Si può leggere il secolo attraverso la storia di Alma Mahler Schindler. Pare lei l’ago che fila l’arte, la musica, il processo creativo del Novecento: ha stimolato l’estro di Gustav Klimt, gareggiava in esibizione retorica con Thomas Mann, fu la moglie di Mahler e la musa di moltissimi altri. Aveva una bellezza scaltra, sfrontata, virile. Ha fatto della propria vita – costellata di adoratori e di detrattori – leggenda. Nel mondo inglese, per Bloomsbury, Cate Haste ha firmato una poderosa biografia, Passionate Spirit. The Life of Alma Mahler (son quasi 500 pagine), tratta, giurano, da “diari e lettere finora inediti”.
*
Del libro s’è parlato largamente: la recensione più ampia e utile – che sfiora il saggio – l’ha scritta Cathleen Schine, scrittrice (forse ricordate La lettera d’amore, Adelphi, 1999; Mondadori sta per pubblicare Io sono l’altra), sulla “New York Review of Books”. Il titolo dell’articolo è It Had to Be Her. “Ha adorato l’altare del genio, ha trovato il proprio genio non nel creare ma nell’incarnare l’arte. Fu un maestro frustrato, felice di essere la fonte d’ispirazione per alcune delle più importanti personalità della cultura del secolo. La vera creazione di Alma fu la sua leggenda, un evento operistico fatto di grandezza e squallore. Da un’opera d’arte non trai una storia precisa, fattiva: guardi, ascolti, ammiri. Ciò che Alma, in effetti, ha sempre desiderato”.
*
Incipit del pezzo della Schine. “Come le storie delle donne più note e notevoli, anche quella di Alma Mahler riguarda sesso e potere. In effetti, amava e desiderava entrambi. Tracciando una trama di allusioni, aneddoti, dettagli segreti, ogni biografo, per quanto serio, ci precipita in una vita divertente e lasciva, fitta dei pettegolezzi che aureolano l’esistenza di ogni celebrità. Alma si è sposata e ha avuto relazioni con così tante figure decisive del primo modernismo che è diventata lei stessa una figura fondamentale della musica del XX secolo (attraverso il suo legame con Gustav Mahler), dell’arte (Oskar Kokoschka), dell’architettura (Walter Gropius), della letteratura (Franz Werfel). Nata a Vienna nel 1879, sulla soglia dell’ultimo vagito dell’Impero Austroungarico, morì a New York negli anni Sessanta. Era ambiziosa, desiderava diventare una grande musicista; divenne la musa ispiratrice di grandi uomini. Alcuni la vedono come l’ennesima vittima femminile dell’oppressione culturale. Altri, poiché era narcisista, orgogliosa, antisemita e mentitrice, non la sopportano. D’altronde, anche in vita è stata adorata e insultata”.
*
Amante, amazzone, vampira. Alma Mahler è stata la moglie di Mahler, di Walter Gropius, di Franz Werfel. Una infinità di relazioni le sono attribuite. Un dettaglio, tuttavia, la svela. Ha visto la morte di tre dei suoi quattro figli. María Mahler morì di difterite, a cinque anni; Manon Gropius morì a 18 anni, per poliomelite (a lei Alban Berg dedica il Violin Concerto); Martin Gropius morì a dieci mesi. Le resiste Anna, la seconda figlia, avuta da Mahler. Anna fu scultrice di talento. Superò la madre nell’arte e nell’album coniugale. Moglie del musicista Rupert Koller a 16 anni, visse in Italia – allieva di Giorgio De Chirico, morirà a Roma, nel 1988 –, si sposò cinque volte. Il matrimonio più rapido fu con il musicista Ernst Krenek: durò una manciata di mesi. Il più duraturo, l’ultimo, andò per 18 anni, con il regista tedesco Albrecht Joseph.
*
Elias Canetti odiava deliziosamente Alma. Adorava la figlia, Anna, a cui dedica il romanzo autobiografico, meraviglioso, Il gioco degli occhi (in Italia, stampa Adelphi). “La vidi prima che lei mi vedesse. Più esattamente, vidi le sue dita, occupate a modellare nell’argilla una figura di grandezza superiore al naturale. Il viso restava nascosto… Avevo appena messo piede nella serra che serviva da atelier quando Anna si voltò con uno scatto improvviso e mi guardò in faccia. Ormai ero a pochi passi da lei e mi sentii scosso dal suo sguardo. Da quel momento i suoi occhi non mi lasciarono più… Anna era fatta solo di occhi, tutto il resto che si vedeva di lei era illusione. Era una sensazione folgorante, ma nessuno avrebbe avuto la forza e l’acume per confessarla a se stesso. È impossibile ammettere qualcosa di così mostruoso: occhi più vasti della persona cui appartengono. Nella loro profondità trova posto tutto quello che puoi aver pensato, e adesso che c’è spazio per accoglierlo dovresti trovare le parole per esprimerlo. Vi sono occhi che fanno paura perché mirano solo a sbranare. Servono a rintracciare la preda che, una volta scoperta, è condannata a essere preda: anche se riesce a sottrarsi resta bollata come tale. È tremenda la fissità di uno sguardo inesorabile. Non cambia mai, è prefigurata per sempre, non c’è vittima che possa modificarla. Chi entra nel suo campo visivo è già vittima, non può opporre alcuna difesa, potrebbe salvarsi solo attraverso una metamorfosi totale… La profondità di questi occhi non ha limiti. Ciò che vi precipita non tocca mai il fondo, e nulla ritorna più a galla. Il mare di quest’occhio non ha memoria, è un mare che esige e riceve”.
*
Da Alma ad Anna c’è come una consanguineità nel carisma, qualcosa che viene raffinato fino all’omicida. (d.b.)