12 Giugno 2020

Nausicaä ci salverà. La feroce compassione di Hayao Miyazaki

L’atomica ha redatto un’etica – d’altronde, è noto che il mondo dipinto su un paravento ha la stessa consistenza di quello reale, che l’epica si scioglie nello scintillio di una spada, non diverso da uno scroscio di pioggia. Hayao Miyazaki, che scoperta, è un genio dell’animazione; il film che amo di più è La principessa Mononoke. In una scena, il principe Ashitaka impedisce che i due personaggi femminili opposti, Eboshi, Signora della città e alchemica creatrice di armi da fuoco, e Mononoke, la ragazza cresciuta dai lupi, emblema del bosco, si affrontino. Entrambe, granitiche nella rabbia, fameliche di violenza: il ragazzo, invece, è il punto d’unione. Può separarle – cioè, legarle a sé, entrambe – perché non ha paura: può attraversare il bosco senza essere incenerito dagli spettri e sa parlare con gli artefici del palazzo.

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Credo che La principessa Mononoke sia il film in cui, con genio artistico e disciplina morale, Miyazaki riassume i temi capitali. Le piccole civiltà a rischio di estinzione (Ashitaka è principe del popolo Emishi, marginalizzato dall’impero giapponese); l’ecologia (che non si sfianca in ideologia: è sempre un uomo che ha cura di abitare il bosco, di aderire all’ospitalità concessa, che conosce i nomi delle piante, e nel rito rende tutto terso perché è peculiare l’affine tra cespuglio e altare); una specie di frugale teodicea (non tutto è bene, non tutto è male: la natura è ed è tutto, anche il personaggio più feroce – dama Eboshi – è capace di gesti di arcuata nobiltà – ha cura dei lebbrosi, degli abbandonati). L’uomo si svela nel rischio: occorre scegliere, capire. Il principe Ashitaka è indubbiamente buono, ma uccide; chi appare santo, devoto al Buddha, il monaco Jiko, in realtà vuole decapitare il dio del bosco. Chi è avido è doppio; chi sa chi è, altro dal rancore, parla con bianca ingenuità.

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Alla base dei film di Miyazaki è una crisi: comunque, sempre, un mondo finisce, è defunto – perché ne fiorisca un altro. L’opera germinale è la serie Conan il ragazzo del futuro, ideata nel 1978. In questo caso, il pianeta è terso in desolazione (“le armi elettromagnetiche cancellarono più di metà degli esseri umani dalla faccia del pianeta”), e due ragazzi, Conan e Lana, cercano di sopravvivere. Conan è audace, ha una forza formidabile; Lana è fragile, ha in dono la telepatia, sa parlare con tutte le creature: uno è la soluzione dell’altro. Un rapporto simile lega Pazu a Sheeta, protagonisti del film Laputa. Castello nel cielo (1985). In quel caso, l’utopia di un mondo ‘in aria’ si disintegra, è colonia del sogno; piuttosto, è sottile l’allusione alla tecnica. I robot impiegati a Laputa erano utili, onesti, necessari al mito: possono però convertirsi in armi di distruzione micidiali. In Miyazaki la nitidezza rende superflua l’ideologia, il bene non è superiore – aggettivo usato dai deboli – ma laterale, su un altro piano.

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HBO ha conquistato i diritti dei film dello Studio Ghibli, la casa di animazione fondata da Miyazaki e da Isao Takahata – altro talento, più remoto, però, autore di film memorabili come Una tomba per le lucciole e La storia della Principessa Splendente – nel 1985. Gli americani, ora, vanno in brodo per Miyazaki, che pure hanno premiato, nel 2003, con l’Oscar per La città incantata (di norma il premio per il miglior film di animazione non esce fuori dai confini anglofoni). In particolare, usano Nausicaä della Valle del vento (1984) giocando alle analogie pandemiche. Anche in quel caso, una “guerra termonucleare” ha sconvolto l’ecosistema terrestre, alcune zone del pianeta sono tossiche, si possono attraversare usando maschere speciali. Anche in questo caso, una piccola comunità felice – al netto dei buonismi: è felice perché vive assecondando i ritmi della natura, ciascuno compiendo il proprio compito, all’ombra del sacro – è sconvolta dagli imperiali dell’avidità. Una ragazza, Nausicaä, è luminosa e audace, vuole conoscere e non sterminare ciò che terrorizza, trova, in ogni cosa, il punto concorde e quello di rottura. Non teme – se deve – di sguainare la spada, non crede nell’offesa se ci si può difendere spogliandosi. Non ha proclami con cui detergere il tempo – resta in ascolto. Accoglie il vento, i capricci del caso, l’enormità del divenire, dandosi una norma.

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Susan J. Napier, studiosa di cultura e letteratura giapponese, ora alla Tufts University, ha pubblicato per la Yale University Press un libro sulle opere dello Studio Ghibli, Miyazakiworld: A Life in Art; ha scritto un articolo su Nausicaä, “il primo grande successo del leggendario studio di animazione”. “Negli Stati Uniti tendiamo ancora a pensare all’animazione come a un prodotto per bambini. I film dello Studio Ghibli, però, sono per tutti, per tutti quelli che hanno provato gioia e speranza, dolore e disperazione. Non sono meramente didattici, ispirano un pensiero, a sentire oltre l’ordinario… Questi film non terminano nel tipico modo hollywoodiano, ‘e vissero per sempre felici e contenti’: i giovani protagonisti che popolano il mondo Ghibli sono coraggiosi, pieni di speranza. Affrontano la perdita e la catastrofe con pazienza, con rettitudine. Nausicaä della Valle del Vento è il film grazie al quale Miyazaki, visto il successo, è riuscito a fondare lo Studio Ghibli. Ambientato in un futuro terrificante, dove le spore tossiche hanno avvelenato l’ambiente, mostra gli ultimi resti dell’umanità che al posto di unirsi si combattono a vicenda, in un deserto tossico. Altri registi avrebbero forgiato una figura come Mad Max, capace di vincere la devastazione con gli strumenti della forza bruta, dell’astuzia, della spietatezza. Miyazaki invece crea un personaggio solare: la giovane principessa Nausicaä. Nausicaä è intelligente: costruisce un laboratorio, nei sotterranei del castello, per studiare le spore tossiche. È un ottimo aviatore. Sa maneggiare la spada, che non ha timore a usare nei momenti di necessità. Soprattutto, ha una immensa compassione, una intelligenza riflessiva, una profonda empatia. Nausicaä crede che tutta la vita sia sacra e lo dimostra non soltanto quando tiene le mani di uno degli anziani malati del suo villaggio ma anche quando osserva con gioioso stupore le mostruose e surreali creature che sono riuscite a prosperare in un ambiente insano… Questo film non è semplicemente ‘dolce’, ‘incantevole’, ‘magnifico’, come scrivono molti recensori. La tristezza e la meraviglia che permeano la storia la rendono profonda, stimolante”.

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Il ritmo dei film di Miyazaki lo impone Joe Hisaishi, un genio musicale – ha lavorato anche con Takeshi Kitano, ha elaborato la musica di Departures, film che con meravigliosa esattezza racconta il rapporto con il corpo morto, con il cadavere, a cui va dedicata una attenzione triplice, perché sia giusto e senza giogo il trapasso. A volte ho voluto amare la principessa Mononoke – si ama ciò che uccide, è risaputo. Ma per elevarsi a lupi occorre che il proprio demone sia riferito in un duello di carta, e conoscere dove l’albero si divarica in casa. (d.b.)

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