06 Agosto 2020

“L’amore richiede pegni sempre più grandi: finché gli resta da ottenere qualcosa gli sembra di non aver ottenuto nulla”. Credere al desiderio: “Senza domani”, Vivant Denon

Senza domani (Adelphi) di Vivant Denon nasce da una sfida tra amici: come scrivere di erotismo senza cadere nel banale e senza usare parole indecenti.Amavo perdutamente la Contessa di…; avevo vent’anni, ed ero ingenuo; lei mi ingannò, io mi arrabbiai, lei mi lasciò. Ero ingenuo, la rimpiansi; avevo vent’anni, mi perdonò: e poiché avevo vent’anni, poiché ero ingenuo, ancora ingannato, ma non più lasciato, mi credevo l’amante più amato, e quindi il più felice degli uomini”. Avevo vent’anni ed ero ingenuo, come se la cifra dell’età fosse il segno che incide le azioni, come se l’ingenuità fosse il motore innocente dell’erotismo. Senza domani è appunto un racconto del presente, un presente che a vent’anni pare eterno e assoluto, non ha domani questa storia, si compie nell’attimo stesso del suo esaurirsi.

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Denon narra questa piccola vicenda erotica facendo appiglio a tutta l’innocenza e a tutta l’ingenuità dell’uomo giovane e inesperto che crede ancora che se il suo cuore appartiene a una donna questo semplice fatto gli impedirà di provare il piacere erotico per un’altra donna. La storia è sempre la stessa, o quasi: lui, lei, l’altra e l’altro. “La notte era magnifica: lasciava intravedere gli oggetti, e sembrava velarli al solo scopo di accendere l’immaginazione”. Sta nella notte il nido del giorno, nella notte si annida la ragione, si raggomitola come i gatti sotto le sedie, cerca il buio e nel buio gli occhi si velano, perdiamo l’orizzonte, i confini esatti delle cose. Questa storia di seduzione avviene infatti di notte, quando il tempo dell’animale si accende, forma una crepa nella struttura dell’uomo. Una donna adulta e affascinante che “fa nascere tutte le sensazioni, non prova nulla: è di marmo” seduce abilmente questo vent’enne ingenuo. Le azioni che il protagonista commette, partecipe di questa notte senza domani che affonda nell’assoluto del piacere, sembrano non avere peso e responsabilità, tutto è fluido e senza conseguenze. Un gioco, di cui anche lui è stato inconsapevole pedina, appunto l’ingenuo amante.

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Denon riesce a raccontarci con una delicatezza eterna ciò che vuol dire la seduzione, un gioco al massacro dove chi ha meno esperienza perisce, dove dalla notte nascono mostri che si trascinano fino alle prime luci del giorno. Madame de T è regina della seduzione, che deve sempre avvenire seguendo il primo comandamento: la discrezione. “La discrezione è la prima delle virtù: di quanti momenti di felicità le siamo debitori!” Che tutto o niente accada non ha importanza, l’importante è che il percorso dal desiderio all’atto sia un sentiero nascosto, le passioni vanno indirizzate al buio, dove gli occhi non possono trovare i confini, dove solo il tocco ha accesso a questo luogo privato, inferno o paradiso che sia.

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L’amore richiede pegni sempre più grandi: finché gli resta da ottenere qualcosa gli sembra di non aver ottenuto nulla”. L’amore è appunto un atto sacrificale, è un atto sacro che richiede un pegno da pagare e che finché l’amore non si appaga con l’amore stesso chiede ancora, fino all’estasi o alla dannazione. Qui sottilmente Denon ci fa capire la differenza tra erotismo, seduzione e amore. Il piacere è una relazione di scambio reciproco, c’è un patto che si stringe nella notte dell’uomo, un patto della carne che esclude tutte le parole. La parola qui non può far accadere niente, la parola può esistere soltanto prima e dopo quel momento. Se chi pronuncia fa accadere, nella seduzione tutto accade nell’attimo esatto in cui la parola si rende muta, non è più necessaria. Ecco perché Denon vince questa sfida tra amici: nella seduzione non è importante che ci siano parole sconvenienti, si può descrivere benissimo una forma e i colori senza dare prova dei confini. È come essere miopi, qualcosa si muove davanti a noi, esiste eppure ci sfugge continuamente. Possiamo disperarci quanto vogliamo, quando vediamo il dettaglio è troppo tardi, siamo troppo vicini all’obiettivo, c’è lo schianto.

Clery Celeste

*In copertina: una scena da “Barry Lyndon”, il film di Stanley Kubrick del 1975

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