19 Gennaio 2019

Quando l’FBI spiava gli scrittori. Sotto accusa: Hemingway, Truman Capote, Ray Bradbury, Norman Mailer…

Problemi di pruderie? C’è qualcosa di giusto, di assolato, di sano in questo libro ‘accademico’ ma decisamente accattivante, pubblicato dalla MIT Press, Writers Under Surveillance, in cui tre studiosi e giornalisti di MuckRock – progetto che legge, elabora e discerne dati desecretati, files degni di giornalismo – JPat Brown, B.C.D. Lipton e Michael Morisy, hanno messo in fila gli “FBI Files” che riguardano una dozzina di scrittori di pregio. I grandi. I grandi scrittori americani del secondo Novecento. Che venivano seguiti e spiati dall’FBI, la polizia federale del governo statunitense, “con lo stesso scopo che aveva la Stasi in Germania Est, ‘conoscere tutto di tutti’, obbedienti al principio che chiunque avesse messo in discussione la beata American Way of Life era degno di essere schedato e investigato” (così Douglas Kennedy in un ottimo articolo pubblicato da ‘New Statement’: Dangerous minds, the writers hounded by the FBI). In fondo, la democrazia americana e il comunismo sovietico, quanto a spiate e a spioni, non furono diversi.

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fbiC’è qualcosa di sano, dicevo. Perché la scrittura nasce per destabilizzare l’ordine, non per costituirlo – lo scrittore solleva il nastro adesivo della retorica statale, statuaria, per assegnare un altro valore alle parole, per lanciare frasi come fiocine. C’è qualcosa di sano nel riconoscere che lo scrittore è un ‘pericolo pubblico’, perché è pericoloso costruire narrazioni rette dalla contraddizione, che obbligano a sintesi spietate, a una conversione radiosa dei propri fantomatici credo.

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Già, ma al potentissimo J. Edgar Hoover, ribattezzato that old cocksucker dal Presidente Nixon – se non capite, smanettate, letteralmente, su Google Traduttore – cosa importava degli scrittori? Era terrorizzato perché gli scrittori mettevano in crisi la sua personalità, ambigua – omosessuale presunto, probabile amante del travestitismo, cinto da una battuta fulminante, che girava nei bordelli di New York: “Hoover gay? Ma va’, per niente. Il suo ragazzo è gay…”. Ce l’aveva con gli scrittori omosessuali e con gli scrittori comunisti. Se poi erano omosessuali-comunisti andava in estasi poliziesca. Di certo, diversi agenti erano pagati per seguire gli scrittori ‘segnati’: le segnalazioni sono così tante e variopinte da poter costruire un quartiere di grattacieli. Ecco gli scrittori – alcuni, i più importanti – che minavano la sicurezza di Stato, secondo l’FBI.

Aldous Huxley: “promuove la pratica degli allucinogeni”.

Ernest Hemingway: era ritenuto un collaborazionista, comunista, colluso con Cuba. Diceva che Hoover era un “mediocre nazista” e che i suoi investigatori fungevano da “cavalleria franchista”. Alla foce del disturbo mentale che lo porta al suicidio sembra esserci il timore di essere spiato ovunque. In un dispaccio a Hoover del 13 gennaio 1961 si legge: “Il Sig. Hemingway ora si premura di farsi registrare in clinica sotto falso nome, è preoccupato per una indagine dell’FBI a suo danno”.

Allen Ginsberg: apertamente omosessuale, ritenuto “pericoloso” dal 1965, all’East Village spinge per la legalizzazione della marijuana. Così gli estratti di una scheda di un investigatore infiltrato a un comizio: “portava sandali alla giapponese e ha pronunciato preghiere indù rivolte a Shiva… Ginsberg ha parlato di Shiva come del dio della meditazione e dello yoga. Ginsberg ha predetto che in cinque anni gli Stati Uniti avrebbero legalizzato la marijuana”.

Truman Capote: investigato, in apparenza, per la sua ambiguità sessuale e per aver fatto parte di un gruppo a supporto di Cuba contro gli Usa. Lui rideva, “ho sconvolto Hoover”, diceva, ammiccando, perché “ho rivelato la sua relazione omosessuale. In cambio, ha prodotto 200 pagine di indagini contro di me”.

Ray Bradbury: cosa c’entra l’autore di Fahrenheit 451 negli schedari dell’FBI? La vicenda è grottesca. In pieno timore cubano, qualcuno, nel 1968, fa la ‘soffiata’ a Hoover: pare che lo scrittore voglia recarsi illegalmente a Cuba. Così, mettono sotto osservazione Bradbury. Esito del rapporto: “Le nostre fonti che hanno familiarità con le azioni di Cuba non sono in grado di confermare il viaggio”. Una bugiardata.

Susan Sontag: un fascicolo sulla scrittrice è stato aperto in seguito alla sua visita ad Hanoi, durante la guerra in Vietnam. Aveva osato criticare “l’intervento americano”.

Gore Vidal: omosessuale e autore di opere problematiche. Lo seguono dal 1960, e quando va in scena a Broadway The Best Man, una satira sulla politica americana, un segugio è in prima fila. Piglia la penna, scrive al suo superiore. “Inutile, stramba, del tutto ingiustificata, farà infelice Hoover”.

Norman Mailer: seguito dal 1962, per 15 anni, su diretta iniziativa di Hoover che pretendeva “un dossier su Mailer”. Viene ritenuto un comunista di platino. Nel 1969 Hoover comanda di leggere e censire il libro di Mailer, Miami and the Siege of Chicago, che contiene riferimenti all’FBI. “Il libro è scritto nel solito stile osceno e grave con dichiarazioni sgarbate, del tipo che ci si possono attendere da Mailer, sull’FBI e il suo direttore”.

Ayn Rand: anche Ayn Rand, nonostante sia anticomunista, è seguita dall’FBI. Il problema, in questo caso, è un articolo pubblicato sul Saturday Evening Post, “indica che la scrittrice è atea”.

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Ciò che stupisce è che in fondo, infine, è che è davvero una mera questione di pruderie e di sciatto opportunismo, un valzer delle moine e delle manfrine. Non siamo al cospetto di scrittori sentitamente ‘rivoluzionari’, non esistono esagitati D’Annunzio, spesso sono comunisti per vezzo – è bello fare il comunista lontano dalle fauci moscovite. Sul voyeurismo di Hoover bisognerebbe scrivere un romanzo. Sul voyeurismo dei ‘servizi segreti’. Quanto al resto, è esistita un’epoca in cui gli investigatori leggevano i libri, andavano, per oneri di lavoro, a teatro, scrivevano recensioni. Senza farsi una cultura, evidentemente. (d.b.)

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