02 Aprile 2021

“La sua sconfitta era una vittoria”. Pasqua con Gerard Manley Hopkins

Nel 1886 il grande poeta Gerard Manley Hopkins, gesuita, abbozza una poesia sulla Pasqua. È una delle più caute, sferiche del suo canzoniere, del tutto postumo, che poggia su una ispirazione, di solito, aspra, selvatica, incosciente. Hopkins è il modello ritrovato della poesia inglese del Novecento: da Dylan Thomas a T.S. Eliot e W.H. Auden in molti hanno appreso da GMH una sorta di diseducata libertà, l’abisso in grammatica. Alcuni versi rischiano di costituire una summa teologica – “la notte genera miriadi di mondi”; “ciascuno dispone un’ombra sul Tuo trono”; “cova ininterrotto silenzio tra gli eoni”; “Tutte le opposte cose… le genera lui, immutata bellezza” – ma nulla va interpretato, tutto assunto, tra le diagonali dei fraintesi. Qui si ricalca anche una piccola parte dell’omelia che Hopkins tiene il 25 aprile 1880 nella chiesa di S. Francesco Saverio a Liverpool. I testi sono tratti da: Gerard Manley Hopkins, Poesie e prose scelte (Guanda, 1987; a cura di Augusto Guidi); la traduzione della poesia è stata lievemente modificata.  

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Egli fece e insegnò, egli attese al bene, egli li sfidò a provare che avesse commesso anche una sola colpa: chi di voi, egli domandò, mi convincerà o mi proverà reo di peccato? Essi non sapevano provare, ma sapevano accusare, non potevano dimostrarlo colpevole e tuttavia lo condannavano: lo dicevano ubriacone e ghiottone, inosservante del Sabato, falso profeta, bestemmiatore, meritevole di morte, non importava sotto quale accusa, malfattore delle strade, e gridarono senza vergognarsene al governatore romano, quando egli li richiese di un’accusa specifica: se egli non fosse un malfattore non te l’avremmo portato. E prevalsero: egli fu giudicato come un malfattore, venne crocefisso tra due ladroni, cum iniquis reputatus est, venne annoverato tra i malviventi, lui Gesù Cristo, il giusto.

Lo stesso è del giudizio; egli li ammonì del giudizio di Dio: a meno che non si pentissero, disse, sarebbero tutti periti; a meno che non credessero in lui morrebbero tutti nei loro peccati, l’angelo caduto era il loro padre, essi avrebbero adempiuto i suoi desideri e certamente avrebbero diviso con lui la caduta, sarebbero precipitati, dannati, si sentivano dire, al fuoco perenne, al fuoco preparato per il Diavolo e per i suoi angeli. Ma la loro risposta era sempre la medesima: era lui il peccatore, il bestemmiatore, il maledetto dal Signore; era lui dalla parte dei diavoli, ed evocava i diavoli per conto di Beelzebub il loro principe; era lui che per la legge stessa di Dio meritava di morire e perciò doveva morire per lapidazione o in altro modo: non riuscirono a lapidarlo ma ottennero che venisse crocefisso. Il mondo non venne coinvolto nel giudizio né messo a tacere, lui invece sì, venne ridotto al silenzio, sottoposto a giudizio, messo a morte, eliminato… Quando venne abbattuto Cristo il pastore, le sue pecore si sparpagliarono e senza di lui non si sarebbero più riunite; tagliata la testa tutto il corpo sarebbe andato in pezzi; quando Cristo morì tutte le sue parole e opere vennero infatti atterrate, tutto sembrò finito per sempre, e il trionfo del suo nemico, il mondo, apparve quel giorno completo.

Ma non intesero, i suoi nemici, che il loro apparente trionfo era una totale disfatta, e che la sua apparente sconfitta era una gloriosa vittoria. Poiché non era il mondo che Cristo era venuto a combattere, ma il reggitore di questo mondo, il demonio. Il mondo egli non veniva a condannarlo, ma bensì a salvarlo. Ma mentre egli predicava a loro e tentava di salvarli, essi venivano giudicati dal mondo come lo avevano ricevuto; e perciò gli disse: adesso il mondo deve essere sottoposto a giudizio, adesso il reggitore del mondo deve essere scacciato e io, sebbene tagliato fuori dalla terra, eliminato dalla terra, io tirerò a me ogni cosa. Poiché questo era accaduto, che i reggitori del mondo, i diavoli, avevano crocefisso il Signore della gloria e nell’istante stesso della sua morte si vedevano disfatti, condannati, scacciati, il loro imperio di peccato sulle anime degli uomini dissolto e le redini del potere universale raccolte in pugno alla vittima crocefissa.

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Pasqua

Spezza il vaso e versa il nardo;

oggi non badare a spese;

porta perle, opali, sarde;

non contare oggi la perdita del povero;

spendi tutto in onore di Cristo:

onora questo Giorno di Pasqua.

Edifica la sua Chiesa e vesti il Suo santuario,

anche se fosse vuoto sulla terra;

hai serbato il vino perfetto:

lascialo correre per la gioia del Cielo;

afferra l’arpa e soffia nel corno:

non sai che è il mattino di Pasqua?

Mieti dai cieli la gioia

la sapienza dal suolo;

i fiori schiudono gli occhi al vento

e scoprono la gloria della primavera

la terra si spoglia del sudario invernale

si prepara al Giorno di Pasqua.

Bellezza in luogo della cenere

profumo sulle vesti a lutto.

Ghirlande al posto delle chiome scomposte

danze sostituiscano la mesta marcia

squarcia il cuore, lascia che entri

la gioia del Giorno di Pasqua.

Cerca la casa di Dio tra la folla in festa

che sia affollata la Sua tavola

mesci preghiere, canti, lodi

inneggia la Trinità.

Che da oggi la tua anima

faccia Pasqua ogni giorno.

Gerard Manley Hopkins

*Francisco de Goya, Cristo in Croce, 1780

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