22 Dicembre 2017

Babbo Natale non abita ad Amazon. Le Edizioni E/O contro il colosso. Ecco perché hanno fatto bene; ecco perché sono solo dei piagnoni

Hanno ragione loro… sono sempre i deboli a pagare!

Sappiamo tutti cosa sia il libero mercato. Lo sappiamo per aver studiato la storia del capitalismo e, ogni giorno, con i nostri occhi ne constatiamo l’essenza proteiforme attraverso le sue derive, quali il neoliberismo. Al di là degli ingenui sogni e ideali di certi pensatori liberali, di ieri come di oggi, il mercato lasciato a sé stesso genera unicamente mostri. Uno di questi è Amazon. Il colosso dell’e-commerce ha smaccatamente dato prova della sua vera natura di recente, in particolare nel rapporto con il già agonizzante mondo dell’editoria. I testi delle Edizioni E/O sono stati rispediti al mittente o, in alternativa, ne è stato bloccato l’acquisto. A cosa è dovuto un simile atteggiamento? Semplice: la casa editrice in questione ha rifiutato di piegarsi alla legalissima forma di strozzinaggio imposto dal noto distributore. Vi siete mai chiesti come Amazon arrivi a proporre certe vantaggiose offerte? Sia chiaro, la stessa domanda si potrebbe porre per qualunque centro commerciale, o grossa realtà economica. Com’è palese a chiunque non creda più in Babbo Natale, nessuno regala niente. Per garantire certi prezzi bisogna tagliare da qualche parte e, va da sé, chi governa nel gioco del mercato non è certo disposto a “fare distinzioni poetiche”, per dirla con Dalla, nella fattispecie a venir meno ai propri profitti. Solitamente, sono gli anelli deboli della catena a pagare, i lavoratori. Sappiamo tutti – o almeno chi tra di noi vuole sapere – delle agitazioni sindacali nel magazzino di Piacenza.

fais
Lui è Matteo Fais…

C’è arrivata voce di certi problemi con le tasse. In due parole, Amazon non è un dispensatore di gioie animato da una sincera smania filantropica. Semplicemente è munifico con il posteriore degli altri. Inutile sperare che queste parole sortiscano alcun tipo di effetto. Il consumatore è consumatore e, come tale, non conosce alcun tipo di etica che trascenda il denaro. Egli è, in sostanza, un animale che reagisce a degli stimoli, una patetica versione del cane pavloviano. Non gli importa neppure che quel lavoratore costretto a condizioni di lavoro disumane sia suo figlio. Per lui conta solo quell’euro risparmiato. Non si cura di possibili derive, quali il fatto che, un giorno, solo un’entità così mastodontica controllerà la circolazione dei libri e quindi delle idee, dopo aver fatto fuori tutte le piccole realtà intermedie. No, non gliene frega nulla al consumatore della libertà! Anzi, per intrinseca natura ontologica, egli anela alla sottomissione. Vuole essere indirizzato, guidato, indotto all’acquisto, vuole che qualcuno scelga per lui ciò che deve essere scelto. Quello che auspichiamo, per “vizio assurdo” di difendere le cause perse, è che alcuni di voi, in un atto di contrapposizione altrettanto vano, acquistino un libro delle Edzioni E/O. Sappiamo già, a ogni modo, di non potercela fare. Loro sono quelli che hanno avuto la meglio nel corso della Storia e il tempo che viviamo ne è la prova. Ma resta un flebile anelito, un sibilo spezzato di disappunto in gola, una voce dal petto che non potevamo trattenere e che ci ha spinti a questo gesto di rabbia e solidarietà. Speriamo unicamente che questo non sia l’inizio della fine. Comunque, “Io, il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me”.

Matteo Fais

 

Hanno ragione? Allora bisogna andare fino in fondo. Tra Slow Food dell’editoria e clausura

Odio il piagnisteo, le frasi fatte, la retorica dei più buoni del reame. Caso del giorno, natalizio: le Edizioni E/O dicono no ad Amazon. Figuriamoci se io, una nullità, non sto dalla parte dei Davide contro i Golia. Però a volte i Davide non vanno fino in fondo, non la dicono tutta, usano la fionda per abbattere il boss, ma non hanno le foia di decapitarlo con la spada. Partiamo da qui. L’editoria è il ‘cibo dell’anima’ e come il cibo è questione di enogastronomia. Gli editori, per sopravvivere, non hanno cucinato sempre roba buona, spesso ci hanno proposto emerite puttanate. Ci sta. Ora, però, decenni di hamburger di pessima qualità hanno azzerato il gusto dei lettori, proni all’ovvio rispetto al genio (basta vedere le classifiche di vendita). Bisognerebbe costruire una specie di Slow Food del libro, possono farsi guida i cavalieri senza macchia delle edizioni E/O – che non stampano sempre grandi libri… – con osterie della buona qualità libraria, università dell’alta letteratura, prodotti librari ‘certificati’, raffinati, d’eccellenza. Insomma, un mondo altro rispetto alle grandi catene commerciali e distributive. L’altra faccia della verità che quelli di E/O non dicono, infatti, è che oltre ad Amazon – dove, a onore del vero, oltre alle puttanate di carta ci sono anche edizioni fuori commercio, libri di rara bellezza, i tartufi editoriali, c’è, sonoramente, di tutto, per cui conta e vince il giusto del lettore, forse è quello a essere irrimediabilmente sputtanato – c’è un altro problemino. Il problema è il sistema distributivo e librario italiano, in mano a pochissimi colossi, danarosissimi.

davide
…questo è Davide Brullo

Dove sono le librerie come “essenziali luoghi di ritrovo e di cultura” palesate dai pavesati paladini E/O? Le Feltrinelli o le Mondadori disseminate lungo il Belpaese sono la brutta copia di una libreria, sono i centri commerciali del libro, l’avvilimento della decenza libraria. E hanno molti, molti, molti meno libri disponibili di Amazon, dunque, se tanto mi dà tanto, meglio il tantissimo di Amazon che l’una tantum della libreria civica dove non trovo mai quello che voglio. Vengo al nocciolo. Quindi? Quali sono le risposte editorialmente convincenti di fronte alla prepotenza del mercato? Due. Vengono entrambi da Rimini, terra di folli felliniani e per anni polo editoriale importante. Il primo esempio, radicale, è quello della Raffaelli editore. 25 anni di attività, catalogo illuminato, Walter Raffaelli continua a pubblicare libri ‘fuori mercato’, dai Quattro quartetti di Thomas S. Eliot in una nuova traduzione a Ezra Pound, ai grandi autori ripescati (Francis Jammes, ad esempio), ai grandi poeti di oggi, del resto del mondo (s’è imbarcato, per dire, nell’avventura di pubblicare l’Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea che in altri tempi, bibliograficamente migliori, era vanto Mondadori). La sua non è una impresa editoriale, è un’isola. L’editore, infatti, ha deciso di non avere più nulla a che fare con i distributori né con le librerie né con Amazon. I libri di Raffaelli li trovi da Raffaelli: gli scrivi e li ordini o lo vai a trovare. Come una osteria pentastellata dal Gambero Rosso dell’editoria (volume che andrebbe pensato e fatto, a favore dei lettori quelli veri, pochi-ma-buoni). L’altro esempio è Guaraldi, storico editore, pronto alla battaglia (nel 1974, insieme a Marsilio e a Mazzotta, fu l’eroe del ‘Convegno per una Editoria Democratica’, sotto gli occhi dell’allora deputato Giorgio Napolitano), che l’anno scorso ha dichiarato l’autoesilio dal sistema editoriale italiano. Attraverso CreateSpace, creatura Amazon, l’editore, la griffe che autentica la bontà del contenuto, edita e stampa alla bisogna, “Così si realizza quanto ipotizzo da decenni: l’editore torna a progettare contenuti. Con un vantaggio: stampi quanto ti serve e ti promuovi in tutto il mondo”. Restano gli scrittori. Hanno le palle di rischiare tutto? Agli scrittori non resta, se sono in grado di fare il capolavoro, di guadagnare meno e scrivere meglio.

Davide Brullo

 

Gruppo MAGOG