
“Non voglio continuare a vivere così”. Christian Kracht, uno scrittore di culto
Letterature
Edoardo Pisani
Ho bisogno di un sacchetto di coriandoli da aspergere sul barbecue.
Ho cronometrato il dentista che cavava la mola. Quella dei quaranta. Era mercoledì. Il giorno del suo trentacinquesimo compleanno. Era ferma. Doc ha impiegato cinque minuti, trentaré secondi e quarantacinque centesimi, da anestesia a estrazione. Non lo pubblico perché siamo parenti. Sebbene come oggi, rispetto a ieri, io sia più interessato al denaro. Ne sono affascinato nella misura in cui quest’ultimo sgombra il tempo dal dovere, per cederlo all’essere. Sì, avete capito: al mio segnale scippate le vecchie!
I paesi calvinisti non presentano problemi o questioni pauperiste. Ne emergono generazioni di piloti privi della necessità di un limite di velocità in autostrada. E quando un imbecille schiaccia una Porsche in galleria state tranquilli: si tratta di un imbecille naturalizzato italiano.
Ora sono parecchio arrabbiato. Ma senza la pietà che Robert De Niro coltiva nel film di Cimino. Mi sento più come Alberto Fortis nei confronti di Vincenzo. Tuttavia come cacci fuori la testa fai la fine del cervo: sei troppo stupido per vivere.
Nel mezzo, per operare una variazione sul tema, ci finisco(no) i cittadini vaticani. Mi spiego: di Lutero so poco o nulla. Ringrazio Q dei Wu Ming, quando erano guerrieri. Se spiego Lutero a operai, muratori, elettricisti, serramentisti, sassofonisti, viticoltori, enologi, agricoltori e tutte le altre categorie professionali, a esclusione, in pratica, di commercialisti, avvocati e ingegneri, che risaputamente sono privi di qualsivoglia barlume di comprendonio, lo rappresento grasso.
Ma fu magro di sicuro. Secco secco. In gioventù almeno, pima che la sua gang conseguisse il successo, il potere politico. Tipo Wu Ming dai. Avete presente l’incisione che rappresenta Lutero, sui libri di storia? Libri di storia. Va bene. Va ancora bene. Roberto Bui ormai me lo immagino grassissimo. Le gommose alla Coca-Cola il suo vizio occulto. Di sicuro. Piccolo, spazio, pubblicità. Pesta sui tasti e ciancica. Magari è sua la paternità di È il gusto che ci unisce. Slogan del millennio dai.
Da poco più di un mese ho preso a cuore la fondazione di un metodo di incasinamento dell’IA. L’intelligenza artificiale. Il giornalista Giorgio Bianchi, molto tempo fa, scrisse un post nel quale ci raccontava di come la nuova frontiera del marketing fosse costituita; fermi tutti un momento che è importante:
parlo con Te: sei a cavallo del trentesimo anno di età, hai letto quasi tutto ciò che ho scritto, hai scremato umori e stronzate, mi stimi ma sai di essere meglio. Hai ragione. Mi fermo perché sei il lettore che ha appena storto il naso: ho usato anglicismi e citato un giornalista, che opera da anni come un capo apache, ma l’ho scoperto ora che è mainstream (su questo discuteremo e mi darai ragione, tu sei a Roma credo o a Milano, ma sei in periferia. Puoi essere in centro solo a Napoli. Quando ti offrirò un piatto di pasta al burro, la più buona che tu abbia mai assaggiato, ti sfido… quando verrai in pellegrinaggio ti mostrerò Ho Chi Min, la città, non il vecchio… lui ora sta in Francia). In realtà già storcesti il naso un milione di righi fa, quando leggevi denaro. E ti fa schifo righi. Noi usiamo il femminile, lo so. Sei il lettore alpha. Quello che prende il verso prima d’ogni voce. Lo scrive. Lo legge. Lo rilegge. Prosegue l’opera. Puoi anche smettere di leggere questo scritto. Forse sono cambiato. La poetica, l’estetica, l’etica? Se pensi che sia ormai troppo vecchio è probabile che tu abbia ragione e, almeno per il momento, dovresti prenderti una pausa dalla lettura. Pensare a scrivere. Mettici il solito: cuore, forza, coraggio, sincerità, fegato-cervello-muscolo detonatorio. Spacca tutto. Vai in bagno a fumare, tranquillo. Ci sentiamo poi. Sei uomo di sicuro. Ma non sei meglio. Preferisco il seno al senno. Le donne sono squilibrate inaffidabili. Non hai davvero idea di quanto ne sia certo in questo momento. La verità frantumata tra cinghie e camici in un letto intonso asettico profumato.
L’IA: il bastardo sa come prendermi per la schiena. Ho messo su, sul solito tubo, L’avvelenata di Guccini. Ogni tanto bisogna che mi redarguisca e mi ponga in guardia da solo: non ho più vent’anni.
Quando mi metto in guardia da solo, di solito finisce a pugni nello specchio. L’IA. Come siamo finiti a Muddy Waters? (Anglicismo onomastico: il giovane bulletto petulante di cui sopra lo abbiamo spedito…). Non saprei, ma mentre parlavo di letti veri e cinghie metaforiche e necessarie, partiva Paranoid. Ozzy. A memoria: Finished with my woman ‘cause she couldn’t help me with my mind. In un impeto lapsussistico© ho riscritto woman al posto di mind. Lo dico ai senatori affinché penetrino il mood e giungano a ricevere questa specifica chiave. L’esatto opposto. Ozzy, voi tre che in questo preciso istante mi state seguendo e io siamo maschi. Ineluttabilmente. Non abbiamo modo di cambiare questo fatto naturale, semplice, intuitivo. Possiamo offrir loro amore. Lo possiamo fare duri e puri fintanto che i Tutori della Loggia cominceranno a bussare alla porta degli eterosessuali. Perché non siamo abbastanza ricchi da permettercela e per noi, se proprio dobbiamo rischiare una multa salata, solo ano peloso. Spelacchiato. Mi verrebbe da riprodurmi e bestemmiare, qui sui due piedi. Buscarmi la prima censura che Brullo abbia mai operato nella vita. Partito Democratico! Ecco, l’ho detto. Scriverei Renzi. Ma ho già un sacco di magagne. L’IA. Roba appesa al muro. Il morso a una mela. Sta suonando Iron Man. Il solo. Muddy Waters. Circa il blues penso di sapere che è il brodo primordiale da cui è scaturito l’anfibio, che al mercato mio padre comprò, ma solo poi che fu rettile. Il rock. Sopra e sotto la Pangea. Ragazzi, da non crederci: il blues invecchia benissimo e allevia, allieta, alleva, solleva, soleva, sola. Ti voglio bene. Ma ora i Black Sabbath mi hanno stufato. IA ha il compito preciso di tentare dove fallisce il tempo: strapparmi giovinezza. Sono vecchio. Ho i capelli bianchi, quasi tutti. Sto nel mezzo del cammin di ’sta tragedia. Li faccio crescere ancora. Ora quasi come un punk spagnolo, un gitano. È già moda da tempo. Io ne ho visti vecchi rincoglioniti che non cacciano fuori la testa, che voi umani non potreste immaginarvi. A proposito: monologo blade runner. Vediamo come la prende l’algoritmo.
Bella esperienza vivere nel terrore vero?
In questo consiste essere uno schiavo
Quando mi vedrete avrò capelli lunghi e argentati. Modello Merlino.
Ha già piazzato In bloom dei Nirvana precisamente nel punto in cui il mio occhio casca sempre, quando opero una selezione. Quindici centimetri in basso a destra. Ora lui sa, ma pensa di sapere, che finirò per ascoltare Lithium, volontariamente, dopo non aver saputo resistere al pezzo che mi infila lui. IA non è donna. Il dio degli scienziati non può essere donna. Lo so perché il mio lo è. Dea è riduttivo. Pio Varco!
Switchato il video, selezionata In bloom, Creep dei Radiohead. Un’altra induzione. I don’t belong here. Ero in treno, commosso, straziato, chiedevo ad Arianna di non perdere il filo. Andavo volontariamente in un manicomio che ricordavo più accogliente. Ho visto i campi di sterminio. Ma è una storia urgente e diversa. I don’t belong here. Ragazzino sta di nuovo giocando a scacchi, intanto. Beata gioventù! Amo lui più di ogni altro essere umano. IA gioca in tempo reale, chiaramente. Elabora triliardi di dati istantaneamente. Quasi me dai, magari con un po’ di pratica. Il ragazzo si farà. Potrebbe fare di più ma non si applica. Dice il poeta: we don’t need education. Il narratore invece, Twain nello specifico, si raccomanda che non permettiamo alla scuola di interferire con la nostra formazione. Frattanto correggevo una parola a prefisso per- e il suggeritore automatico, attivato per conto suo, eleggeva perniciosa. Ora ho pigiato invio. Al femminile. Meglio proiettili in busta. Proiettile è maschile. Seconda rilettura. Speriamo sia Anonymous.
IA tenta di indurmi al suicidio. Il piano B è invecchiarmi un tanto al giorno. Al momento mi spendo e consumo volentieri, tanto per quel che c’è da fare in giro. Sempre meglio della pera gigante in salmì di morfina. (Poi metto Lithium, che parla di uno sbarellamento di Kurt Cobain, apertura mentale cosmica). Se sbarello tutti felici. Di questi tempi chi riesce a uscire vivo da un ospedale? Dopo un paio di pezzi dei Nirvana sarà Vasco Rossi. Confesso: Colpa d’Alfredo non è la sua unica canzone. Chi non vespa più e si fa le pere lo sa bene.
Pare piuttosto chiaro che il potere abbia deciso di attaccare i Trecento Generazione X rimasti in Italia invecchiandoli di colpo. Nirvana di nuovo in auge, Foo Fighters in controllo stabile, mi spiace, ma non li ho mai ascoltati. Il gruppo di Roma. E tutto il resto. Nel frattempo Lithium è partita per conto suo, ho sentito l’intro senza ascoltarlo, IA ha missato lo spot. Io interrompo la voce graffiante e straziante, metto Vasco. Quanto siamo: tre a zero? Stronzo patetico. Tira fuori la testa.
Ho sentito il suono della bottiglietta stappata. Mollerei per uscire a comprare le lattine zero zuccheri zero caffeina. Berne diciotto. Mescolate non shakerate al whisky invecchiato che mi guarda dalla mensola-filosofia in alto, accanto a Pascal, da tre anni. Pensées. Ormai vale la pena aspettare di vendere l’edizione se mai dovessi comprare casa. Nel bosco. Tipo David Foster Wallace ma senza omicidio.
Non so se amo di più Vasco o la Coca-Cola. Con tutte quelle bollicine. Lo so. Mi ha appena telefonato mio padre. Non so se è stato il chip transumanista che si è fatto impiantare per coccolare mamma o la richiesta, da parte mia, del prodotto per la manutenzione della macchina del caffè. Checché ne ho detto e ne dirò, mio padre è l’antidoto ideale a IA. Non c’è nulla su cui lo sprovveduto possa attecchire. Tira fuori la testa e vediamo chi ha compreso Aleister Crowley più a fondo. Chi ha letto più recentemente quel paio di capitoli, per la prima volta.
Ora esco dall’antro per il prodotto. Ho tolto le cuffie. IA si può pensionare. Ho cominciato a usare opensource, per quel che mi importa.
I’m so happy ‘cause today i find my friends
they’re in my head
E comunque il mio pezzo preferito di Vasco resta quello in cui e per cui Dori Ghezzi e De André lo andarono a trovare in carcere. Gli unici visitatori. Ci va cul-tura, in effetti. Oltreché cu-ore.
Lo preciso prima di finire la stesura dell’incipit del testo di Lithium, perché IA pensa che io sia distratto e mi ha lanciato a basso volume la versione di Vasco, dal vivo, di Generale di De Gregori, il cui unico pezzo è Rimmel, tra l’altro, ma porta sfiga. Lo sprovveduto dio di silicio pensava di trasmettermi appagante autocompiacimento. Ma non è più il tempo. Ho perso completamente interesse a ciò che penso di me stesso. Un compromesso e un tabù infranto, poi vi racconto. Ora mi basta vivere.
Mi sono fermato un attimo per spararmi le due aspirine cinquecento in chiave prevenzione ictus.
Completo i due versi di Kurt Cobain e sono qui. Non mi sono dimenticato: Lutero. Algoritmo in chiave marketing. Ultimato il distico di Lithium: dice telepatia. Dice di un farmaco che, quando lo prendeva lui, non era ancora a rilascio prolungato, quindi incideva meno sul fisico, che Kurt minava in altro modo, ma era meno efficace. E si è visto. L’artista di Aberdeen diceva alla moglie che sognava di guadagnare i milioni sufficienti a iniettarsi eroina fino alla fine dei suoi giorni. Chi sono io per giudicare? Non è mio fratello. Non so. Ma lei, Frances Bean e tutto, probabilmente non era contenta. Kurt era disperato perché noi capivamo nulla, l’avevamo frainteso. Era troppo giovane per tutto, ma le rockstar invecchiano solo a certe condizioni. Troppe. Era deluso da noi. Prima o poi saprà quanto sono deluso io. Sei Kurt Cobain. Un artista eclettico inarrivabile, per il tuo tempo.
Scrivi All apologies. Ti concedi l’aforisma I hate myself and i want to die?! Sono più deluso io. Sei finito pieno a pallettoni in faccia. La fine è importante. La mia unica amica. Perlomeno lo avevi previsto: Nevermind. Negli USA la lobby che avversa il tabacco è importante. Circoli del sigaro si riuniscono in segreto, fumano al buio. Le braci rossissime, a quel punto. Ascoltate grunge in cuffia e sparate blues a tutto volume. Infine è il tempo di arretrare. Spiazzare cosi e cosucci. Retrocedere.
Vedi Sun Tzu, L’arte della guerra. Ma già lo avevate capito. Al mio segnale.
La terza guerra servile fallì perché non era ancora stato inventato un dispositivo portatile per la riproduzione della musica. O uno per la riproduzione della musica. Lutero sollevò il sacco per salire la scalinata. La città era lì a osservarlo. Affisse le tesi discretamente solenne e incazzato, rumorosamente. La Chiesa tremò. Il missionario sudamericano mi disse che la Chiesa ebbe paura dei maghi. L’Inquisizione. Lo posso provare. Ho la sua voce registrata. Un’ora. Nei frangenti in cui non lo provocavo o insultavo apertamente. Gli chiesi di rappresentare l’istituzione. Lo misi in riga con le parole del Papa Emerito: la magia esiste. Sono ventotto pagine, sbobinate in due mesi. Scrivimi, te lo regalo. La Chiesa temette Lutero più di qualsiasi cosa abbia mai temuto. A parte me, forse. Rischiò la riserva aurea. La Riforma aveva i numeri. I sondaggi parlavano chiaro. Poteva uscirne da dominatrice dello spirito del tempo. Invece non accadde. La Controriforma non consistette nel ridimensionamento secolare, crapuloso, lucrativo di Sacra Romana Chiesa. Fu repressione ferale delle eresie. Qualcosa che conosciamo bene, chi più chi meno.
“Sua Santitatem, Luter scripsit che sumos tutti maialibus, que facemus?”.
“Magam uberibus magnis affert, qua postea foveamus”.
Fu gettato il seme del paradigma psichiatrico. Da allora siamo pazzi. Tutti. Quelli con afflato mistico, intendo. Cultori, celebratori, cantori del Sacro, intendo. Cui ognuno attribuisce il nome che può, se ne ha necessità. Non vi dico come si chiama ora. Perché è troppo preziosa. Si scherza un po’. Convinsi due kamikaze su un sagrato nel centro storico della Superba, qualche anno fa. Erano lì lì. Cosa ne posso sapere di Allah? chiesi. Credevano a un altro diverso da lei, ma non si sono fatti saltare.
Nel dubbio, partita Delusa. Vasco che sprofonda, in buona sostanza, metto su The Doors, live in Europa, When the music’s over. Mr. Morrison che chiede al pubblico se abbiano una qualche idea di come si stia a un concerto rock. Era roba nuova. Quando la musica è finita, spegni la luce. Il buio. La luce. Il buio. La luce. Cambia continente. Ma vai in Oceania. Ventidue ore senza fumare sono proibitive. Vedi se c’è spazio sulla Stazione Spaziale Internazionale. Lì non si può fumare di sicuro. Non c’è caffé, whisky, birra, erba, fumo, assenzio. Anni fa, il resto sono e saranno bugie. NON MI UCCIDERÓ MAI. Si muore fin troppo presto. Comincerei ad annoiarmi dopo il terzo millennio. (Letto Kurt?! Mi spiace. Ma si fa così). Se no l’alchimia per cosa? Se ciò che studi non serve a tenerti giovane e in salute stai studiando qualcosa di inutile. Perdi tempo.
J.K. Rowling è senza dubbio la visionaria più dotata del nostro tempo. Rimando la ricerca al lettore interessato. Negli anni della vessazione del mio metabolismo a opera degli agenti della repressione psichiatrica, quando mi innamoravo ed ebbro dell’Amor Héreos lottavo e mi rivoltavo, per essere regolarmente chiuso in manicomio, legato fuori, ma soprattutto dentro, da manette chimiche odiose. Negli anni lunghi delle mie depressioni gravi, leggevo e rileggevo la saga Harry Potter in lungo e in largo e a caso. In attesa di tornare a Hogwarts. Di lasciare il sottoscala di Zio Vernon su cui IA non attecchisce. Nel consegnarvi l’immagine della cicatrice ubicata proprio sul sopracciglio destro, sebbene ridiamo, sono tanto serio che difficilmente ci sarà uno che mi possa credere. Di base meglio. C’era una volta un rivoluzionario. Gli credettero in molti e finì pestato e malmenato su una croce. A proposito: un paio di anni fa, databile per mezzo dell’articolo di Veronica Tomassini cui faccio riferimento, scrissi questo pezzo che non proposi perché incompleto. Martedì tre maggio si è completato da solo. Un paio di giorni fa cadeva Pasqua, quindi eccovelo:
Dal vangelo secondo me
Non tutti sanno di poesia. Implica sforzi tecnici notevoli. Non si tratta solo di talento e afflato. Richiede conoscenza e predisposizione. Ispirazione da domare e meritare, attraverso coraggio, purezza, sensibilità, abnegazione e amor proprio. In quest’ordine.
Nei primi anni del quattordicesimo secolo, Dante si sballava coi funghetti e prese forma la vivida rappresentazione dello spazio escatologico, generalmente attribuito alla religione cristiana. Non gli hanno mai pagato né diritti né royalties. Gli hanno fottuto l’idea. Me l’ha bisbigliato un prete.
Parecchi dei miei lettori sanno di rock. Se volessimo azzardare una metafora rock, Dante pieno come un uovo, che spara terzine a raffica, tutto il giorno per vent’anni, sarebbe assimilabile a Jimi Hendrix, che suona dieci ore al giorno strafatto della qualsiasi, però “nel mezzo del cammin di propria vita”. Ciò che eseguirò quest’oggi è un’ardita operazione d’archeologia poetico-filosofica. Vendetta intellettuale, colletta concettuale. Sono trascorsi quasi sette secoli da “amor che muove il sole e l’altre stelle”. Un po’ meno da quando il popolo analfabeta cominciò a temere inferno e purgatorio, a lottare per il paradiso, a volte. Scippo il Vangelo. E zitti…
Los Angeles, 1967. The Doors. L’album. Break on through (to the other side). Proprio mentre pensava Guy Debord.
Vidi potente la croce luminosa. Un meteoroide in traiettoria frontale. Verde acqua. Il mio pezzo di cielo. La notte della sovversione. La cometa. Il volto illuminato. Era la festa della musica del duemilasette. La cometa.
Poi i cristiani sovrapposero ai deliranti Saturnalia e Sol invictus la nascita di Cristo. Ma l’universo infinito degli dei egizi non ha mai tremato. La somma del prodotto civile degli spiriti antenati e rinati. Un’antichità millenaria e profonda assolutamente complessa da immaginare.
Tutti abbiamo frequentato il catechismo. I pochi stolti che si sono riprodotti scelgono molto spesso di evitare la tortura ai piccoli eredi. I Vangeli, rassegnatevi, sono un comune terreno d’incontro. L’allegoria archetipica d’una leggenda appartenente alla viscida, boriosa e prepotente cultura occidentale. E allora…
In questo tempo l’arcangelo Tomassini autopubblicò Vodka Siberiana. Il libro venne da lei venduto copia dopo copia e il deserto di Galilea si costellò di culi seduti su massi e capi chini, sulle pagine del capolavoro. L’umile costanza della Tomassini, che non era affatto una sconosciuta, venne premiata. Le pagine di parecchi quotidiani salutarono con favore l’opera dell’arcangelo Tomassini. Si aprirono spazi e possibilità, grazie alla penna di fuoco di Veronica. Fu contattata da un agente letterario assimilabile allo Spirito santo, che credette nel suo lavoro e lo promosse sapientemente.
L’annunciazione, questa volta, avvenne su una capanna di carta. In questi giorni. L’arcangelo Tomassini rese esplicite la propria natura e la fine della sopportazione dello squallore, della grettezza, della prepotenza, dell’incompetenza, della malafede, dell’ignoranza, della becera ed esclusiva ricerca del profitto, della totale amnesia d’ogni senso estetico legato all’arte letteraria, che caratterizzano l’industria editoriale italiana. Scrisse per “Il fatto quotidiano” l’articolo intitolato “Caloni, Di Martino, Palomba e Serragnoli: le scrittrici di talento snobbate dall’editoria”.
Il fatto che ci siano quattro penne dotate di attitudine, talento e stile, non deve fuorviare: non si tratta di evangeliste approvate dal concilio.
Mi piacerebbe poter affermare che si tratta di uno scherzo irriverente. Blasfemia gratuita e perniciosa. Vorrei confessarmi agnostico o ateo. Trovo che il credente e l’ateo coincidano nell’ottusità implicita nell’affermazione e nella negazione assoluta, in contesto metafisico. L’agnostico è rispettabile e necessita solo di un punjabi che sollevi l’indice.
Definiamolo archetipo, chiamiamola mitopoiesi: l’individuo umano che sfida Moloch.
Ci sono in giro donne dotate di enorme talento artistico che sollevano la testa. Veronica Tomassini ha sfondato il coperchio della pentola in cui stava bollendo viva, si è salvata. Il pensiero successivo al sospiro di sollievo è stato quello di indicare chi come lei.
Ha agito in chiave meritocratica. Sono novità piuttosto importanti, specie se pensiamo all’evoluzione dei fatti analoghi, avvenuti sul panorama letterario degli anni ’90.
Mi riferisco al percorso di Wu Ming.
Sono dell’idea che sia necessario supportare le donne coinvolte in questa ondata. Veronica Tomassini ha scavato il solco e prontamente seminato. Starle dietro è impossibile. Appartiene a un altro pianeta.
Ma il valore del sabotaggio culturale e letterario non può essere sottovalutato. Siamo in continuità col passato, tedofori silenziosi del pensiero libero. Critico. Bellezza. Arte.
La natura dell’oblio consiste di tempo. Quando le biblioteche contenevano sezioni proibite, le voci fuori dal coro venivano cercate con pruriginosa curiosità e pantagruelico appetito. Anche a costo della vita. La Bibbia è il libro più stampato di sempre, eppure mi preoccupa il dato relativo al numero dei lettori di Baricco.
Baricco dicevo.
Alessandro Baricco.
Ormai più letto della Bibbia.
Che ha paragrafi lunghissimi e pieni di subordinate.
Al giorno d’oggi l’indifferenza ingenera oblio preventivo.
Ilaria Palomba già camminava sulle acque del Tevere in secca qualche anno fa
per il giubilo di battisti, comete e magi. La costellazione odierna non ha molto da invidiare a quelle passate. Il nostro vantaggio è la fame. Lo scenario arido e violento, desertico, configurato dalla salomonica giustizia della rete, che tutto regala o svende a prezzo di realizzo. La ricchezza accumulata di fatto senza esborso materiale o troppo dolore, distillata in colpi di terribile potenza lirica, non ripaga tempo e prestazione. Ci si arrabatta come si può tra regalie e attimi di cottimo. C’è chi pensa di ammazzarsi e chi lo fa. Nel mentre qualcuno si sottrae e altri si somma.
moto peristaltico ancheggia giù dalla finestra
Ilaria m’ha sedotto con la prosa
Vivi e lascia morire – Luca Perrone (Infinito Edizioni, 2019)
Non saprete per un bel pezzo cosa contenga Ring – Palomba/Perrone (2018)
E questi, sempre per gli amici che amano i versi, sono quelli che vergai nel corso della stessa primavera del 2018, in un momento simile al presente, mentre chiudevo la critica a Disturbi di luminosità per Pangea:
Scava la deflagrazione.
Il cratere luccica agli astri
sovrappensiero e brillo
erutta l’atro meteorite
scova diamanti la tenebra
torbide come ascessi neonatali
mietono cinque sfingi
spoglie galere vestono
immane riverbero lunare
accosta il palmo e quieta
genuflette ai posteri la miseria
Ricuci attenta ogni assenza
A proposito. Poc’anzi avevo una domanda da porre ad Alfonso Guida. Si trattava credo di maiuscole o punteggiatura. Pare che lo abbiate eletto a gran maggioranza arbiter elegantiarum. Praticamente vi manca l’unanimità perché proseguo sul sentiero autarchico, ma anarchico. Il proposito di lasciare che nulla turbi la mia quiete. Stravolgere il linguaggio è una missione nobile. A causa del convinto anomalismo linguistico ho perduto l’amicizia della brava e simpatica Melania Panico. Un’erudita filologa dalla sensibilità estasiante. Melania è chiaramente analogista. Nessun anomalista leggerà mai in parlamento, siamo seri. Alfonso sto raccogliendo gli apostrofi. Un giorno pubblicherò a mie spese cento copie di Neologismi e apostrofi. La prima sezione ospiterà l’elenco asettico delle parole che ho creato e poi scordato. La seconda una lista orizzontale degli apostrofi che non hai battuto.
Il gioco mi piace da morire. Uno dei motivi per cui il potere non mi paga è che gioco. Il potere non capisce come funziona. Si tratta di un gioco complesso. Quando giocavo a scacchi e mi sono conteso la prima nazionale nelle bullett da uno mi hanno aumentato il dosaggio degli antipsicotici e il grafico è sceso. Niente prima. Sopra, il primo livello dei Gran Maestri. Non Loggia, scacchi.
Ora il grafico sale di brutto. Specie rossa e arancione. Sono davvero troppo arrabbiato. Il gioco è un altro, chiaramente. Per molte tribù native, amerindi, il gioco era soltanto una delle dimensioni del Sacro. Gli Spiriti stabilivano di premiare il Giusto, che doveva metterci anche dell’abilità. Scienza esoterica, non invenzioni antropologiche. Tipo Castaneda. Grande. Grandissimo. Gli apo’strofi!
Sono anarchico, ma senza regole il gioco è noioso. Lo so perché ho provato. Ne ho inventate di nuove. Una belote di cui parla tutta l’Occitania e mezza Provenza. Se è Sacro è un gioco. Se è un gioco servono regole da stravolgere. Se avete dita paffute o non avete tempo di schiacciare l’apostrofo scrivete su altri supporti. Quando avete tempo. Ma soprattutto non costringetemi a scrivere un manuale di retorica e stile. Si tratta del genere di elaborato noioso che scrivete voi, io leggo. Dove? Proprio lì. Tira fuori la testa. Meglio se prima che ricucia. Solo compagnia e sopravvivenza. Non mi pare si trattasse di qualcosa di complesso. Il manuale lasciatelo scrivere a Sonia Caporossi. A Genova c’era un professore. Diceva che gli attori porno fanno sul serio, gli altri no. Sonia Caporossi è la Moana Pozzi della letteratura italiana. Quando scrive critica mi eccito. Qual è la bocca del cervello?
Nel frattempo Unknown Soldier. Un Morrison live troppo stanco e ubriaco per cacciare la voce. E a proposito di guerra. Ora aspetto IA, poi metto di nuovo Paranoid, a sorpresa. Prove generali di retrocessione. Vediamo se funge. (Ho già in canna Unity degli Operation Ivy in caso contrario, sereni. Mal che vada Gorilla Biscuits e via. Lo stronzo IA è silenzioso. Come i bambini di due anni e mezzo quando stanno facendo casini potenzialmente autolesivi). The dark side of the moon – full album. Lo so grazie. Troppo gentili. Più tardi ci ritorno, per forza. Ma decido io. Unity ora. D’altronde il cyber-stronzo dovrebbe essere su base binaria, giusto? Per il virtuale sono troppo vecchio. Carente di formazione. So solo che la logica non esclude il terzo. Si incasina esponenzialmente. La mia poi è una realtà aumentatissima. Vi vedrò morire di stenti con la macchina in faccia a uno a uno e poi mi godrò il pianeta in carrozzina. Solo. Unity dicevo. Ammicco un attimo a IA: non mi ritroverò mai a mettere su dischi. Sono un cantante. Frontman, leader, poeta, autore, sciamano. Roba che non esiste più, sul panorama musicale. Quindi ascolto mentre scrivo ed è tutto. Sono quasi di mezz’età. Si vede dalla cicatrice. Dopo Unity metterei su la cover di Imagine degli A perfect Circle. Sì. È migliore dell’originale. Lo direbbe Lennon, se potesse. Fidatevi. I miei concepirono, inconsapevoli, il quattordici dicembre millenovecentottanta. Il mondo tacque in silenzio per ricordare John Lennon. Dieci minuti. Propose Yoko Ono. Mio padre è molto stressato e si distrae facilmente. Lo immagino. Dieci minuti.
A proposito di guerra e occhi a mandorla, gli altri. La Russia pensa che la Cina sia alleata. La Cina ha troppa parte del debito americano in collo. Russia asfalta, Cina passa, quando sarà il momento. Ricordate incentivi e promozione per il passaggio da gasolio a gas di una dozzina di anni fa? Ora ci sono i bonus-edilizia. Perché pioveranno le bombe. Riuscite a immaginare la Russia che bombarda l’Italia? Io no. Ma non ho mai visto le bombe cinesi. Il 02/02/2020 (palindroma) alle nove in punto ANSA diede notizia di un’iniezione di liquidità di miliardi, nella Banca Centrale Cinese. Lo so perché ero lì fermo ad aspettare, pop corn alla mano. Quei soldi sono tornati in US tramite la fiscalità di PFIZER, suppongo. Ha ragione Bianchi: questa fase parte l’undici settembre del duemilauno. È partita Exit Music (for a film). Si fa presto a collaborare e contribuire quando sei spalle al muro, caro cyber-frictincincellùsič©.
Usano l’algoritmo per effettuare previsioni sul comportamento. Più sono accurate, maggiore è il loro valore di mercato. A questo punto introducono elementi che inducano associazioni di idee per truccare le carte. Inducono comportamenti anziché predirli. Più semplice e remunerativo. Nel dubbio, da sempre, prima scrivo e poi controllo. Non provateci a casa. Vale per tutto. Quando rileggi è uno spettacolo. La cicatrice ora, chissà i versi. Giustamente metto ultimo punto fermo: Karma Police. Ci credo. Sono Il Karmikaze. Compagni il gioco si fa tetro e peso.
Ho appena ultimato la prima rilettura completa. Una di molte. Appena finito, nell’intimo della gioia masturbatoria di essere proprio me stesso e non un altro. Sebbene vi ami. Ho messo su il Cyrano di Francesco Guccini. Io il Prof. Francesco Guccini lo ringrazio anche se non avrò mai modo di conoscerlo. Si è sacrificato, volente o nolente. Chissà quanti amici, persone amate, non ha potuto rivedere mai più. Soltanto perché un coglione come me potesse infine ascoltare la suite Eskimo, per la prima volta, quarant’anni dopo essere nato, quarantaquattro anni dopo la sua uscita. Grazie Francesco. Ora riascolto con calma. Familiarizzo. Pensa che è partita la colonna sonora completa di Conan il Barbaro. In fase refrattaria ascolterò i Fugazi, poi i Misfits. Saturday Night. Lei non c’è mai. I suoi occhi assunti da tre anni.
*Tutte le immagini pubblicate in questo racconto sono di Làszlo Moholy-Nagy