27 Dicembre 2018

La suocera impossibile. Dai Manzoni i problemi di tutti: Giulia Beccaria non sopportava la seconda moglie del divo Alessandro

Fu uno dei migliori amici di Alessandro Manzoni, Tommaso Grossi, a presentare, all’illustre autore dei Promessi sposi, colei che sarebbe diventata la sua seconda moglie. Teresa Borri, vedova del conte Stefano Decio Stampa, la donna che Manzoni scelse, dopo la morte, nel 1833, della bionda e gracile prima moglie che aveva dato alla luce dieci figli, Enrichetta Blondel. Il Grossi descrisse Teresa, all’amico Manzoni, come una donna “colta, intelligente, sensibile, dedita al figlio e alle cure della casa – come si legge nella preziosa biografia La famiglia Manzoni di Natalia Ginzburg – Gliela presentò, una sera, a teatro. Grossi sapeva che Manzoni era stanco di vivere solo. Sapeva che la madre di lui desiderava si risposasse”.

Bastarono alcune visite a Teresa che, vista l’approvazione materna, Alessandro Manzoni si decidesse a chiederle la mano. “A quella domanda di matrimonio, Teresa esitò. Se esitasse davvero – continua la Ginzburg –, o invece simulasse esitazioni, è difficile dirlo. Le obiezioni che manifestò riguardavano la propria salute cagionevole – aveva sempre così spesso infiammazioni alla gola, e altri mali – il pensiero della propria inadeguatezza a un così alto onore, e il timore che il figlio non fosse contento”. Il figlio Giuseppe Stefano, Steffanino, che era ormai un diciassettenne, lasciò libera la madre di fare quello che lei credesse “il meglio per tutti e due”. La vita di Teresa, fino ad allora, le aveva riservato non poche difficoltà. Era incinta di Stefano, nel 1819, quando suo marito ebbe il primo sbocco di sangue, che venne curato secondo la medicina avanguardistica di allora, con diete e salassi, e con la villeggiatura a Lesa, sulla sponda piemontese del lago Maggiore. Tuttavia, il povero conte Stampa non riusciva più a camminare e, nel dicembre, ormai si nutriva solo di una marmellata di rose, “un dolciume genovese”, e si spense, reciso dal male.

All’apertura del testamento, ebbe inizio un’aspra guerra tra suocera e nuora, perché la madre Julia non voleva saperne di accontentarsi soltanto di una misera pensione, ma vantava diritti su parte dell’eredità che il conte Stefano Decio aveva assegnato a moglie e figlioletto. Così Teresa Borri fu costretta a rispondere, colpo su colpo, a magistrati, procuratori e avvocati, indagando e facendo calcoli, aiutata, in questo, per fortuna, dal fratello Giuseppe.

Il matrimonio tra Teresa e Alessandro Manzoni venne quindi celebrato il 2 gennaio 1837. Poco dopo, iniziarono i rapporti problematici per la seconda moglie, Teresa Borri Stampa, con la seconda suocera, Giulia Beccaria, che era “avvezza ad essere considerata per padrona”, a casa Manzoni. Ah, le suocere. Natalia Ginzburg dipinge Teresa Stampa, con parole forse troppo dure – del resto, si sa, bisogna schierarsi, parlare a nuora perché suocera intenda –, come una matrigna indifferente per i figli del Manzoni, visti da lei come “ombra, inutile ombra, grigia e senza interesse. Li osservava come si osservano, al di là dai vetri, degli estranei che per caso ci siano capitati nel giardino di casa, e che fra poco, grazie a Dio, se ne andranno via”. Del resto, anche donna Giulia detestava con trasporto, ricambiata, Stefano, il figlio di Teresa, che, in questo intreccio di amore e odio, andava invece d’accordo con il patrigno, tanto amato dalla madre. Teresa aveva una villa anche a Morosolo, nel varesotto (Villa Aletti Stampa) e, durante la prima estate del suo matrimonio, aveva persino chiesto al fattore Antonio Maspero, di valutare l’ipotesi – che non si presentò mai, chissà perché – di accogliervi la famiglia Manzoni al completo, di trovare, insomma, i letti necessari. Giulia Beccaria, a tavola a Brusuglio, rifiutava, con stizza, il vino che Teresa faceva arrivare appositamente da Morosolo. Del resto anche la contessa Teresa Borri Stampa, a ben guardare, era un po’ una suocera. Basti pensare che, nel 1823, avendo a disposizione finalmente un po’ di denaro dall’eredità del primo marito, commissionò, all’amico pittore Francesco Hayez, un ritratto di famiglia. Ma la tela la lasciò insoddisfatta – esistevano già allora i fanatici del fotoritocco ante litteram – a causa di un “gozzo discretamente visibile”. Quello stesso Hayez de Il bacio, non volle saperne, giustamente, di fare qualche ritocchino alla sua opera e, dopo lettere di fuoco, si tenne il quadro, in cambio di un altro soggetto. Nel frattempo, Teresa ebbe il privilegio di leggere, nel 1827, I promessi sposi e ne scrisse, con grande entusiasmo, alla sua, di madre.

Linda Terziroli

Gruppo MAGOG