26 Luglio 2022

“Chiedi loro del sesso e della guerra”. Intervista doppia a Kurt Vonnegut e Joseph Heller

Nel 1992, l’attrice ed ex modella Carole Mallory conduce per “Playboy” una doppia intervista a Joseph Heller e Kurt Vonnegut, pubblicata sul numero di maggio insieme a un’intervista a Michael Jordan, ad alcune considerazioni sul senatore repubblicano Al D’Amato – “The worst senator in America” – e alla baseball preview della stagione di Major League. In copertina, la neo eletta Miss America Elisabeth Ward, fotografata con indosso una lingerie di raso dorato, tacchi a spillo e il diadema al suo fianco.

A quel tempo, Heller aveva già contratto la sindrome di Guillain Barré, una rara malattia che colpisce il sistema nervoso periferico e che pertanto lo aveva costretto sulla sedia a rotelle. Ironicamente, Vonnegut andava incontro a una sorte simile a quella del suo personaggio Kilgore Trout, scrittore di fantascienza semisconosciuto i cui racconti erano reperibili da qualche parte all’interno di alcune riviste pornografiche. Vent’anni dopo, Mallory raccontò di essersi dapprima messa in contatto con Vonnegut, grazie all’intermediazione di Norman Mailer. Nel corso della telefonata, Vonnegut l’aveva avvisata circa il carattere non facile di Heller. «A volte può essere rude, ma tu non scoraggiarti. È solo il suo modo di fare, nulla di personale».

L’intervista ebbe luogo a casa di Heller, una modesta abitazione nella parte orientale di Long Island. Non passò molto prima che Mallory realizzasse di dover condurre uno show, piuttosto che un’intervista. Ma Mailer l’aveva preparata proprio per questo, consigliandole di lasciarsi guidare e di rinunciare a orientare i suoi interlocutori in un percorso obbligato di domande e tallonamenti. «Non pensare a come prendere le redini dell’intervista. Se i tuoi soggetti iniziano a parlare di altro, tu lasciali fare. Non dettare loro la strada da percorrere, piuttosto lasciati guidare. Specialmente se si tratta di celebrità. Ne ricaverai molto più di quanto tu possa immaginare». Mallory raccontò inoltre di aver letto per l’occasione buona parte delle opere di Heller e Vonnegut. Tuttavia, Mailer le disse tutto ciò che c’era da sapere per tirar fuori il meglio da quell’assolato pomeriggio di primavera. «Chiedi loro del sesso e della guerra. In quest’ordine». E così fece. (Enrico Picone)

Playboy: Da quanto tempo siete amici?

Heller: Non direi amici. Vedo Kurt circa due volte l’anno.

Vonnegut: Siamo più che altro soci. Colleghi.

Heller: Ci chiamiamo se uno ha bisogno dell’altro.

Vonnegut: Se non vado errato ci siamo conosciuti a New York nel 1955 o giù di lì. A quel tempo lavoravo per la General Electric e volevo diventare uno scrittore.

Heller: Ti sbagli. Non è lì che è successo. Ci siamo conosciuti a Notre Dame (città dell’Indiana, ndr).

Vonnegut: Quando è stato?

Heller: Nel 1968, la sera in cui spararono a Martin Luther King. Quello è stato un anno cataclismatico. Nel ’68 spararono anche a Bob Kennedy, e i sovietici invasero la Cecoslovacchia.

Vonnegut: Posso raccontare la storia di quando spararono a Martin Luther King?

Heller: No. Ma certo che puoi.

Vonnegut: In quei giorni a Notre Dame davano un festival letterario, io mi trovavo lì e a turno salivamo sul palco. Ricordo il momento in cui toccava a Heller, è stato tremendamente divertente. Era salito per tenere il suo discorso, sicuramente se l’era preparato per l’occasione, e a un tratto una sorta di accademico o di professore è salito con lui e gli ha chiesto gentilmente di farsi da parte. Poi ha detto: «Volevo informarvi che hanno sparato a Martin Luther King». A quel punto è tornato giù lasciando Heller da solo sul palco, che un attimo dopo ha detto: «Oh, mio Dio. Oh, mio Dio. Vorrei essere con Shirley in questo momento, starà piangendo a dirotto».

Heller: Shirley era la mia prima moglie. Quel giorno Vonnegut ha pronunciato probabilmente il miglior discorso che abbia mai sentito. Era così sciolto e divertente e quello che diceva sembrava estemporaneo, poi quando gli sono andato incontro per stringerli la mano ho visto che era tutto sudato. Qualche anno dopo gli ho chiesto se avesse preparato il discorso o se fosse andato a braccio.

Vonnegut: Uno scrittore deve sempre scrivere i suoi discorsi.

Heller: Io non lo faccio.

Vonnegut: Come sarebbe?

Heller: Ho solo un discorso, che riadatto a seconda che sparino o meno a Martin Luther King.

Vonnegut: Stavo pensando che questa dovrebbe essere una sorta di intervista di commiato. La nostra generazione si sta congedando. James Jones se ne è andato, Irwin Shaw se ne è andato. Truman Capote se ne è andato.

Heller: Già, e nessuno ci ha sostituito.

Vonnegut: No.

Heller: Al momento sto lavorando a un romanzo. Si chiamerà Closing Time (sequel di Comma 22 edito in Italia con il titolo Tempo scaduto, ndr), e ha a che fare con un uomo della mia età che ha realizzato non soltanto di aver raggiunto l’apice, ma che la storia della sua vita sta volgendo al termine. Il romanzo inizia con queste parole: “Quando le persone della mia età parlano della guerra, non si riferiscono alla Guerra del Vietnam, ma a quella che è scoppiata circa mezzo secolo fa”.

Playboy: E tu Kurt, a cosa stai lavorando?

Vonnegut: Al mio divorzio. È un lavoro a tempo pieno. Non trovi anche tu che sia un lavoro a tempo pieno?

Heller: Oh, è molto più di un lavoro a tempo pieno. Nel mio romanzo Something Happened (edito in Italia con il titolo È successo qualcosa, ndr) a un certo punto si legge: “Voglio un divorzio, sogno un divorzio. Non sono mai stato sicuro di volermi sposare, ma ho sempre saputo che avrei voluto il divorzio”.

Vonnegut: Norman Mailer a quanti divorzi è arrivato, cinque mi pare?

Playboy: Perché agli uomini riesce più facile capire la differenza fra sesso e amore?

Heller: La tua domanda implica che una donna fa sesso solo se innamorata, o che intende il sesso come un atto d’amore. Io credo che il nostro vocabolario sia corrotto a un livello che francamente mi imbarazza. Avete mai sentito un uomo parlare di una donna come sua “amante”? Avete mai sentito un uomo dire “Vedete questa ragazza? È la mia amante”? Ho usato questa parola solo una volta in uno dei miei libri, in cui un personaggio di nome Gold la pensa esattamente come me. La sua compagna ad un tratto gli dice: “Tu sei il mio amante”. Ma lui non ha mai pensato di se stesso di essere un amante. Piuttosto ha sempre pensato di essere uno che vuole scopare, non un amante.

Vonnegut: Be’, questo è Joe. Lui neppure vota, dico bene Joe?

A questo punto il tosaerba automatico interrompe la conversazione. Heller invita Mallory e Vonnegut a seguirlo in soggiorno. Quando l’intervista riprende, i due scrittori hanno già iniziato a parlare di loro iniziativa della guerra.

Vonnegut: Solo una persona è stata accolta come eroe dopo aver combattuto la Seconda guerra mondiale, ed è Audie Murphy. Tutti in fondo sapevano che era lui l’unico eroe.

Heller: Io mi sono sentito un eroe quando sono tornato. Ed è così che ancora oggi mi sento quando mi intervistano. Il fatto di aver preso parte a più di sessanta missioni in combattimenti aerei impressiona ancora molta gente. Nonostante abbia sempre detto che gran parte di quelle missioni servivano a trasportare il latte alle truppe.

Vonnegut: Quali medaglie hai ricevuto?

Heller: Quelle convenzionali, che ti vengono assegnate di rito. La Air Medal con cinque o sei punte. Sai, ti ho inserito nel mio nuovo libro: Closing Time. Sempre che tu sia d’accordo.

Vonnegut: Bene. Bene.

Heller: Uno dei personaggi si ritrova a Dresda durante la guerra e ad un tratto si ritrova a parlare con un tale di nome Vonnegut. In questo senso il romanzo non è propriamente un sequel, tu in Comma 22 non c’eri.

Vonnegut: Quando stavi lavorando al libro prima, volevi portare a Dresda un ufficiale o un sottoufficiale di alto rango. Insomma, l’uomo che ordinò il bombardamento. Questo però è tecnicamente impossibile perché ufficiali e sottoufficiali non si trovavano a lavoro, erano tenuti in grossi Stalag fuori città.

Playboy: Cosa avete provato quando sono iniziati i bombardamenti in Iraq?

Heller: Sono stato male per tutta la Guerra del Golfo. Credo che Bush non avesse ben chiaro il motivo dell’invasione di Panama, così come non avesse ben chiaro il perché di una guerra in Iraq. E neppure adesso lo ha realizzato. È stata un’atrocità.

Vonnegut: Durante la nostra guerra la gente era stufa e non aveva voglia di parlarne. Quando partimmo per il fronte avevamo due timori. Il primo era quello di restare uccisi, l’altro di dover uccidere qualcuno. Immagina oggi un soldato di ritorno dall’Iraq, un pilota magari, che dice: “Cavolo, sono stato fortunato. Non ho dovuto uccidere nessuno”. La tv ci ha deumanizzati a tal punto che tutto ciò è diventato accettabile. È stato come sparare da un’auto in corsa su una folla che tornava a casa da una partita di football di sabato pomeriggio, andando su e giù e uccidendo tutti quanti. Un modo vergognoso di agire. Nelle SS, probabilmente nei rami più tosti della milizia o forse soltanto tra gli ufficiali, durante l’addestramento ai soldati veniva ordinato di strangolare un gatto con le loro mani. Credo che la tv abbia fatto la stessa cosa con moltissima gente, senza che a nessuno venisse però chiesto di strangolare un gatto.

Heller: Credo che dopo aver strangolato il primo, con gli altri è molto più facile. Gli altri cinque o sei sono puro divertimento. Poi diventa un passatempo, un gesto comune, come accendersi una sigaretta. Se ripenso alla guerra, devo dire che all’inizio è stato divertente. Eravamo ragazzi di diciannove, vent’anni, e tenevamo in mano delle vere mitragliatrici. Non come quelle delle sale giochi di Coney Island. Avevi la sensazione che ci fosse qualcosa di glorioso in tutto ciò. Una sorta di eccitazione gloriosa ci attraversava. La prima volta che ho visto un aeroplano andare a fuoco e il pilota paracadutarsi giù, avevo un grosso sorriso stampato sulla faccia. Ricordo che durante le prime missioni ero dispiaciuto che nessuno ci avesse sparato contro.

Vonnegut: Morley Safer (noto reporter di guerra americano, ndr) ha scritto di quando si è recato sul posto in cui i B-52 avevano sganciato queste enormi bombe in un’area in cui si sospettava la presenza di Viet Cong. Ha scritto che l’odore era insopportabile, e che si potevano vedere appese sulle cime degli alberi parti di corpi umani. I piloti di solito non vedono queste cose.

Heller: No, la forza area non vede queste cose. Io stesso ho realizzato solo dopo aver letto il libro di Paul Fussel sulla Prima guerra mondiale che molti di quelli che erano stati colpiti dalla mia artiglieria erano finiti smembrati, mutilati. E non nel modo in cui si vede nei film, dove chi viene colpito si stringe il petto e cade morto. No, saltavano in aria e cadevano a pezzi.

Playboy: Invadere l’Iraq e concentrare gli sforzi in politica estera è stato un modo per nascondere i problemi interni?

Heller: Lavorando al mio romanzo ho scoperto che Tucidide aveva mosso la stessa accusa contro Pericle al tempo della guerra contro Sparta. Supponeva che volesse distogliere l’attenzione dai suoi scandali personali. Sarebbe molto più facile che amministrare il tuo paese, ma in una democrazia la tentazione può essere molto pericolosa.

Vonnegut: Specie se il tuo nemico contrattacca.

Heller: Be’, dovresti essere bravo a scegliere il tipo di nemico che non lo farebbe. Nella battaglia della Baia di Manila ad esempio, durante la guerra ispano-americana, vi furono quattro o sette fra morti e feriti. Dall’invasione di Panama invece ho capito molte cose. È rimasta uccisa una percentuale così alta di persone…

Playboy: Cambiamo argomento. Vi preoccupano le ingerenze del governo nella nostra privacy?

Heller: Mi stai chiedendo se penso ad esempio che quel tale, Pee-wee Herman, dovrebbe essere arrestato per essersi toccato in un cinema a luci rosse?

Vonnegut: Ha continuato fino al gran finale? Non mi sono aggiornato sulla faccenda per come avrei dovuto.

Heller: Ma sarebbe forse un crimine? Io credo proprio di no.

Vonnegut: Concordo con Joe.

Heller: Può anche non piacerci l’idea di qualcuno che si masturba in un cinema o al bagno, ma non per questo sta cercando di attirare l’attenzione su di sé. Quello sarebbe esibizionismo.

Playboy: Cosa ne pensate delle donne private della libertà di scegliere?

Vonnegut: Credo che Bush sia insincero sulla questione dell’aborto. Probabilmente la pensa come la maggior parte dei laureati a Yale. Fingere di interessarsi alla questione può portargli dei vantaggi politici, ma allo stesso tempo non può permettersi di forzare troppo la mano perché perderebbe gran parte del suo elettorato.

Heller: Anche se stesse fingendo, sono d’accordo con quanto scritto nell’incipit di Madre Notte (romanzo di Vonnegut, ndr): “Siamo chi fingiamo di essere”. Se i politici che si oppongono all’aborto stanno solo fingendo, l’effetto è lo stesso che se ci credessero davvero.

Playboy: Vi preoccupa il ruolo che l’editoria può avere nel vostro lavoro?

Heller: Forse è un po’ esagerato dire che siamo “preoccupati”. Personalmente ne sono consapevole e non credo che gli effetti saranno benefici per la letteratura. Invecchiando mi rendo conto che non siano solo certe cose ad essere inevitabili, ma che ogni cosa lo sia.

Playboy: E riguardo la censura? Simon and Schuster aveva deciso di non pubblicare American Psycho di Bret Easton Ellis per sottrarsi alle pressioni.

Heller: Alla fine però è stato pubblicato. Non credo che la censura sia una minaccia diffusa in questo paese.

Vonnegut: Puoi sempre auto pubblicarti. Al tempo di McCarthy, Howard Fast ha pubblicato Spartacus e lo ha venduto alle case cinematografiche. Nessuno lo avrebbe pubblicato perché lui era comunista.

Playboy: In questi casi tra scrittori vi supportate o prevalgono invece i risentimenti?

Vonnegut: Gli scrittori non si invidiano a vicenda.

Heller: Potremmo essere invidiosi del successo ma non dello scrittore in sé.

Vonnegut: Il risentimento è più diffuso tra pittori e poeti. Scrittori e romanzieri sembrano fregarsene il più delle volte.

Playboy: Avete mai recensito il libro dell’altro?

Heller: No.

Vonnegut: Io sì. Non ci conoscevamo bene come adesso, poi siamo diventati vicini di casa.

Heller: È stato nel 1974.

Vonnegut: Dal momento che Something Happened era solo il suo secondo libro, era piuttosto ansioso di scoprire chi lo stesse recensendo sulle pagine del Times. Ho passato buona parte di quell’estate a lavorare alla recensione, e nel mentre abbiamo iniziato a vederci più di frequente. Chi ti ha detto che avevano incaricato me di scriverla?

Heller: L’ho saputo poco dopo, è stato Irwin Shaw a dirmelo. Io gli ho risposto: “Non avresti dovuto dirmelo”. Ti conoscevo quanto bastava per sapere che non avresti accettato di scrivere la recensione del libro se non per parlarne bene. Tuttavia ho iniziato ad essere in ansia, per me ma anche per te. Non volevo che ti sentissi inibito.

Vonnegut: C’è stato davvero qualcuno che ha detto di aver odiato il libro?

Heller: C’è stato chi ha lamentato il fatto che non fosse un altro Comma 22.

Vonnegut: Be’, mi pare che Comma 22 fu una sorta di fiasco quando venne pubblicato per la prima volta. Dico bene?

Heller: Già, e nonostante una campagna promozionale senza precedenti in termini di numero di annunci.

Vonnegut: Bertrand Russell però lo ha elogiato.

Heller: Non solo lo ha elogiato, mi ha anche fatto chiamare dalla sua segretaria per organizzare un incontro. È stato uno dei pochi incontri emozionanti che ho fatto in vita mia. Russell aveva novant’anni allora, ed era esattamente come in foto. Mi era capitato già con Venezia. La prima volta che ci sono andato era esattamente come te la immagini. Venezia assomiglia esattamente a Venezia. Lo stesso non si può dire per Parigi, neppure per Londra o per New York. Venezia assomiglia esattamente a Venezia come Bertrand Russell assomiglia esattamente a Bertrand Russell.

Vonnegut: Credo che Comma 22 sia il primo libro non romantico sull’aviazione.

Heller: C’è chi ha detto che sia il primo libro di guerra in cui in cui paura e codardia diventano virtù.

Playboy: Leggete gli scrittori contemporanei?

Vonnegut: Be’, la nostra professione non è come quella medica. Non siamo tenuti ad aggiornarci sui progressi del settore. Io sto leggendo Nietzsche.

Heller: E io Thomas Mann. Ma con qualche difficoltà devo ammettere. Forse sto leggendo libri più difficili da comprendere rispetto alla saggistica. Non riesco a leggerli con scioltezza, in generale ho l’impressione di leggere più lentamente di prima.

Vonnegut: Non abbiamo più il dovere di leggere per tenerci al passo. Posseggo un grosso libro di Mark Helprin, ma non credo che lo leggerò perché sono troppo pigro.

Playboy: E Norman Mailer?

Vonnegut: Nulla che ti riguardi. Norman è un mio amico.

Heller: Io ho intenzione di leggerlo tutto in una volta.

Playboy: Quale dei libri che hai scritto è il tuo preferito, Joe?

Vonnegut: Non ne ha scritti abbastanza per scegliere quale. Quando mi chiedi quale sia il mio libro preferito di Heller, mi viene in mente quel ristorante in cui ti servono soltanto pesche e rane. Puoi scegliere solo tra rana con ripieno di pesche e pesche con ripieno di rana. E lo stesso vale per Heller, non ha un menù molto lungo. Di lui ho letto tutto, ho visto anche la rappresentazione di We Bombed in New Haven fatta a Yale. In pochi possono dire di averlo fatto.

Heller: Per molto tempo ho pensato che Comma 22 fosse il mio preferito. Poi ho letto la recensione di Kurt al mio Something Happened. Da allora è diventato il libro che preferisco tra quelli che ho scritto.

Vonnegut: Adesso che è più vecchio, Joe potrebbe essere uno scrittore differente da quello che è in realtà. Nietzsche diceva che un filosofo non cambia la visione che ha del mondo perché da questa dipende la sua reputazione. Anche se la sua visione del mondo dipende a sua volta dall’età in cui egli si propone di capirlo il mondo. La visione di Platone è quella di un uomo di trentacinque anni.

Playboy: È vero che il sesso migliora con l’età? 

Heller: Cos’è che migliora?

Playboy: Il sesso. È vero o no che migliora con l’età?

Heller: Non lo so. L’ultima volta che è successo ero ancora giovane.

Vonnegut: Non capisco se sta scherzando oppure no.

Heller: Non ho mai avuto rapporti in età adulta.

Vonnegut: Fa il comico.

Playboy: E tu Kurt, cosa mi dici? Il sesso migliora con l’età?

Vonnegut: Diventi un amante migliore.

Heller: Io credo di essere più virile adesso di quanto non lo fossi da giovane.

Playboy: Ovvero?

Heller: Credo di essere più potente. Il desiderio di farlo è più forte adesso di quando avevo diciassette o diciotto anni.

Playboy: Perché non scrivete in modo più esplicito del sesso e delle sue implicazioni emotive?

Heller: Più esplicito rispetto a cosa? Continui ancora con questa proiezione per cui associ le reazioni affettive a quelle sessuali. Prima hai usato le parole “amore” e “sesso”, e ora le reazioni emotive. Suppongo che per “emotive” ti riferisca a qualcosa di diverso dalle sensazioni.

Playboy: Be’ sì, c’è differenza tra emozioni e sensazioni.

Heller: Non credo ci debba essere necessariamente una correlazione tra emozioni e sesso.

Playboy: D. H. Lawrence non trattava separatamente le emozioni dal sesso però.

Heller: Quello era il contenuto della sua sensibilità artistica o letteraria. Non credo oltretutto che gli scrittori abbiano scelta. Piuttosto ci limitiamo a scoprire l’ambito che più ci compete, che poi sarebbe la nostra immaginazione. La mia immaginazione non offre quello che offre l’immaginazione di Kurt, e credo che per lui sia lo stesso. Allo stesso modo nessuno di noi sarebbe mai in grado di scrivere ciò di cui scrivono Philip Roth o Norman Mailer. John Updike ha scritto molti racconti incentrati sul sesso. Ci sono scrittori che hanno il potere di farlo, e altri che non ce l’hanno.

Playboy: Come Henry Miller?

Heller: Lì sei di fronte all’atto crudo del sesso.

Playboy: E Anaïs Nin?

Vonnegut: Non ho letto i suoi racconti pornografici. Se metti insieme un uomo attraente e una donna, il lettore vorrà vederli fare sesso o capire quantomeno perché non lo abbiano fatto. Sta tutto lì. Faccio un esempio. In Invisible man di Ralph Ellison, un ragazzo di colore cerca conforto e illuminazione da qualche parte nella società americana. Si tratta di un romanzo picaresco. Se il ragazzo si fosse imbattuto in una donna, e si fosse innamorato e lei avesse ricambiato il suo amore, sarebbe stata la fine del romanzo. Per questa ragione Ellison è stato costretto a tenerlo alla larga dalle donne.

Heller: Devo dire che non considero buona letteratura tutto ciò che si propone di descrivere la ginnastica della copulazione e le conseguenze che possono derivare dal rapporto. Non la trovo una lettura interessante. È come cercare di descrivere il rumore della metropolitana. Esistono persone che possono farlo. Come alcuni giovani scrittori che cercano proprio quel tipo di descrizione. Ma quando poi hanno finito di descrivere ciò che vogliono descrivere, non ottengono nient’altro che il rumore di un treno che entra o che esce dal tunnel della metropolitana. E sarebbe questo l’obiettivo più nobile della fiction? Convincere il lettore che ciò di cui si sta scrivendo sta accadendo realmente? Io non credo.

Playboy: Isaac Bashevis Singer una volta ha detto: “Nel sesso e nell’amore, il carattere umano si rivela più che altrove”.

Vonnegut: Singer ha l’abitudine di dire qualsiasi cosa per apparire interessante. Sapete cosa ha detto a proposito del libero arbitrio? Che “non abbiamo altra scelta”.

Heller: Le stesse due persone potrebbero essere andate a letto insieme più volte, ciascuna delle quali potrebbe essere stata un’esperienza diversa dalle altre. E poi il carattere delle persone non cambia da una copulazione all’altra. 

Playboy: Eppure con una relazione sentimentale si arriva a conoscere meglio l’altro.

Heller: Non credo.

Vonnegut: Nietzsche aveva una one-liner su come scegliere una moglie: “Vuoi tu avere una conversazione con questa donna per i prossimi quarant’anni?”. Ecco come trovare la moglie giusta.

Heller: Se la gente allargasse i propri orizzonti letterari, ci sarebbero meno matrimoni.

Playboy: Perché secondo voi ci interessiamo così tanto al gossip?

Vonnegut: Perché sta sui giornali. Proprio come il modo in cui fingiamo di interessarci agli sport, è un modo per interagire con uno sconosciuto. “Cosa ne pensi del second game delle World Series?” “Cosa ne pensi del Super Bowl?” “Cosa ne pensi di quest’altro?”. Sono solo modi per interagire, per dire ciao.

Heller: Concordo con lui. La mia attenzione per il gossip è ridotta al minimo. Credo che il nostro giornalismo sia abominevole. I giornali non dovrebbero neppure esistere, o quantomeno non dovrebbero essere pubblicati per più di una volta a settimana.

Playboy: L’uomo che è stato con molte donne riceve rispetto, mentre se è la donna ad aver intrattenuto diverse relazioni sessuali viene disprezzata. Perché?

Heller: Credo che i motivi siano la gelosia e la paura che gli uomini hanno dell’impotenza. Due cose strettamente connesse. Mark Twain diceva che l’unica ragione per cui la Bibbia vieta l’adulterio è per scongiurare il rischio che la donna si scopi qualcun altro. Secondo la sua teoria, l’uomo è come una candela accesa che lentamente si esaurisce, mentre la donna è il candeliere. E pertanto può reggere al contempo molte altre candele.

Playboy: Le donne più giovani sono più attraenti di quelle mature?

Vonnegut: No.  

Heller: Concordo con Kurt. Già da giovane preferivo le donne più grandi.

Playboy: C’è forse qualcuno nel tuo cuore che brami intensamente?

Vonnegut: Mio Dio.

Heller: Madonna. Madonna.

Playboy: Dici sul serio?

Heller: No.

Playboy: Che idea vi siete fatti delle prossime elezioni democratiche?

Vonnegut: La differenza tra conservatori e liberali è che le uccisioni non sembrano preoccupare i conservatori. I liberali sono dei codardi davanti alla gente che muore. I conservatori invece pensano che il massacro di così tanta gente durante l’invasione di Panama sia normale. Da questo punto di vista sono degli autentici darwiniani. È normale che la gente muoia di fame per le strade perché le cose in natura funzionano così.

Heller: La civiltà occidentale ha fatto un patto col diavolo. Credo che l’intera storia del Faust abbia a che fare con la civiltà occidentale. Il diavolo o Dio stesso un giorno ha detto all’uomo: “Ti trasmetterò il sapere affinché tu sia capace di grandi cose. Ma non potrai evitare che questo sapere distruggerà te stesso e il mondo che abiti”. Tu parli di Darwin, a questo proposito penso che stiamo assistendo al corso naturale degli eventi. Un terzo della società stenta a sopravvivere e l’altra metà è disagiata socialmente ed economicamente. E il Governo non vuole saperne di risolvere il problema, piuttosto neppure lo inquadra come problema. Altrimenti sarebbe costretto a fare qualcosa per risolverlo.

*Traduzione e cura di Enrico Picone

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