Tra l’altro, Guido Iannuzzi è un artista; per lo più lo imbavagliano entro alcune didascalie esplicative. Ne ho contate tre. Situazionista, romano, underground. Allo stesso tempo, Guido Iannuzzi ha una tenuta marziale e sembra Buster Keaton. La sua opera più importante – così dicono – è un carro armato. Si chiama Bauhaus Think-Tank, è stato esposto pressoché ovunque: una volta, l’anno scorso, al Mart di Rovereto, per impeto di Vittorio Sgarbi, che ha scritto: “Dopo i processi alla politica è arrivato il momento di abbattere il palazzo. Il carro armato, arrivato fin qui dalla fine della Storia, è pronto a sparare”. Il carro armato è la riproduzione, ritmata, di un T-34 sovietico: Guido ha calcato la sua opera su un mezzo scovato, in modo rocambolesco, a Londra. Tutto, devo dire, in Guido Iannuzzi è rocambolesco, una carambola – provvidenziale, screanzata – di avvenimenti avventurosi. Ad esempio, la fine del suo tank artistico: esposto al centro del laghetto dell’Eur, è stato fatto esplodere a colpi di molotov, il 2 gennaio del 2022; una performance nella performance.
Oltre al tank, Guido Iannuzzi ha progettato una serie di broccoli dai colori psichedelici, BROME (con azienda analoga); ha ideato una mirabolante esplosione di alloro, Daphne is back, a Villa Borghese, Roma. Abita nei pressi di Piazza Venezia, Guido: si è costruito il tavolo di casa, la lampada – eccellente design casalingo – sboccia da una lunga canna da pesca; dal terrazzo, lirico e angusto, si vedono i tetti dell’Urbe, il rettilario delle nuvole, si progettano rivoluzioni azzurre.
Per lo più, del Guido Iannuzzi artista – situazionista, romano, undergroud – trovate smanettando nel sottomondo della rete. Io ho conosciuto il Guido Iannuzzi opera d’arte, che sta sul comodino dei re e nei sobborghi dei nullatenenti, che smobilita i luoghi comuni e le comunità, che gioca con gli impossibili e ha un Dioniso come sottobicchiere. L’ultima che ha pensato, per dire, è sovvertire il potere del controllo, dominante tramite… ma cosa ve lo dico a fare. Guido è un trickster, cabbalista del nonsense, esteta nella teoria dei giochi, giocoliere e filosofo, Zampanò e disturbatore civico, geniere del genio, animato da una poetica del tutto – e del niente. Non è un sovversivo ma uno che sovverte.
Ci siamo conosciuti nella campagna di Cremona, in una cascina; mi ha raccontato di acrobazie aeree, speculazioni oniriche, avventure scapestrate.
Guido Iannuzzi, contento incontentabile, incontinente, continentale, è un’opera d’arte. Faremo qualcosa insieme. Intanto, è questo.
Ma cos’è l’artista: un burlone, un matto, un disadatto, un profeta, un furbo mestatore di malizie…
Tre risposte, scegli o prendile tutte.
1. Per me non esiste il sostantivo artista, esiste l’aggettivo artistico che rappresenta un approccio, un’attitudine che può essere applicata a tutte le attività umane: un pensare e conseguentemente un agire magicamente non frenato dalla classificazione delle esperienze in categorie predefinite che generano pericolose anche se spesso utili consuetudini. Esperienze che chi ha un’attitudine artistica tende, spinto da una curiosità irrefrenabile e spesso generalista, ad accumulare in maniera quasi compulsiva in un data bank interiore. Data bank/anima nel quale tali esperienze si mescolano e si accoppiano per poi, alcune volte anche materializzarsi in opere che le rappresentano e/o le sintetizzano e/o le trasformano in qualcos’altro.
In altre parole un approccio artistico è un approccio assoluto: sciolto da qualsiasi vincolo
2. Se devo rispondere usando l’approccio categorico da te seguito nel formulare la domanda ecco la risposta. Quando cercando di mettere ordine tra le tue cose realizzi diverse scatole o cartelline per contenerle e dividerle almeno in macrocategorie (ricevute, multe pagate, assicurazione auto, colori acrilici, appunti prossimo libro, foto vacanze, gomitoli di lana, bottoni, etc.) l’artista corrisponde alla scatola dove sono contenute tutte le cose che uno alla fine non riesce a categorizzare perché disomogenee.
L’artista è una categoria residuale, un genus non genus talvolta genius.
3. Ogni essere vivente acquisisce input dal mondo che lo circonda attraverso le sue interfacce umane.
Input che accumula al suo interno e che rimescola tra loro producendo qualcosa che esterna e materializza di nuovo attraverso le sue interfacce umane. Alcuni di tali esseri sono definiti artisti perché hanno: migliore capacità di acquisizione input perché dotati di interfacce più sviluppate, efficienti e sensibili; migliore capacità di rimescolare gli input (in maniera conscia ma soprattutto inconscia); maggior efficacia nel materializzare e/o esternare il frutto di tali rimescolamenti.
Riassumendo un artista è qualcuno che: percepisce consciamente o inconsciamente aspetti/input della realtà che agli altri sfuggono; genera consciamente o inconsciamente dentro di se idee/visioni mescolando e stabilendo, consciamente o inconsciamente, le quantità e le priorità di tali aspetti/input; rappresenta tali idee/visioni in opere che le materializzano e le rendono percepibili agli altri.
…e tu, chi sei?
Uno che rappresenta i suoi dubbi, convinzioni, emozioni con tutti i mezzi espressivi/strumenti che ha a disposizione quindi banalmente un semplice essere umano. Alcune di queste mie rappresentazioni vengono incorniciate da me o da altri acquisendo uno status particolare che non è necessariamente prova di una loro qualità o merito superiore ma è sicuramente un mezzo per evidenziarle e dargli importanza.
Perché fai quel che fai al posto di fare altro?
Perché mi viene naturale.
Perché è per me necessario.
Perché mi diverte specie quando per farlo non devo dipendere da altri (cosa purtroppo assai rara).
Passi dai carri armati – bombardati – ai broccoli alla fioriera di allori in Villa Borghese: che cosa vogliono dire le tue opere (o papere)?
Due risposte, scegli:
1. Le mie opere esprimono il mio pensiero, le mie emozioni, i miei dubbi che decido di rappresentare con lo strumento a mia disposizione che ritengo volta per volta più efficace e quindi non necessariamente sempre lo stesso.
2. Conscio dell’inutilità dell’agire umano in generale e del mio agire in particolare, cerco di illudermi (senza purtroppo riuscirvi essendo troppo razionale per farlo) che faccio quello che faccio per finalità alte, anzi mi correggo, altamente pretenziose: cercare di veicolare con le mie opere dei contenuti (le mie idee le mie emozioni e soprattutto i miei dubbi) pensando che ciò possa essere utile anche agli altri. Per raggiungere tale obiettivo ritengo necessario che la parte esteriore dell’opera da me realizzata debba non solo essere in grado di fermare l’attenzione dei soggetti a cui voglio trasmettere tali contenuti ma anche legata ed attinente ad essi. In altri termini l’opera è composta da due parti: il contenitore, che è il vettore, e i contenuti; senza un contenitore “efficace” i contenuti non possono essere consegnati.
L’apparente disomogeneità delle mie “opere” deriva da questo: penso prima ai contenuti che voglio trasmettere e poi individuo l’elemento formale (che non è necessariamente sempre dello stesso tipo) in grado non solo di rappresentarli ma anche di fermare l’attenzione dei soggetti destinatari senza tradire i miei stringenti canoni estetici: l’estetica di ogni mia opera mi appartiene integralmente ed è frutto di una scelta assolutamente istintiva che è al tempo stesso magicamente razionale, anche se può sembrare un ossimoro è una scelta istintivamente razionale e quasi nessun elemento dell’opera è privo, almeno per me, di una giustificazione.
Ti piace questo tempo?
Ciò che ti fa piacere un tempo ma anche un luogo sono le circostanze in cui ci si trova: se sei un nobile in Francia alla fine del Settecento non credo che tu possa apprezzare la Rivoluzione e perdere la testa per essa (intendo in senso metaforico non fisico) come un giacobino. Fatta questa premessa, pur considerando il mondo assolutamente imperfetto ed incomprensibile considero questo tempo soggettivamente non negativo per me e oggettivamente, in generale, non peggiore dei precedenti.
In altri termini ritengo che l’età dell’oro non ci sia ancora stata e che stia a noi fare in modo che si possa realizzare completamente nel futuro e almeno parzialmente nel presente, (mi accontenterei di realizzare e vivere nell’età dell’ottone smaltato).
Ti piacciono gli artisti che vivono in questo tempo?
Alcune persone (la categoria artista non esiste nella mia mente) che vivono in questo tempo che ho conosciuto fisicamente mi piacciono e quindi cerco di spendere il mio tempo con loro. Vi sono poi persone che ho conosciuto indirettamente (attraverso le loro opere o altro) che mi piacerebbe conoscere anche fisicamente per capire se sono realmente interessanti e quindi possano diventare amici con i quali spendere il mio tempo.
La parola artista è come la parola onorevole: sono termini che per me hanno perso il loro significato originario (sempre che lo abbiano realmente mai avuto) perché coloro che sono definiti tali non hanno molto spesso, almeno nella mia esperienza, un approccio artistico o onorevole.
Quindi la risposta alla tua domanda è: tutti quelli che mi piacciono sono artisti.
A un vero artista va chiesto: che senso ha vivere?
Questa domanda va fatta a tutti coloro che si spera possano essere di aiuto nel darle una risposta, quindi anche ad un artista (vero o presunto) se ciò può aumentare le probabilità non dico di una risposta definitiva ma almeno di avere un indizio utile.
Hai paura della morte?
Cerco di non pensarvi occupandomi del presente e di quella parte di futuro che penso, forse ingenuamente, di poter influenzare.
Credi in Dio, nella Rivoluzione, a qualcosa, al nulla?
Vorrei credere in Dio, in una religione, in una ideologia, nella rivoluzione ma la mia razionalità non mi lascia molto spazio di manovra, pur non uccidendo fortunatamente la speranza di poter raggiungere l’unico obiettivo razionalmente morale: ridurre il proprio naturale egoismo.