Editoriale Magog, e questo permette l’esasperazione del sogno: la nascita della casa editrice Magog. Del progetto, Sebastiano Caputo è quello che tiene la mappa, Davide Brullo guida la zattera, Fabrizia Sabbatini ausculta i venti, saggia le correnti marine, si abbandona alle ispirazioni.
La ricostruzione del sito di Pangea è consustanziale al progetto editoriale: siamo inadempienti alle mode, indipendenti, belli, spavaldi, poveri e presuntuosi.
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Una casa editrice? Macché! Un veliero editoriale
Le “case editrici” sono altre – tante, genericamente buone, geneticamente corrette, un baluardo per la “cultura italiana”.
Magog distrugge i baluardi, si muove oltre le trincee, addestra falchi.
Magog non è una “casa editrice”: è un veliero, un miraggio. Non è un luogo di rifugio, ma un’impresa nell’aperto oceano: è rischio, sfida al fato.
Consapevole della sua missione, Magog non è un progetto editoriale tradizionale. Magog pubblica autori ignorati dalla cultura italiana, riedita testi inaciditi nell’oblio, soprattutto, architetta una strategia editoriale specifica per ciascun libro.
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Cosa vuol dire? L’avvenire è nell’avventatezza
I libri ideati da Magog sono di piccolo formato, pretendono di essere folgoranti – si prefiggono il compito di incendiare la vita del lettore. Sono libri che si leggono in piedi, che irrigidiscono di brividi la schiena, che tengono in ostaggio.
Sono dei piccoli falò.
Il formato del libro simula il breviario, il libro da portare sempre con sé. La scelta editoriale ricade su autori che insieme a una grande opera hanno una grande vita da raccontare, di per sé fonte di stupore, protagonisti di esistenze controcorrente.
Non ci importa la correttezza filologica, la compostezza accademica, ma lanciare suggestioni, elevare a fatto una morgana, impilare incendi. Maneggerete libri agili, letali.
Ogni libro stampato ha senso se cambia la vita di chi lo legge, lo costringe a una conversione, a prendere il mare, a farsi segugio del vento.
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Fuochi dal nuovo mondo
Alla casa editrice Magog piacciono:
*i continenti sommersi;
*le civiltà immaginarie;
*gli dèi avidi, carnivori e senza braccia;
*i neologismi;
*le regole monastiche rispetto alle strutture aziendali;
*i bambini con la cerbottana;
*la Biblioteca di Babele di Jorge Luis Borges;
*gli ingenui, alieni alla codardia degli scaltri;
*i pittori pazzi che vivono in un borgo o in una borgata rispetto ai Ceo di una multinazionale;
*le favole che prolungano la notte tra i meandri dell’incubo;
*le avventatezze per il gusto, ovvero: l’epica del ‘bel gesto’;
*il dono della sprezzatura;
*il privilegio della povertà (per mettere in scacco la spacconeria dei potenti);
*il ritiro spirituale e l’edonismo dei cenobi folli;
*la mania in favore del logos;
*Lev Šestov più che Bill Gates;
*le canoe nel fiume;
*l’Enciclopedia di autori classici, mitica collana fondata da Giorgio Colli;
*le linci e le bestie in via di estinzione;
*le isole nell’estremo Nord, e, in genere, l’isolamento;
*l’individuo sopra la massa;
*il poeta sopra la star;
*la razzia, il capriccio, il carnevale;
*l’eletto rispetto all’elezione; la chiamata al parchimetro;
*tutto ciò che stiamo facendo…
I nostri libri non seguono la cronaca del mondo, costruiscono un nuovo mondo. Tra i primi libri:
a) abbiamo raccolto i frammenti meno noti e più violenti di Franz Kafka;
b) abbiamo fatto a brandelli l’Odissea di Thomas Edward Lawrence, ovvero “Lawrence d’Arabia”;
c) abbiamo tradotto un saggio di Marina Cvetaeva sull’arte e una scelta dai diari del figlio ‘Murr’, finora inediti in Italia;
d) abbiamo raccolto i testi in cui Benjamin Fondane, pensatore feroce e necessario, amico intimo di Emil Cioran, ha scritto di Martin Heidegger e di Fëdor Dostoevskij…
…daremo spazio a donne specifiche e speciali, protagoniste di opere spesso conturbanti, ad avventurieri che hanno scritto reportage rapaci, mirabili, a poeti enormi ed inermi, dimenticati, disadatti, inafferrabili… Libri diagonali, che si conficcano nel cervello, con uno stillicidio di meraviglia.
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Aristocrazia della forma. Libri per tutti (e per pochissimi)
Ogni avventura editoriale degna di essere percorsa ha due criteri: stupore e sapere. Il sapiente e il bambino convergono: Magog è per chi ha il coraggio di leggere le stelle e per chi pensa l’inconsueto.
Crediamo nell’aristocrazia della forma: offriamo a tutti una scelta di libri rari. Magog nasce primariamente come un’impresa editoriale digitale, con tirature cartacee speciali da 100 copie per ciascun libro, numerate. Le copertine recano il disegno, sempre diverso, di un unico artista, Angelo Borgese: nato a Catania, perfezionatosi a Urbino, lavora in Romagna, nelle colline del riminese. È artista eccezionale, che ha fede nel pudore e nell’eleganza; grazie al suo tratto i libri Magog sono piccoli oggetti da collezione.
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Sotto il segno di Rimbaud e di Hölderlin
Magog si articola in due collane editoriali: “Aphinar” e “Pallaksch”. Parole che non esistono, neologismi, forgiati da due poeti radiosi e radicali, geniali nell’arte dell’evanescenza: Hölderlin è svanito nei labirinti della follia, Rimbaud ha scelto di lasciare la poesia – dopo averla sradicata – per girare il mondo, e approdare in Africa.
Aphinar è una destinazione ignota, quella a cui Rimbaud chiese di essere destinato in punto di morte: è un luogo che non esiste, ed è, dentro Magog, la collana che pubblicherà testi letterari, poetici, che reclamano l’immaginare. Pallaksch è la parola magica usata da Hölderlin per negarsi agli interlocutori e al mondo degli opposti, dei burocrati del giudizio, è una parola senza senso “che si poteva prendere per un ‘sì’ o per un ‘no’”; in Magog identifica testi dall’impronta saggistica, un vagabondaggio nel pensare, i libri stravaganti, senza luna.
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Come si leggono?
I libri Magog vanno letti sulla soglia di casa, poco prima che il giorno si sciolga nei mille rivoli della sera, quando tutto è possibile e vano, bellissimo e remoto.
Vanno letti come una veglia, a puntellare un passaggio, una scelta, un ingresso.
Vanno letti sul ciglio di una profezia, finché ogni aggettivo si vela e non si ha più coscienza del discrimine tra il mondo reale e quello immaginato, tra sé e tutto il resto.