04 Novembre 2020

“Sergio Nelli è un Gesù che, svellendo di tanto in tanto una mano dal chiodo, continua a fumare sulla croce la sua sigaretta di scrittore”

Suddiviso in pensieri numerati progressivamente, come fossero scene di un lungometraggio ancora da montare, Estate Italiana è il folgorante diario di una solitudine che si candida a parlare a nome di quasi tutte le solitudini. Inaugurando una nuova collana destinata a scrittori di altra provenienza e altra destinazione rispetto al suo catalogo, l’editore Les Flauners con Elite offre coraggiosa ospitalità all’ultimo libro dello scrittore toscano Sergio Nelli (curatela Davide Grittani, in copertina l’opera Fiat Seicento dell’artista Giuseppe Bartolini). E lui ripaga con brani dalla straordinaria forza evocativa, con le confessioni viscerali che l’hanno imposto come uno degli autori più autentici tra quelli in circolazione: «Il Covid è entrato nei miei sogni e mi fa leggere più di quanto voglia di storie e ricerche. D’altronde, se non ci fosse la medicina io sarei già morto tre volte». E poi ancora: «Faccio un po’ di cyclette e mio malgrado mi metto a sognare a occhi aperti, chi, che cosa? Tu, giovane donna. Due caschi, lo scooter, filiamo sui viali alberati, estivi, mi abbracci, piano, come ondeggiassimo, to’ un cavallo, to’ una certosa. Il seno, donna, mi pressa la schiena, è dolce, i cipressi in fila, il ristorante all’aperto, i filari di viti. Ti sento. Le tue mani magre. To’, quasi mi viene voglia di toccarti dietro, tra le cosce, di scostarti le mutandine. To’, quando ero giovane abbracciavo i guanciali, altro che questo – l’acqua sotto i ponti non è mai la stessa… Sai che produciamo spermatozoi anche dopo la morte… ops scusa… non è certo questo che vuoi sentire. La cuccagna, la cuccagna… bicchieri pieni di ghiaccio con l’ombrellino, vestiti leggeri, odori di piscine, luce, buio…».

Autore di Albedo e prima ancora di Orbita clandestina, Nelli torna in libreria con un diario che racconta i giorni immediatamente successivi alla reclusione pandemica della scorsa primavera. A vent’anni di distanza dalla prima edizione di Ricrescite, lo scrittore racconta un’estate antica e perenne, evoca le muse della memoria, tratteggia l’incerta condizione di tutti ed esalta la vita risparmiata dal dolore. Nelle pagine di Estate italiana, il Paese che ce la fa e quello che spera di potercela fare («Pensai che pure Cristo in croce aveva bisogno di una sigaretta, che anche la sua mano liberatasi dal chiodo se la portava alla bocca aspirando. Così l’accesi continuando a guardare i tre che godevano insieme del bagno e della frescura»): non un libro sul dopo Covid, ma un’opera letteraria che attraverso le ferite di un interprete si fa carico di raccontare le suture di tutti. Estate italiana si candida a diventare il manifesto della resistenza di un popolo, la tenacia che ognuno di noi mette nei suoi gesti quotidiani.

Con questo libro Sergio Nelli sale sul tetto più alto dei suoi esiti letterari, mostrando l’ironia e la perfidia di una scrittura così utile come non si leggeva da tempo («C’è chi ha scritto nondimeno sui muri l’essenza della movida in un inglese indigerito, life is no, alterando il destino di una frasetta pubblicitaria. In un sottopasso qualcuno fortunatamente ha replicato a distanza con l’antico fica… a caratteri stampatello»). La sua Estate è quella di tutti, il suo tempo un libro aperto. Arricchito da due straordinari blurb di Antonio Moresco («Che bel libro mentale e fisico! Sguardo radente sul mondo, sorpresa, pensiero, poesia, nostalgia, malattia, delicatezza ferita, amarezza, contrasto, scatto… Sergio Nelli è un Gesù che, svellendo di tanto in tanto una mano dal chiodo, continua a fumare sulla croce la sua sigaretta di scrittore») e Vanni Santoni («Sergio Nelli è uno dei maestri segreti della nostra letteratura, e in questo libro torna alla forma epigrafica e ibrida – e quindi per lui più pura – dei suoi testi migliori»), questo testo contiene la forza di tutte le assoluzioni e anche il nichilismo necessario per flagellarsi, il filo di cotone su cui cammina l’autore è quello che si lecca prima di infilarlo nella cruna dell’ago della nostra esistenza. Ma la Bibbia non c’entra, qui di sacro c’è solo la fuga verso la nostra sopravvivenza.

*In copertina: Otto Dix, “Crucifixion”; litografia dal ciclo dedicato al Vangelo secondo Matteo, 1960

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