E se, entrando di nascosto in casa sua, avessi la possibilità di consultare la biblioteca di uno scrittore? Conoscere (e riconoscere) i suoi autori più amati? L’illusione di seguire le tracce del tuo autore preferito ti porta, inevitabilmente, a forzare la serratura della sua vita, a spiare tra i suoi affetti, a metterti, in punta di piedi, a osservare, da una finestra, il suo quotidiano. Che cosa faceva mai il tuo scrittore preferito durante i suoi giorni? Come ingannava le sue giornate? A che ora si metteva a scrivere? Scriveva di giorno o di notte? E poi quante pagine scriveva al giorno? Come si sentiva quando metteva la parola fine a un romanzo? E ancora: dove trovava l’ispirazione per la trama delle sue opere?
Queste e altre domande ben più stupide ti tormentano, forse, quando ti innamori perdutamente di un romanzo. Quando cadi in questa rete amorosa, forse, vuoi conoscere tutta la vita possibile di uno scrittore, certamente in modo forse morboso, sicuramente voyeuristico. C’è quindi qualcosa di misterioso che va oltre gli aspetti filologici e letterari quando ti capita di imbatterti (e di visitare) la sua biblioteca privata. Nel caso dello scrittore Guido Morselli, “uno scrittore senza destinatario” secondo la lapidaria definizione di Francesco Olivari, c’è la possibilità di studiare i libri che lui aveva studiato, in un gioco eterno e meraviglioso di rimandi, postille, sottolineature e di leggere il suo Diario, nella selezione operata dalla pubblicazione Adelphi nell’edizione del 1988. Questo spirito ha animato i viaggi, forse sarebbero da chiamare pellegrinaggi varesini, del professor Fabio Pierangeli, ordinario di Letteratura italiana presso l’Università degli Studi di “Tor Vergata”, un fervido appassionato di Guido Morselli da moltissimi anni. Pierangeli che ha indagato le letture morselliane ha appena dato alle stampe Dante a margine e le interrogazioni di Guido Morselli (Mimesis), un libro come lente d’ingrandimento, come immersione nello studio di Morselli attraverso le diverse edizioni della Commedia dantesca e della Vita Nuova, grazie ai commenti sintetici dello scrittore riportati in fogli di varia dimensione, conservati dentro ai volumi stessi e mai studiati fino ad oggi.
Si tratta di un cammino filologico e sentimentale, che prende corpo anche nello studio del Diario dello scrittore, dove si ritrovano echi danteschi e le interrogazioni radicali nei saggi a carattere religioso di Fede e critica, solo parzialmente editi. Veniamo dunque a conoscere come Morselli leggeva. Guido Morselli
“ama annotare i libri saggistici, un corpo a corpo intensissimo, a volte sfibrante, a tratti polemico, sempre pignolo, con la voglia e la curiosità di capire, andare a fondo anche nel modo più semplice, come attestano le schede, spesso correttive, apposte a margine sulle letterature o altri volumi, dove lo scrittore non si ritiene soddisfatto delle poche righe su qualche personalità, oppure non le conosce, e si perita di compilare una scheda biografica dove trova spazio”.
L’emozione di aprire un libro appartenuto al tuo scrittore amato è quasi un culto, un’emozione poetica, stendhaliana, una sicura fonte di ispirazione. C’è qualcosa di religioso, devozionale. “Ho ripreso per questo volume gli studi al Fondo Morselli della Biblioteca Civica di Varese, con la stessa emozione di vent’anni orsono, convinto a riflettere su questo autore dal magistero di Giorgio Barberi Squarotti che, in un intervento sul romanzo del Novecento al Suor Orsola Benincasa, proponeva di leggere la narrativa morselliana sotto la sofferta lente di una antitesi dialettica alle forme del tragico cristiano, di cui lo studioso ha più volte delineato in modo magistrale i termini”.
Leggere gli autografi che hanno sofferto il tempo, sfogliare le pagine tanto amate dallo scrittore è davvero una sorta di moment of being potente e indimenticabile per uno studioso. Si tratta di “suggestioni dall’odore remoto dell’inchiostro sulla carta fragile e ingiallita, per lo più contrassegnata con la leggerezza di una matita”. Chiediamo direttamente allo studioso Fabio Pierangeli come la lettura dantesca e le riletture appassionate della Commedia hanno influenzato l’opera di Morselli.
“Dai fitti appunti sulle varie edizioni della Commedia che ci sono pervenute nella Biblioteca personale dell’autore, ora pregevole Fondo Morselli alla Biblioteca Civica di Varese e dalle rare ma significative citazioni nei saggi e nei romanzi, credo di poter affermare che Morselli conoscesse a fondo la Divina Commedia e sicuramente La Vita Nuova. Non si può parlare, tuttavia, di un autore centrale per la sua formazione a livello di alcuni scrittori francesi, Proust su tutti, oppure di Leopardi o di d’Annunzio. Specialmente nella trilogia di Fede e critica, di cui soltanto la parte centrale, ovvero il secondo volume è stato pubblicato da Adelphi, Dante, in quanto sommo portatore della visione cristiana del mondo medievale, è un interlocutore privilegiato per gli interrogativi più profondi che minavano un serio tentativo di credere, su tutti il problema del Male e dunque del libero arbitrio. La serietà del lettore onnivoro e dilettante, anche nel caso di Dante, è testimoniata da una ventina di foglietti in cui Guido aveva appuntato, a più ripresi, i luoghi e alcuni versi per lui più importanti, con scelte anche molto insolite. Non mi pare di riscontrare una predilezione per una delle tre cantiche, ma certamente le questioni teologiche della fine del Purgatorio lo interessano molto. Tra le righe, con Dante, il dialogo serrato, a tratti commovente, è con Agostino e Tommaso, specialmente negli anni Cinquanta. Citazioni significative si trovano anche nel romanzo Uomini e amori e Dissipatio H.G. ripresenta strutture dantesche. Leggere questi foglietti, la scrittura minuta di un tempo passato, è stato una esperienza indimenticabile, entrare in punta di piedi nell’anima gentile e tormentata, intelligentissima, dell’autore di Roma senza papa”.
Studiando da decenni l’opera di Morselli come e perché questo studio dantesco ha confermato o modificato la tua idea dello scrittore?
“Credo che questo studio abbia confermato alcune mie idee sullo scrittore, attorno, appunto, agli interrogativi radicali, e abbia dimostrato ancora meglio il significato che voleva dare lo scrittore definendosi dilettante della cultura, contro le chiuse accademie a volte spocchiose. Lo studio della Commedia, probabilmente condiviso con un’altra persona, presumibilmente donna, stupisce per la accuratezza degli appunti che rimandano, spesso alle glosse e viceversa. Soprattutto gli appunti sulle edizioni della Commedia aprono un colloquio aperto con altri libri, con sotterranei incroci di una memoria prodigiosa. Si ha l’impressione che la sua biblioteca sia un coro di voci plurali, nel tentativo di una comunicazione totale, verso una concezione dell’uomo libero da steccati, in dialogo. Quella comunicazione che ha cercato, spesso vanamente, con gli intellettuali del suo tempo. Non ho trovato tracce di una ipotesi di saggio su Dante. Quegli appunti sono di un lettore curioso che cerca l’anima del mondo, le risposte ad interrogativi sul senso della vita che qualificano l’uomo. Immerso nella sua biblioteca, tra i suoi foglietti fragili mi è capitato di sentirmi come il protagonista di Dissipatio H.G. intento a preservare dal diluvio tracce del miglior patrimonio culturale e scientifico dell’umanità. Da portare a memoria nel caso di una solitudine imposta e straziante. Cercheremo, sempre, tuttavia, anche di incontrare di persona le donne, gli uomini, l’altro insomma, come abbiamo imparato chiusi in casa per la pandemia. Ma la lezione sembra non aver avuto effetti duraturi”.
Dissipatio HG è tornato in auge durante il periodo della pandemia, ma quali altre opere morselliane andrebbero conosciute e studiate?
“A mio avviso tutte le sue opere, molto diverse, andrebbero lette e studiate, come stanno facendo lettori e studiosi di Morselli, dalla storica e attenta curatrice per le edizioni Adelphi Valentina Fortichiari ad una bella squadra di giovani studiosi, di cui tu, Linda Terziroli, sei un punto di riferimento, non solo per le curatele e la bellissima biografia, ma per aver dedicato una buona parte della tua vita alla divulgazione delle sue opere. Per la mia sensibilità di lettore prediligo senz’altro Il comunista, naturalmente Dissipatio H.G. e i saggi a carattere religioso. Spero che possiate pubblicare anche gli inediti di Morselli, l’interessantissimo teatro, le due sceneggiature, a mio avviso tra le migliori scritture di Morselli, i due volumi mancanti per completare la trilogia di Fede e critica. E non si dimentichi il teatro e gli interventi giornalistici, insieme ad alcuni racconti. Insomma un autore completo”.
Qual è il segreto dell’attualità di Morselli?
“Come i grandi scrittori è inattuale perché astrae, anche nelle opere più specificatamente di ambientazione storica, come Il comunista, dalla cronaca per sprofondare negli abissi degli archetipi che si ripetono nella storia umana, sempre gli stessi e cangianti. D’altra parte ha saputo interpretare con intelligenza il suo tempo. Auspico che anche la parte inedita del Diario possa essere pubblicata e messa a disposizione dei lettori. Sono convinto che Guido riservi ancora molte sorprese, con la capacità di parlare al presente e al futuro”.
Quali opere di Morselli leggeremo tra cinquant’anni (ovvero a cent’anni dalla morte)?
“Ritengo che Contro-passato prossimo e Dissipatio H.G. siano le opere da far circolare di più per i nostri figli, nella speranza di un mondo migliore, senza armi. Purtroppo, più che al futuro, questi libri parlano al presente, nella minaccia di una estinzione. Come scriveva Etty Hillesum nel suo Diario prima di recarsi volontariamente ad Auschwitz per rimanere accanto al suo popolo «A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un frammento di amore e di bontà che bisognerà conquistare in noi stessi. Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccombere». Ecco la lettura di Guido Morselli è un frammento di amore e bontà, pur nella drammaticità dei suoi interrogativi. Anzi dentro queste interrogazione proprie del genio e dell’uomo sensibile”.