Il canone è un cantiere sempre aperto. Elogio dei libri imperfetti
Politica culturale
Andrea Temporelli
Ci fu una generazione, in Russia, che dissipò i suoi poeti; ma ci furono poeti che infiammarono e infiammano e infiammeranno ancora ere, epoche, firmamenti, se non istanti! Tra questi immortali ‒ in questa sera gelida che non mi fa uscire, preferendo la stanza-studio alla solitudine di vie lastricate di ghiaccio ‒ mi piace ricordare Leoníd Martýnov, perché la sua poesia va dritta al punto, con semplicità verità innocenza, senza nulla trasfigurare, ma mutuando dal nulla parole tutt’altro che imperterrite.
L’impronta
E tu?
Entrando in case d’ogni sorta ‒
nelle grige
e nelle azzurre,
salendo per ripide scale,
in stanze inondate di luce,
porgendo l’orecchio agli accordi dei tasti
e rispondendo a tono alle domande,
dimmi:
che impronta vi lasci?
Un’impronta di quelle
che vengono deterse dal parquet,
di quelle che si guardano di sbieco,
oppure
una solida impronta invisibile,
che rimane nel cuore per molti anni?
È dunque la domanda, l’essenziale inquietudine che svela un incontro. Mi sono rivisto in questi versi. E tutti possiamo riscoprirci in ogni singola impronta.
Sì, mi rivedo in vite lontane quando entravo “in case d’ogni sortaˮ, con l’animo disperato oppure assorto. Mi scopro com’ero e come non sarò più. Tra accoglienze, serate artistiche futuristiche e schubertiadi. Ma più di ogni altra cosa, vedo oggi le impronte sui miei pavimenti non ancora lavati: quelle che verranno “deterse dal parquetˮ, quelle che non vorrò rivedere ancora, e le pochissime, se non le uniche dell’amico ritrovato, che addirittura si confida e si fida, affidandosi ‒ come me del resto ‒ all’accoglienza di un abbraccio che dona senso alla poesia della vita tutta intera.
Giorgio Anelli