Il primo a scrivere del «duende» è stato Federico García Lorca. «Una volta la cantaora andalusa Pastora Pavòn, “La Niña de los Peines”, si sedette a cantar senza voce, senza fiato, senza sfumature, con la gola bruciata, ma con duende. Era riuscita a uccidere tutte le impalcature della canzone per lasciare la strada aperta a un duende furioso e bruciante, amico dei venti carichi di sabbia, che spingeva gli ascoltatori a strapparsi gli abiti. La Niña de los Peines dovette rompere la sua voce perché sapeva che la stava ascoltando gente squisita che non voleva forme, ma midolla di forme, musica pura con il corpo scarnito per potersi sostenere nell’aria». Oggi, nell’industria della moda, chi ha davvero del duende furioso e bruciante è la stilista canadese Ria Dunn e l’italianissimo marito Alessandro Esteri, fondatori, nel 2007, di Lost & Found, marchio di alta gamma che conta un giro d’affari di 5 milioni di euro e 25 dipendenti che diventano oltre cento con l’indotto.
Lost & Found Ria Dunn, questo è il nome completo, si trova nelle vetrine online di Farfetch e in una trentina di Paesi, nei punti vendita più esclusivi; di cui soltanto una manciata in Italia perché siamo in bolletta e con il reddito di cittadinanza un paio di pantaloni maschili da 1.200 euro, in boutique a Milano, a noi poveretti ce li fanno vedere col binocolo. Perciò i loro clienti sono Leo Di Caprio, Ricky Martin, Messi, Ibrahimovic, Neymar e coloro i quali hanno la bravura di avere un reddito annuo oltre i 200mila euro (un dato analizzato dall’azienda), la fortuna di essere ereditieri o il savoir-faire di ottenere regali faraonici dai propri partner, inevitabilmente appartenenti alle prime due categorie.
Fin qui ho raccontato un successo imprenditoriale – frutto di un sapiente mix di creatività, intuito, ricerca, utilizzo di materie prime eccelse, artigianalità e filiera realmente italiana – ma serve qualcosa in più perché un’azienda, anche top, possa meritare un “ammazzacaffè”. Quindi?
Il fatto è che adoro le storie piene di duende. Storie con midolla di forme e musica pura da trasmettere. Storie come la loro. Lui, Alessandro, è un uomo dalle molte esistenze. Nasce foto-reporter di guerra. Dopo aver lottato tra la vita e la morte per una ferita alla testa in un attentato a Gerusalemme, sublima la passione per le foto nella moda e lavora tra Parigi e New York con i grandi maestri degli anni Ottanta e Novanta. Lei, Ria, è una designer con 21 anni di esperienza nell’alta gamma che si è rimessa in gioco insieme al marito puntando su integrità, ribellione e indipendenza.
Si conoscono di sfuggita e si perdono di vista. Restano i biglietti da visita scambiati e l’inizio di un epistolario online, fino a quando lui non la invita a cena, a Marrakech, biglietto aereo intercontinentale compreso, mentre entrambi erano a migliaia di chilometri di distanza, in continenti diversi. Da lì nasce un viaggio attraverso l’Africa che diventa amore, fino al 2007 e a oggi con i vestiti per Di Caprio. Oltre a ciò la loro unione vale un prodotto diversificato tra uomo, donna, bambino, birra – sì, fanno anche la birra artigianale – e complementi d’arredo. Con un sorprendente senso di equità che in Lost & Found significa retribuzioni uguali per tutti i dipendenti, che vuol dire arricchimento non del singolo ma dell’impresa nel suo complesso, senza manager, zero investimenti in pubblicità e 100% concretezza e passaparola.
Ma c’è ancora altro. Sapete dove parte questo originale business di successo internazionale? Da New York, Londra, Parigi, Milano? No, da un laboratorio aretino e da un casolare pieno di design, bottiglie di vino e 17 ettari di terra da coltivare a un tiro di schioppo dal Castello di Poppi, in Casentino, nella collina toscana più selvatica, dove si beve, si mangia e si vive bene. Chiedo ad Alessandro, con un’ammirazione sconfinata, come fate a non frequentare i luoghi tradizionali del fashion system? Ria inizia a ridere e quando lui risponde capisco perché. «Quelli che hanno voglia di stare nei luoghi tradizionali del fashion system possono anche farselo stroncare nel culo».
Ecco il duende, perdersi e ritrovarsi ed essere se stessi, nella vita e anche nella moda.
Michele Mengoli
www.mengoli.it