Erano le 22.30 circa del 22 agosto quando, a poche centinaia di metri da dove dormivo, un giovane e prestante orso di 121 chili aggrediva un carabiniere in una nota cittadina turistica del Trentino. I giornali locali sottolineavano come l’orso avesse già manifestato “un’indole estremamente confidente nei confronti dell’uomo, destando preoccupazione”. Appresi della notizia il giorno seguente, dato che in paese non si parlava d’altro. Sulle Dolomiti può capitare di imbattersi negli orsi, ma di recente li si può comodamente trovare anche nei centri abitati. I paesani potrebbero davvero ritrovarseli nel proprio cortile di casa, come recita il titolo del libro Grizzlies in their backyard, opera ormai scomparsa dalla circolazione di Beth Day. Ma lì la faccenda era ben diversa: Day racconta la storia vera dei coniugi Stanton, i quali intrapresero una curiosa avventura a inizio Novecento e durata poi tutta una vita. Marito e moglie abbandonarono Seattle per ritrovare una vita più vera tra le foreste incontaminate del Canada, una vita fatta di gioie e grandi difficoltà, dove i problemi non sono più quelli d’una quotidianità grigia e ripetitiva, ma procurarsi il cibo e conservarlo il più a lungo possibile. L’incontro con gli orsi avviene gradualmente, ma un po’ alla volta questi imparano ad accettare gli Stanton come rispettosi vicini di casa.
Ma che succede agli orsi delle Dolomiti? Sono in cerca di una vita più comoda? Cominciano a patire il freddo e la fame come i sudditi di re Leonzio? Una storia già scritta da Dino Buzzati e pubblicata sul Corriere dei Piccoli come La famosa invasione degli orsi in Sicilia. Durante quel rigido e favoloso inverno, Leonzio re degli orsi colse al volo il malcontento del suo popolo e guidò una vera e propria armata pelosa contro la civiltà, con lo scopo di ritrovare il suo figlioletto. Ma la civiltà ha qualcosa che deve aver messo paura ai coniugi Stanton, qualcosa che gli orsi di Buzzati hanno saggiato sulla loro stessa pelle: la corruzione. Così, sul letto di morte, Leonzio re degli orsi pronuncia queste sue ultime potenti parole: «Tornate alle montagne. Lasciate questa città dove avete trovato la ricchezza, ma non la pace dell’animo. Toglietevi di dosso quei ridicoli vestiti. Buttate via l’oro. Gettate i cannoni, i fucili e tutte le altre diavolerie che gli uomini vi hanno insegnato. Tornate quelli che eravate prima. Come si viveva felici in quelle erme spelonche aperte ai venti, altro che in questi malinconici palazzi pieni di scarafaggi e di polvere! I funghi delle foreste e il miele selvatico vi parranno ancora il cibo più squisito. Oh, bevete ancora l’acqua pura delle sorgenti, non il vino che rovina la salute. Sarà triste staccarvi da tante belle cose, lo so, ma dopo vi sentirete più contenti, e diventerete anche più belli. Siamo ingrassati, amici miei, ecco la verità, abbiamo messo su la pancia».
In quel piccolo paesino ancora elettrizzato perché un orso si è comportato da orso, una guida mi raccontò la sua opinione sul fatto, fino a confermare quanto già temevo: ancora una volta è l’uomo ad aver combinato un pasticcio. Negli anni ’90 l’orso era scomparso dalle Dolomiti, così una bella iniziativa per il ripopolamento dell’orso reintrodusse cinque esemplari sul territorio, con il divieto assoluto di caccia. In queste magnifiche montagne quella manciata di orsi trovò il proprio Eden. Così, in tutta serenità, i cinque orsi son diventati un centinaio, e queste nuove aitanti generazioni di orsi non conoscono la paura che i loro nonni provavano per l’uomo cacciatore. Per questi orsi siamo dei chiassosi vicini di casa. E come dargli torto se ogni tanto dovesse venir loro la voglia di sbranarci?
Nella civiltà, intesa come progresso tecnico, c’è qualcosa che non funziona: da una parte la caccia sfrenata ha eliminato la presenza dell’orso; dall’altra abbiamo reintrodotto la specie artificialmente senza preoccuparci di reintrodurre altri predatori che potessero controbilanciare la situazione. La civiltà sembra volersi sostituire a quel crudele ma efficace equilibrio che la natura ha perfezionato lungo tutta la storia del mondo. Oggi il controllo sulla natura viene chiamato “mitigazione dei conflitti” o “educazione alla convivenza” o “rispetto reciproco”. Come possiamo pretendere rispetto dalla natura? Come pretendere rispetto da un orso? Quell’esercito di operatori che costantemente monitorano gli orsi, sono dei custodi della natura, inibiscono e allontanano gli orsi giudicati pericolosi. Ma la natura va controllata o va protetta?
Se il problema tra civiltà e natura ha nel tempo generato migliaia e migliaia di saggi e articoli, vuol dire che al problema non c’è soluzione. Su una cosa siamo però tutti d’accordo: l’uomo è diventato un po’ troppo ingombrante. Come dimostra la storia degli Stanton, l’orso non è aggressivo, e che a volte dimentichiamo quanto è spaventoso l’uomo. Siate più belli, migliori, e gli orsi verranno a giocare nei vostri cortili.
Valerio Ragazzini