C’è scemo e scemo. Nel suo ultimo libro, intitolato Scemocrazia, edito da Bompiani (pp.256, euro 16,00), Massimiliano Parente ne elenca 66, dallo scemo che vota allo scemo aspirante scrittore, e a me è venuto in mente di procedere a un’ulteriore classificazione, stilando due liste che differenzino l’esercito di scemi in base alla loro pericolosità. Faccio un esempio: uno scemo astrologo e uno scemo no-vax hanno entrambi una visione del mondo che è in contrasto con le verità del pensiero scientifico. L’astrologo trae le sue previsioni da un sistema cosmologico che pone la Terra al centro dell’Universo, e anche se la scienza gli dà torto, lui non se ne cura. Un genitore ‘no vax’ sostiene che i vaccini causano l’autismo, e nonostante l’assenza di dati scientifici a conferma della sua tesi, continua a sostenerla. Sono pericolosi allo stesso modo? Secondo me, no. Un tema astrologico può essere redatto scetticamente, per gioco o nella speranza che la riflessione sui glifi dei pianeti possa portare a riflettere su noi stessi, ma una mancata vaccinazione significa esporre un bambino a pericoli mortali.
La scemocrazia ha dunque varie forme di espressione, dalle più innocue (o pericolose solo per se stessi) come è il caso dello scemo aspirante scrittore che si crede un novello Proust, alle più gravi, come il caso dello scemo politico stregone che conquista il consenso elettorale blaterando di tutela dell’ambiente e decrescita felice, ma poi fa stanziare centocinquanta milioni di euro per salvare un giornale di partito e solo cento per la ricerca scientifica. In questo caso, la scemenza rischia di riportare il mondo all’oscurantismo.
Nel divertente libro di Parente, ricco di pagine spassose e di amare considerazioni sulla credulità popolare, non ci sono liste né classifiche, ma io, l’autore mi perdoni, ho voluto divertirmi stilando queste due.
I 10 scemi pericolosi, furfanti veri e propri di cui è meglio diffidare:
1. Scemo che vota
2. Scemo no-vax
3. Scemo no-global
4. Scemo politico stregone
5. Scemo relativista culturale
6. Scemo che quella di Darwin è solo una teoria
7. Scemo vegano
8. Scemo col Nobel
9. Scemo che giura di dire tutta la verità
10. Scemo che usa solo il 10% del cervello.
I 10 scemi più scemi, casi umani da liquidare con un sonoro pernacchio:
1. Scemo del selfie
2. Scemo influencer
3. Scemo grammaticale
4. Scemo salutista
5. Scemo palestrato
6. Scemo che fa arti marziali
7. Scemo delle dimensioni che non contano
8. Scemo che fa l’amore
9. Scemo che l’ha letto su internet
10. Scemo poeta.
Gli altri 46 li lascio al lettore più curioso.
Massimiliano Parente è stato molto gentile, trovando il tempo di rispondere alle mie domande nonostante fosse in partenza per il Festival della Scienza di Foligno, dove avrebbe partecipato a un dialogo pubblico con Giorgio Vallortigara, professore di Neuroscienze presso il Centre for Mind-Brain Sciences dell’Università degli Studi di Trento.
Quando si conosce una ragazza, a meno che non abbia un dottorato in cosmologia quantistica, è difficile sfuggire alla domanda “Di che segno sei?”. Tu hai dichiarato che questo approccio, molto diffuso, te lo fa ammosciare. Come fai a dire che le scienziate scopano meglio? Su che campione basi questa tua affermazione?
Non ho detto che le scienziate scopano meglio, ho detto che mi passa la voglia di scopare una cretina, come anche di parlare con un cretino. Non c’è bisogno di essere laureati in astrofisica per capire l’idiozia dell’astrologia, basta avere delle nozioni di base da scuola dell’obbligo.
L’enfer c’est les autres. Parafrasando una celebre frase di Sartre, possiamo dire che, nella visione di uno scemo, gli scemi sono gli altri. Non credi che il tuo libro possa risultare innocuo per la sua concreta impossibilità di essere compreso dai fautori di quel pensiero comune e antiscientifico che vorrebbe destrutturare?
Probabilmente sì. Richard Dawkins, tempo fa, era convinto che le religioni e le credenze in generale non fossero questione di stupidità ma solo di ignoranza. Scrisse un libro proprio per spiegare a tutti questioni fondamentali come l’evoluzionismo, cosa che tra l’altro aveva fatto in molti altri libri, ma stavolta con un intento pedagogico dichiarato. Dopo un anno di conferenze e incontri con il pubblico si dovette ricredere, e dichiarò: non è ignoranza, è stupidità. Non mi aspetto di essere letto da un cretino, ma da un lettore intelligente che talvolta non sa cosa rispondere ai cretini, perché un cretino ti porta sempre al suo livello. È un libro di conforto per chi ha un cervello, mentre se uno non ce l’ha nessuno glielo può dare.
In quarta di copertina leggo: “Un manuale di sopravvivenza nell’era della banalità”. Mi sembra una resa: alla scemocrazia si può solo sopravvivere, non eliminarla.
Impossibile eliminarla perché statisticamente gli scemi sono la maggioranza e grazie a internet esprimono le loro opinioni ogni giorno.
Non hai pensato ai vantaggi di essere consapevolmente scemi? Credere che una configurazione astrale possa farci trovare lavoro; essere certi che i rettiliani governano il mondo; organizzare una seduta spiritica e parlare con Michael Jackson; ricevere messaggi di pace da un’entità soprannaturale che ci spiega come salvare il mondo… tutto ciò è rivoluzionario perché porta l’immaginazione al potere! Considera il fallimento politico e personale degli ex studenti del Sessantotto: il passaggio da Herbert Marcuse a David Icke rappresenterebbe per loro un elisir di giovinezza.
Essere stupidi e vivere pensando cose stupide ha indubbiamente dei vantaggi, in fondo li invidio, come Leopardi invidiava gli antichi, perché conoscevano meno e potevano vivere di illusioni. Ma non puoi costringerti a essere scemo se non lo sei, e tantomeno il contrario.
Tra i capitoletti che mi hanno fatto più sorridere, mi piace ricordare quelli dedicati allo scemo aspirante scrittore e allo scemo che presenta i libri. Asserisci che l’Italia è piena di gente che scrive per farsi considerare dal vicino di casa, dal direttore di banca o dal medico di famiglia. Eppure, lo status di scrittore conta meno di una vita da rockstar e non garantisce la visibilità mediatica di un reality show. Perché gli scemi aspiranti scrittori crescono a vista d’occhio e si vantano sui social di avere pubblicato romanzi che, nella migliore delle ipotesi, riusciranno a vendere a parenti e amici?
Se guardi la televisione ti accorgi che il libro in Italia è sopravvissuto solo come uno status simile a una medaglietta, infatti sono tutti “e scrittori”: cantanti e scrittori, giornalisti e scrittori, blogger e scrittori. Io li chiamo gli “e scemi”. Poi c’è gente sconosciuta che pubblica un romanzino per un editore altrettanto sconosciuto e si sentono subito scrittori. Qui chiunque ha scritto o vuole scrivere un libro, ne incontro pochi che ne abbiano letto uno, figuriamoci se hanno letto come minimo sei volte la Recherche, e che di quelle sei l’abbiamo capita almeno una volta per capire di leggerla una settima anziché mettersi a scrivere la propria storiella che leggeranno solo loro e i loro familiari, se va bene. Tutti vogliono essere letti, senza aver mai letto niente di serio. Io stesso, poiché sono su Facebook, sono preso di mira da aspiranti scrittori che pretendono di essere letti da me senza avermi mai letto, e che non mi abbiano mai letto si capisce già da cosa dicono nella letterina di presentazione, e da come è scritta. Ci sono anche gli aspiranti aspiranti, quelli che ti fanno: “un giorno quando avrò qualcosa da dire scriverò un libro”. Ma cosa vuoi avere da dire se hai passato la vita non a studiare ma ad ascoltare te stesso, cioè niente? Aver pubblicato un libro (che poi in questi casi quasi mai è pubblicato, spesso è autopubblicato, destinato cioè a essere anche autoletto) per questa gente è l’idea di differenziarsi dalla massa, mentre proprio così dimostrano di essere la massa. Altri hanno la convinzione di aver lasciato qualcosa, mentre hanno solo lasciato una traccia della loro stupidità, tuttavia non resterà neppure quella, al massimo la rottura di palle che infliggono ai loro amici e conoscenti.
Francesco Consiglio