22 Marzo 2020

Gli ospedali diventeranno centri culturali della cura, case editrici, biblioteche del bene. Marco Aurelio in corsia per aiutare la guarigione: “Il mondo si trasforma, la vita è un’opinione”

Portare la parola dove è il male, nel luogo della cura, dove la sua forza è verificata senza scampo, senza infingimento. In questo credo. Quando, a contagio placato, le strutture sanitarie torneranno luoghi della ricerca, dell’avventura e dell’avvenire, questo andrà fatto. Fare degli ospedali dei Centri culturali della Cura. Costruire progetti editoriali all’interno degli ospedali. Cioè, ideare libri; e in concomitanza, scuole di scrittura e spazi di memoria. La cura non può compiersi che attraverso le parole adatte, in grado di innescare il desiderio della guarigione, l’energia. Gli scrittori devono sfidare il luogo del dolore, saggiare lì la parola; i grandi libri devono invadere le corsie, un dono che lenisce i corpi, inaugura pensieri, scatti. Il prototipo di questo progetto, che unisce competenze editoriali e mediche, è stato pensato con la Fondazione Irccs Policlinico San Matteo, uno dei centri sanitari, come si dice, ‘in prima linea’ nella lotta al contagio. In forma preliminare, si sono coinvolti alcuni narratori di oggi – per la collana “I Terapeuti” – e tradotti alcuni grandi libri – per la collana “La ricerca della felicità”. Qui una selezione di brani dal libro (prontuario d’abisso, rigore e vigoria nel sondare il cosmo) di Marco Aurelio, “A me stesso”.

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Di mattina, pensa: incontrerò un ingrato, un imbroglione, un invidioso, un misantropo. Difetti, questi, che provengono dall’ignorare il bene e il male: ma io, che indago la natura del bene, so che è bella; è orrenda, invece, la natura del male. Io che scruto il peccatore so che mi è parente, non per legami di sangue, ma perché entrambi abbiamo la stessa origine divina. Per questo, nessuno mi offende, nessuno mi avviluppa nel male e non posso arrabbiarmi con chi mi è prossimo né odiarlo – siamo nati per lavorare insieme, come i piedi, le mani, le palpebre, i denti. Non è della natura distruggersi reciprocamente – solo i nemici si detestano, si dilaniano.

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Sono solo carne, un filo di fiato, organi. Getta i libri, non hai più tempo! Disprezza, come chi è vicino alla morte, questo groviglio di sangue, ossa, arazzo di nervi, vene, arterie. Considera il respiro: vento, informe, continuamente inspirato ed espirato. Concentra la tua mente su questo: sei vecchio. Non essere preda delle passioni, non ridurti a carcerato dall’ego, non cercare di evitare l’inevitabile.

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Le opere degli dèi sono permeate di provvidenza. Tutto ciò che accade è necessario al Tutto di cui sei parte. Le singole parti dell’universo sono custodite dalla natura del Tutto. Accontentati. Scaccia la tua sete di libri per non morire mormorando, ma rendendo grazie agli dèi dagli abissi del cuore.

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Ricordati quanto tempo hai perso e quante volte non hai approfittato degli avvisi degli dèi. Devi sapere a che mondo appartieni e di quale potenza che guida il cosmo sei espressione. Sappi che il tempo è prestabilito e che se non lo usi per conquistare la pace dello spirito, esso sparirà, tu pure ti dileguerai, e un’altra vita non ti è concessa.

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Comportati con fermezza, con la dignità di un vero uomo – fai ciò che devi con serietà, senza ostentare i tuoi talenti, con amore, con giustizia, libero da false ambizioni. Ci riuscirai ritenendo ogni atto l’ultimo, l’estremo, il definitivo, evitando gli eccessi, l’egoismo, l’insoddisfazione. Basta poco perché un uomo viva una vita pacifica e cara agli dèi: non chiedono altro, infatti, che osservare queste regole.

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Un uomo non è infelice perché penetra nell’anima altrui: è infelice perché non conosce la propria.

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Un attimo – e svanisce tutto – gli astri, la memoria. Cosa sono le cose che ci seducono, che fanno paura, che fanno soffrire, e che gli uomini adorano? Schifo, morte, corruzione, codardia. Su questo deve meditare la ragione: chi sono quelli che in un bisbiglio spartiscono gloria e infamia? Che cos’è la morte? Se, scansata la fantasia, investighi, capirai che non è altro che un fenomeno naturale. Temere un fenomeno naturale è da bambini: e la morte, poi, non è solo un fenomeno naturale, ma è utile alla natura.

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La vita è un attimo, la fortuna è incerta, la fama è frutto del caso; il corpo è fiume che scorre, l’anima è sogno e vanità; vivere è una battaglia in terra straniera; la gloria postuma è oblio. Cosa ci resta, allora? La filosofia. Essa conserva il tuo genio interiore incontaminato dagli insulti e dal male, sovrasta il dolore e il piacere, non ti fa agire in modo falso, non ti fa avere bisogno di nulla, ti predispone ad accettare ogni cosa: soprattutto, ti porta ad accettare la morte serenamente, come una cosa comune, la dissoluzione degli atomi da cui è composto ogni essere animato. Per gli elementi non è un danno mutare di continuo, dunque, perché bisognerebbe temere la trasformazione e la dissoluzione? Tutto ciò avviene secondo natura, e non c’è male nella natura.

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Tutto nella natura è grazia e attrazione: ad esempio, quando si cuoce il pane e si frattura in alcune parti, nonostante le intenzioni del fornaio, è in qualche modo più gradevole mangiarlo. I fichi troppo maturi si spaccano, le olive, troppo a lungo sull’albero, sul punto di marcire, hanno una bellezza particolare. Le spighe che si piegano, lo sguardo di un leone, la bava che esce dalle zanne di un cinghiale: molte cose che sembrano tutt’altro che belle a chi le osserva, in realtà rendono la natura più seducente. Chi è dotato di degna sensibilità e di un pensiero profondo, adeguato agli abissi dell’universo, guarda ogni cosa meravigliato. Costui ammira la bocca spalancata di un animale feroce con un piacere non inferiore all’attenzione con cui guarda il quadro di un pittore; trova bellezza nel viso di un vecchio e in quello di un bambino, e vede altre cose, con lo stupore proprio di chi è dentro l’opera della natura.

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Alcuni sognano di ritrarsi tra i campi, al mare, in montagna – anche tu. Ma questo è proprio di un uomo volgare: infatti, tu puoi ritirarti in te stesso, ogni volta che vuoi. Non esiste luogo di quiete più riparato della propria anima, soprattutto per chi conosce l’arte del contemplare. Raccogliti spesso in solitudine, rinnovati attraverso la meditazione. Non ammettere la malinconia e l’ira: di cosa dovresti alterarti? Della malvagità degli uomini? L’uomo sbaglia senza volerlo: pensa a quanti, dopo aver lottato e malignato, ora sono cenere.

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L’ambizione ti divora? Pensa alla forza dell’oblio, a come tutto è avvolto nell’abisso sconfinato del tempo, a quanto è piccolo il recinto della fama, e sono niente le lodi, una vanità le chiacchiere. La terra non è che un punto nel cosmo – e tu sei un punto in un punto. Ritirati nel campo di te stesso, non essere agitato, non nutrire speranze, ma contempla le cose con la fermezza di un essere mortale. Ricorda: le cose esteriori non toccano mai la nostra anima, i turbamenti dipendono dalle nostre opinioni. E poi: nulla sarà più come è ora, perché tutto è in mutamento. Di questo mutamento, anche tu sei parte. Il mondo si trasforma, la vita è un’opinione.

Marco Aurelio

Gruppo MAGOG