27 Luglio 2018

Guardo in faccia l’uomo-iena, lo immagino per le vie di Milano, e mi accorgo che fa pietà la debolezza occidentale grassa di grattacieli e di vuoto in zuppa di pixel

Forse le bestie sono attributi della divinità, forse l’uomo è perennemente in esilio dal dio e dagli dèi e l’unica redenzione è la preghiera. O la lotta. Per questo, un uomo che domina la bestia ci appare divino.

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Alla ferocia sovrapporre un surplus di determinazione e intrigo, per ridurre la sfera di denti, la mascella omicida in rosa dei beati. Come si sa, la iena ha un morso devastante, è avida. La iena, dicono le storie, sa imitare la voce dell’uomo, per deviarne le intenzioni. C’è chi ha convertito il morso della iena in benedizione.

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“Ho appreso dell’esistenza degli ‘uomini iena’ nel 2005, in Nigeria. Erano gli esattori di Lagos, mi dissero così. Non era vero. Li incontrai nel 2017, in una baraccopoli vicino ad Abuja. Gli uomini iena sono itineranti, non stanno più di due giorni nello stesso posto. Abbiamo fumato un po’ di erba insieme, per conoscerci. Non erano esattori di debiti, erano, piuttosto, cantastorie, e alla fine dei loro spettacoli vendevano pozioni, farmaci. Vederli esibirsi è stato incredibile: mettevano la testa e le braccia tra le mascelle della iena. L’obbiettivo era convincere il pubblico che avessero dei poteri speciali, acquisibili acquistando le loro pozioni”. Il racconto, registrato per il Guardian, è di Pieter Hugo, fotografo sudafricano di Johannesburg, classe 1976, motto virile, “Stai attento. Resta puro. Diffida di tutto”.

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Pieter Hugo è l’autore della fotografia che vedete in cima. “Non gli ho detto come posare”, ha detto lui. “Ha fatto tutto da solo. Flette il bicipite, mi fissa, la iena salta su di lui. E sullo sfondo, questo paesaggio che sembra la scenografia di Mad Max”. Possiamo anche scartavetrare il romanticismo, screditare le parole di Pieter. Resta, ad ogni modo, la potenza di quest’uomo che impugna il muso della iena, costretto in una museruola di corda, che fa quasi tenerezza al confronto delle mascelle tenaci, furenti, della bestia.

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Come se quest’uomo fosse un Minotauro, l’incesto del dio con la foresta. Immagino la scena: uomini iena che camminano per le strade di Milano, che trottano in piazza San Pietro, che trascinano al guinzaglio la iena – alcuno, poi, la cavalcano… – sotto Palazzo della Signoria. Le fole dell’inconscio rinascimentale sono verità, qui, in Africa, dove l’uomo conosce ancora le parole per ammansire la ferocia connaturata nell’animale, dove il dio Pan esiste. Le iene vengono cresciute alla dipendenza da piccole, ma sono fedeli soltanto a chi le ha cresciuto che, si dice, conosce formule che s’insinuano alla radice dei denti, delle ossa, dei cuori.

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Il fenomeno ‘da baraccone’ dura un istante – con la bestia la convivenza è quotidiana, la devi nutrire, gli devi parlare, sai che ti riduce a un paria, a un recluso nel tuo potere, perché, onestamente, chi ha voglia di stringere amicizia e alleanza con un uomo che ha scelto di vivere con le iene? Ogni sapienza lacera, chiede in cambio un quarto di vita.

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Se la iena si ribella al suo addestratore, uccidendolo, dovrebbe mettere mani e stazione eretta per sopravvivere. All’estremità della corda, in fondo, non sai quali parole ipnotiche la iena dica al suo uomo, costretto a educare la notte in un pugno.

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L’uomo che sa placare la bestia che uccide, vende pozioni che guariscono. Ciò che uccide, salva. Come il serpente impugnato da Mosè. Solo se non lo uccidi, hai un beneficio dal mostro. Ancora oggi Teseo si rimprovera di aver ucciso Minotauro: avrebbe potuto essere il suo destriero, il suo destino.

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La fotografia di Hugo rintrona la domanda che si è fatto Joseph Conrad, che ha ripetuto Rudyard Kipling, che ha assorbito Gauguin: che rapporto intratteniamo con il selvaggio che è in noi? Cerchiamo di obliarlo costruendo grattacieli sempre più alti, verso cieli sempre più vuoti. Abbiamo confuso la purezza con il vuoto in pappa pixel. Ma il selvaggio arriva, ovunque – il fischio dell’assiolo, il feroce scintillio di una stella, il barbarico rumore dei prati energizzati dal vento, la fotografia dell’uomo iena – e ci stordisce, definendo il vertice della nostra viltà.

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Se guardi gli occhi dell’uomo iena, questi occhi indubitabili – non c’è guadagno che possa gareggiare con la gloria di dominare sul feroce. (d.b.)

Gruppo MAGOG