
L’opera del lutto. L’Occidente ha “disneyficato” la morte. Un saggio di Roger Scruton
Filosofia
Roger Scruton
Un secolo fa Agatha Christie metteva al mondo una figlia, Rosalind Margaret, nata in agosto, e un libro, il primo, The Mysterius Affair at Styles, che sarebbe passato come “Poirot a Styles Court”. Nel 1919 Agatha Christie ha 29 anni, è figlia di ricca famiglia, è piuttosto audace. Suo marito, Archibald Christie, un anno più grande di lei, era, come si dice, un ‘marcantonio’ dal volto volitivo. Nato nell’allora India inglese, militare di rango, impalmò Agatha – che di cognome faceva Miller e per l’anagrafe era in possesso di un altro paio di nomi, Mary e Clarissa – alla vigilia di Natale del 1914. Prima di conoscere ‘Archie’, Agatha, affamata di vita, era stata con quattro uomini separati. Dopo la Prima guerra, ‘Archie’ fu promotore del British Empire Exhibition Tour: in sostanza, doveva andare in giro per il globo a denunciare la grandezza dell’Impero britannico e a sponsorizzare la futura Esposizione del 1924, a Wembley. I Christie, così, viaggiarono tra Sudafrica e Hawaii, Australia e Nuova Zelanda. Si dice che Agatha fosse una efficace surfista.
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La questione, sonante e tonante, è sempre quella. Insieme a Shakespeare, Agatha Christie è la scrittrice inglese più venduta al mondo. Parlano di un miliardo di copie comprate in UK & Angolofonia, e altrettante copie nel resto del pianeta. In un recente articolo pubblicato per la “London Review of Books”, The Case of Agatha Christie, John Lanchester osa la verità: la Christie vende perché è brava. Stop. Ogni altro discorso sui ‘generi’ e la letteratura alta, bassa o terra-terra muore sul sorgere.
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Della vita della Christie colpiscono almeno due cose. La prima ha origine 50 anni fa e uno svolgimento nel 1971. La firma di Agatha Christie, tra tante altre – a casaccio cito quelle di: Cecil Day Lewis, Iris Murdoch, Robert Graves, Graham Greene, Cyril Connolly –, si dice che convinse papa Paolo VI a concedere il permesso di officiare il rito tridentino in Inghilterra e Galles. Il territorio è quello della riforma conciliare, che per diversi artisti e intellettuali raffigurava l’emblema della vittoria della modernità sulla tradizione. Il testo, appunto, è noto come “The Agatha Christie Indult”.
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L’altro è il mistero che da sempre aleggia sulla biografia della Christie. L’ombra bianca. Il sussurro del nulla. La scomparsa di Agatha Christie, accaduta il 4 dicembre del 1926. All’epoca, la Christie aveva scritto pochi libri ma buoni, insistendo soprattutto su Poirot (Aiuto, Poirot!, del 1923 e L’assassinio di Roger Ackroyd, del 1926), inventando altri personaggi, che avranno minor consistenza letteraria: la coppia Tommy e Tuppence (Avversario segreto, 1922), il Colonnello Race (L’uomo vestito di marrone, 1924) e il Sovrintendente Battle (Il segreto di Chimneys, 1925). Per dieci giorni della scrittrice di fama non si seppe nulla: la sua scomparsa divenne un caso da romanzo. Anche Arthur Conan Doyle, di cui la Christie era una fan, occultista per passione, si mise a ordire una seduta spiritica per capire se si fosse perduta tra i morti.
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Agatha non fece cenno alla scomparsa, mai, se non in una intervista rilasciata al “The Daily Mail” nel 1928: “Quella notte mi sentivo terribilmente triste. Sentivo di non poter più andare avanti. Sono uscita di casa in uno stato di forte tensione nervosa, con la certezza di dover compiere qualcosa di disperato… quando ho visto la cava di gesso, lungo la strada, mi sono precipitato verso di essa. Ho mollato la guida. L’automobile è sobbalzata, sbattendo contro qualcosa. L’impatto mi ha scagliato sul volante. Fino ad allora ero la signora Christie”.
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La storia, ricostruita minuziosamente, giorno per giorno, grazie a un lavoro di ricerca compiuto setacciando i giornali dell’epoca, da Tina Jordan sul “New York Times” – titolo: When the World’s Most Famous Mystery Writer Vanished –, parrebbe, nel suo stato di rebus, banale. La polizia annaspa – in un articolo del 13 dicembre 1926 si dice che “sono impiegate nelle ricerche della signora Christie tra le 10 e le 15mila persone, segugi addestrati e cani poliziotti alsaziani”. La macchina incidentata è trovata quasi subito. Senza la scrittrice. Qualcuno è certo del suicidio, un’altra pista è che sia a Londra, “camuffata con abiti maschili”. Altri ritengono che sia impegnata a risolvere un ‘caso’ vero, coadiuvando i servizi. I maliziosi dicono: perverso modo per far levitare le vendite dei libri. Quarant’anni fa Michael Apted – quello di Gorky Park, Gorilla nella nebbia, Nell e Extreme Measures – girò un film sul Segreto di Agatha Christie con Dustin Hoffman e Vanessa Redgrave nei panni della scrittrice.
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Il ‘segreto’, trattato come un avvincente noir dai giornali dell’epoca – la scrittrice avrebbe lasciato delle lettere, la polizia adoperò perfino il suo cane per rintracciarla – ha una soluzione semplice. La gelosia. Dieci giorni dopo la scomparsa, il 14 dicembre, la scrittrice fu ritrovata all’Hydropathic Hotel di Harrogate, nello Yorkshire. Era registrata come “Mrs. Tressa Neele”. A chi la scoprì disse di avere avuto una amnesia. ‘Archie’, quando andò a prenderla, evitò di fissarla, aveva già capito tutto. Neele, infatti, era il cognome della sua amante, Nancy, di dieci anni più giovane di lui. Il 17 marzo del 1928 Agatha ottenne il divorzio. ‘Archie’ si sposò quell’anno con la sua ‘Mrs. Neele’, con cui viveva dal 1927: fu un matrimonio felice. Dopo il divorzio, la scrittrice partì per Istanbul, poi proseguì per Baghdad, sull’Orient Express. Su quel treno scoprì due cose. La prima fu l’ispirazione forse più poderosa della sua carriera: è del 1934 – tradotto immediatamente in italiano, l’anno dopo – Assassinio sull’Orient Express. L’altra fu un nuovo uomo. Si chiamava Max Mallowan, faceva l’archeologo, incontrò la scrittrice nel sito di Ur, nel 1930, aveva tredici anni meno di lei. Si sposarono quell’anno. Seppellita la moglie Agatha nel 1976, l’anno dopo Mallowan impalmò una archeologa, Barbara Hastings Parker. Non fece in tempo a godersela: l’anno dopo schiattò e lo seppellirono, a Cholsey, di fianco ad Agatha. Lei, per altro, conservò il cognome del primo marito: ai diktat della fama bisogna obbedire.
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Al di là della gelosia, il segno che lo scrittore voglia scomparire, celandosi dietro un altro nome, è emblema. Chi dà la vita, può scegliere di togliersela. Abdicare a sé perché sia scintillante l’opera, abiurare la propria vita per quell’altra, fittizia, data a personaggi inesistenti. Abbandonarsi perché ci si ritrova soltanto in una trama fabbricata in favore di altri. (d.b.)