16 Gennaio 2022

I leccapiedi della Ferrante. Piccolo discorso sull’ipocrisia degli scrittori odierni

Tutti pazzi per Elena Ferrante! Non una, non due, neppure tre, ma perfino “Quattro volte pazzi per Ferrante”.  Complice l’uscita della terza stagione della serie tv dedicata a L’amica geniale, il periodico leggero di via Solferino, Sette, dedica all’argomento copertina e succulento dossier di sei pagine, a precedere un approfondimento di altre tre pagine sulla graphic novel del tiktoker Khaby Lame. Micol Sarfatti ha intervistato in videochiamata le due attrici che impersonano le protagoniste della serie e, a seguire, il quartetto d’archi Missiroli-Avallone-Caminito-Ciabatti si è cimentato nell’esecuzione dell’inno a L’amica geniale e relativa ignota autrice.

L’amica geniale ha avuto un successo incredibile, è piaciuta a un esercito infinito di lettori. Chiunque ha già parlato bene della tetralogia di Elena ferrante, perfino Hillary Clinton, e se inizialmente il primo romanzo fece strame di cuori tra il pubblico ma non tra i lettori critici, ora anche gli scrittori (e soprattutto le scrittrici) possono dismettere l’eventuale timore di contaminazione opportunistica con la “cultura bassa” e spiegarci perché l’epopea delle due napoletane è un capolavoro.

Che l’intervento degli scrittori sui giornali istituzionali abbia il preciso fine di donare autorevolezza e garanzia, a mo’ di marchio DOP o IGP, ad un prodotto dell’industria culturale che ha già ricevuto l’imprimatur del milieu editorial-letterario, è cosa nota. L’obbligo di lode d’ufficio a una tetralogia pubblicata tra il 2011 e il 2014 che ha già venduto milioni di copie, pare però un tantino eccessivo perfino tra i corridoi sorvegliati da Antonio D’Orrico, il critico che, a giudicare dalle recensioni, è circondato da amici e colleghi autori di capolavori di grande successo. Perfino D’Orrico si era cimentato in Come vendere un milione di copie e vivere felici, ma pare che finora gli riesca di ambire solo alla seconda opzione.

Per intenderci, La lettura ha stilato la “Classifica di qualità” del 2021 e chi ti trovi in seconda e terza posizione se non Teresa Ciabatti e Alessandro Piperno, curiosamente collaboratori del giornale. E che dire di Marco Missiroli, applaudito con un 10 pieno in “Pagella” da D’Orrico, che nell’introdurci a Missiroli ha scomodato nientemeno che Flaubert, Salinger, Roth e Joyce. Lo stesso D’Orrico che nel lontano 2006 dedicò sei pagine di anticipazione all’ennesimo capolavoro scritto sotto pseudonimo dal “nuovo Nabokov”, che altri non era che un suo collega. Il libro, a differenza di quelli del Nabokov vero, non era un capolavoro, non ebbe successo ed è uscito fuori catalogo. Allora, consci delle consuetudini editoriali, ci approcciamo al resoconto critico dei “Quattro volte pazzi per Ferrante” (titolo perfino offensivo, che pone gli autori a livello di groupie di una collega).

Il dramma

Marco Missiroli ci mette a parte del dramma coniugale provocatogli da L’amica geniale. Andato in Grecia con la sua fidanzata a trascorrere quella che avrebbe dovuto essere “una vacanza romantica (…) in cui l’amore avrebbe dovuto dominare su ogni cosa”, si ritrova invece a non avere “quasi più memoria di una conversazione con lei”, la fidanzata che lesse d’un fiato la Ferrante dimenticandosi della compagnia della reincarnazione di Flaubert, Joyce, Salinger e Roth. Immaginiamo il povero Missiroli in spiaggia rigidamente incollato a una sdraio, i muscoli tesi a dissimulare serenità, che con la coda dell’occhio scruta le espressioni della fidanzata rapita dalla Ferrante. Immaginiamo anche il senso di frustrazione per la vacanza che si consuma in solitudine e quello ancor peggiore dell’invidia per l’effetto che un’altra autrice è capace di avere sulla fidanzata dello scrittore, tanto che questi arriva a chiederle di “rinchiudere in valigia l’accoppiata dei libri reietti”. Deve essere stato un momento davvero duro per Missiroli. Poi però si convince, entra anche lui, reticente e renitente, nel magico mondo de L’amica geniale e si abbandona infine a un estatico e laconico interrogativo: “Cosa aveva scritto Elena Ferrante? La vita.” Alla faccia del bicarbonato di sodio, direbbe Totò.

La gratitudine

Tocca poi a Silvia Avallone, che ci insegna come “un romanzo straordinario è quello che ti rivela qualcosa di nuovo e determinare per la tua vita”, più o meno la stessa considerazione espressa nel presentare Madame Bovary per le edizioni Bur. Poi ci informa che, una volta letto L’amica geniale, si è sentita “piena e scossa come al termine di un vasto cambiamento interiore.” Se non bastasse, arriva perfino a confessare che prima pensava di “sapere tutto sull’amicizia femminile”, invece non aveva considerato che questa non è solo “sorellanza” ma anche “competizione, invidia e, soprattutto, la scoperta di sé nel volto dell’altra.” La Avallone non si contiene, ha gli occhi che brillano di gratitudine: ha finalmente imparato dalla Ferrante cos’è l’amicizia.

Il sospetto

L’articolo di Giulia Caminito è più circostanziato ed enigmatico, più cinematografico – oseremmo dire. Nel suo esercizio di lode, la Caminito muove dalla Morante e passa attraverso le bambole (“simbolo di una maternità surrogata e compagne di crescita”), coprotagoniste dell’avvio del “gioco spietato e confortevole dell’amicizia tra donne”. Proprio la sparizione delle bambole e il trattamento delle medesime dopo il ritrovamento mostrerebbero una “crudeltà minuta, impalpabile” esemplificata nel buio dello scantinato che inghiotte una povera bambola di pezza. Infine la Caminito si sbilancia nel notare come “il grande fascino della scrittura di Ferrante (…) sta già in queste prime e poche pagine di L’amica geniale.” A questo punto un sospetto ci assale e non possiamo trattenerci dal pronunciarlo: che la Caminito si sia concentrata con tanta minuzia sulle prime pagine perché ha letto solo quelle?

Il dubbio

Teresa Ciabatti inaugura l’articolo nell’indeterminatezza e nell’indeterminatezza lo chiude, dopo aver preso in prestito ampie citazioni che riducono ancor di più il già breve testo vergato dalle sue dita. La Socrate di Orbetello sa di non sapere che “L’amica geniale non è la storia di un’amicizia. (…) È tutto insieme, e non solo.” E allora cos’è? Non si sa. Il dubbio attanaglia sempre più la Ciabatti, perché “persino l’amica geniale non si sa bene quale sia.” Ma subito si risolve: “Lo sono alternativamente, e insieme.” Che sarebbe, a rigor di logica, una contraddizione: se l’amica geniale è una, lo possono essere al massimo alternativamente, una per volta, mai insieme. Ma anche il nostro dubbio è coerente con l’intero articolo, perché proprio il dubbio è l’essenza de L’amica geniale secondo la Ciabatti, che non esita a parlare di “ambiguità”, “mutazioni” e “ambivalenza”. E proprio come gli interlocutori di Socrate, si precipita infine nell’afasia dell’“impronunciabile”, sorretta però dall’inscalfibile certezza che “questo significa la Ferrante per la letteratura: un balzo in avanti verso l’indicibile.” Vogliamo sperare sia un refuso e che la Ciabatti volesse indicare ciò che è la letteratura per la Ferrante e non viceversa, ma anche questo è un dubbio. L’ennesimo.

Alessio Trabucco

Gruppo MAGOG