“E prenderei l’eternità”. Una poesia di Emily Dickinson come amuleto
Poesia
Giorgio Anelli
Appartiene all’inapparenza, Antonio Trucillo, che è poeta vero, perciò esposto a scrivere nella latitanza, sui muri della posterità. Scabra la sua notizia biografica – “dal 1970 vive a Minori, sulla costiera amalfitana. Per qualche tempo ha soggiornato in Marocco, insegnando nella scuola italiana di Casablanca” – che manda al macero i critici letterari – sempre tesi, da incapaci, a tessere ricami e reclami tra ‘biografia’ e ‘opera’ – ma esalterebbe – a causa degli afrori africani – un Borges.
Trucillo, disinteressato ai ‘circoli’ della poesia e al ristretto club di quelli che fanno giardinaggio poetico sui quotidiani nazionali – di fatto, la sua opera circola tra raffinati affamati grazie all’interesse dello scrittore Vincenzo Gambardella –, pensa solo a scrivere. A scrivere versi monastici e scabri, che intridono di febbre il contemporaneo, trafiggono di lampi la vita varia, variopinta di ogni giorno. “Un poeta capace di scarto e di visione”, l’ha detto Davide Rondoni insediandolo nella collana ‘La sabiana’ Marietti, con il libro più alto di Trucillo, La nuvèla, era il 2011. Tra i poeti intriganti di oggi – lo segnala spesso un critico vero come Daniele Piccini – Trucillo è uscito con una nuova raccolta, l’anno scorso, Nella luce di un giorno di paga (Ensemble, 2017), densa di bellezza artigiana, cruda (“Una fede che a questo mondo porti gioia./ Andare sotto le finestre illuminate/ mentre la luce della neve è ancora limpida/ e dove dormi scoprire”). Per la nostra rivista Trucillo ci invia una silloge, Un’idea di bene, da cui abbiamo trascelto alcuni versi, che compiono uno scatto. Più chiara, in queste poesie, con dedica (a Rosetta Pannain e Maurizio Spadoni, in memoria), la ferocia teologica, l’andirivieni del Cristo, l’epitaffio della carne e il pendolare, avidi di gioia, saturi di male, nella stimmate dei giorni.
*
A thing of beauty negletto il bene,
negletta la cosa dell’amore, e cosa
accolto, allora, cosa desiderato?
Corpo che s’avvita all’albero marittimo.
da freddo cielo, e mai, con altri simili
potrei, mai, m’illusi, a joy for ever
“sei fiato dell’alba acida (sì, pure codesta
volta), sei madre-figlia nel nero vespro,
agli anni che restano”
per chi, a chi, di quale costume parlo,
inverno?
Quale disonore, scontare il contrappasso,
secretum meum, sappiate che faccio questo,
questo contrappasso, calore e gelo (un lucernaio)
ad ogni funerale me ne scappo, fuggo nel lucernaio,
mi abbandono al pianto
(calore e gelo) e nero
d’ossa
Per un po’ piango e sono un mondo nero.
dopo discendo al bosco. Doppo, sbarianno,
m’aggarbo. Poi, mi passa.
*
Di me sto insieme
e cerco di dire se qualcosa si perde
che non si perde
e resta come un seme
come vita disperata
questo cerco di dire
se si può andare in un tempo
una volta o ancora
o se a rifarlo nel verbo il lupo-cane
è lo stesso
*
Vana da questa terra c’è l’aria
E i simboli che fanno l’eco
Andava dove il tempo andava
E moriva
Deposto Cristo nell’aria, sulla bocca
si schiariva
un paese senza nessuno
Antonio Trucillo