16 Marzo 2023

“Niente di nuovo sul fronte Occidentale”: un film insignificante su un romanzo magnifico

Immagino che impegnarsi a trasporre al cinema Remarque sia complesso ma non impossibile. Complesso perché nel suo Niente di nuovo sul fronte Occidentale, l’autore è riuscito nel prodigio stilistico – e non solo – di dare musicalità al suo racconto. Il suo è un romanzo vivo e lo sarà per sempre, contrariamente ad altre reliquie come Addio alle armi che si candidano a consegnare un’inedita definizione della perdita dell’innocenza. Ma se Hemingway vuole isolarci in un contesto storico per concederci il privilegio di immaginare le passioni di una guerra senza precedenti per la sua portata di fuoco, Remarque vuol fare invece l’esatto contrario. Vuole salvarci dal conflitto, portarci al riparo e mantenerci quanto più possibile all’interno di un cerchio familiare. È un romanzo vivo perché il lettore è vivo, portato in salvo dall’autore. Il suo Im Westen nichts Neues è l’unico e indimenticato racconto della generazione di Remarque, che riesce a compiersi con dolcezza in uno dei rari momenti letterari in un cui non c’è niente di nuovo sul fronte. E mentre niente accade, l’Europa in guerra concede a Paul e ai suoi compagni l’ultima occasione per godere dell’innocenza perduta.

Come tutto questo possa consacrarsi nella sensibilità del lettore, è un mistero di cui solo lo scrittore di genio o di talento – o di entrambe le cose – è capace. La dolcezza del “niente” passa da un’armonia nascosta, come se alcune delle pagine del romanzo fossero accompagnate dalle musiche di Brahms. Il regista Edward Berger, originario della Bassa-Sassonia come Remarque, ha scelto di ossequiare la tradizione tedesca, affidando ai mezzi del cinema il compito di rieditare la dolcezza e la musicalità che Remarque ha estratto da un mezzo molto più limitante come la scrittura. Tuttavia, Berger ha fallito. Nel suo fronte occidentale accade di tutto. Al racconto di guerra è stato riservato gran parte del film, e i momenti di “niente” perdono la loro essenza remarquiana. Le trincee dovevano essere un passaggio verso la salvezza che Remarque ci ha concesso, e invece divengono un labirinto da cui Berger ci tira fuori solo per un minutaggio insufficiente e piuttosto noioso.

E la musica? Non pervenuta. Il regista tedesco si è rivelato inadatto a trasporre il romanzo. Avrebbe dovuto osare ciò che lo scrittore, a differenza dei registi, è tenuto a fare almeno una volta nella vita: morire e rinascere in altra forma. Berger ha invece adottato uno stile para-minimalista, privando i momenti più dolci e musicali della dolcezza e della musica che il cinema può esprimere molto più efficacemente di qualsiasi altra forma d’arte. Questo film aveva dei requisiti a monte che evidentemente non sono stati rispettati: una colonna sonora densa e memorabile e un montaggio a favore del “niente di nuovo”. Il minutaggio speso per il racconto di guerra – notevole ma eccessivo – fa della pellicola una riedizione di 1917 di Sam Mendes. La giostra degli Oscar ha omaggiato il lavoro di Berger, ma a giochi fatti, non esistono le condizioni per ammettere il suo prodotto nel capitolo dei grandi film di guerra.

Dai film tratti da romanzi non mi aspetto coerenza con la trama o una piena adesione intellettuale all’autore originale. Anzi, spesso si apprezza più l’audacia di un Kubrik che sopprime il romanzo da cui Full metal Jacket è tratto per reinventarlo in una forma indimenticata. Tuttavia, resta il dovere di chi fa cinema di emozionare lo spettatore. Tanto più se la pellicola è tratta da uno dei romanzi più commoventi sulla Grande guerra. Per quanto mi riguarda, Niente di nuovo sul fronte occidentale di Berger è in attesa di essere rimosso al pari di altri prodotti mediocri o insignificanti come Jojo Rabbit e leziosità simili.  

Enrico Picone

Gruppo MAGOG