15 Dicembre 2022

Per capire l’Iran ricordatevi l’Operazione Ajax. Ovvero: contro l’ipocrisia occidentale

Al principio degli anni ’50 del secolo scorso, c’era nel Regno di Persia – il cui nome, secondo Erodoto, deriva dal mitico Perseo – un primo ministro di nome Mossadeq. Intendeva riformare in senso democratico il suo paese. Era molto amato dal suo popolo quanto esecrato dalle anime nere del petrolio e dall’oligarchia finanziaria della City e di Wall Street. Questo coraggioso statista si era permesso di nazionalizzare le risorse petrolifere del paese sottraendole al lucroso controllo della Anglo-Iranian Oil Company, al fine che tanta ricchezza ritornasse al popolo. Apriti inferno! In codice, Operazione Ajax: blocco delle esportazioni, colpi di propaganda (fallita) al fine di screditare il povero Mossadeq. Infine, colpo di stato con la regia dell’M16 britannico e della CIA, e cambio di scena: arresti a vita per il povero Mossadeq e assassinio del suo ministro degli esteri, Hossein Fatemi. Mossadeq e il suo governo avevano osato sfidare quelli che si ritenevano (e si credono sempre) i padroni di tutto ciò che vive e respira sulla terra, i padroni assoluti di tutte le risorse, di conseguenza i veri padroni dell’oro nero. E su quale base? Quale diritto internazionale? Fondamentalmente sulla base della “legge dell’artiglio e della zanna”, tanto per citare il veterodarwinista Kipling, il cantore del British Empire, nel suo Libro della Giungla. Insomma il solito copione.

Lo scià di Persia, che durante la crisi tra Mossadeq e le grandi potenze neocoloniali se l’era vigliaccamente filata al modo dell’ultimo re d’Italia (non fuggendo da Roma, bensì trovandovi rifugio!), ritornò nel suo regno sognando forse di essere la reincarnazione di Ciro il Grande. Glielo fecero credere. Recitò persino in una specie di colossal in stile hollywoodiano in cui venivano celebrati i 2500 anni dalla fondazione dell’Impero Persiano. Ma ahimè! La farsa non piacque al popolo iraniano (e meno che mai al clero sciita), il quale ha un suo senso dell’onore e forte l’anelito al martirio: si leggano le pagine di Elias Canetti in Masse e potere, dove viene descritto un popolo di flagellanti, quando nel mondo sciita si commemora il giorno del martirio del “Comandante dei credenti”, l’Imam Alì.

Mohammad Mossadeq (1882-1967) al confino

E venne il giorno in cui la farsa si trasformò in tragedia, con ondate di protesta in un mare di sangue, e lo scià fu costretto a fuggire per la seconda e ultima volta. Khomeini invece rientrò a Teheran dal suo esilio parigino accolto da folle in estasi o in delirio. Così è nata la Repubblica Islamica dell’Iran. E a questo punto, per quanto gli oligarchi occidentali tentassero di tutto per abbattere il regime, non ci fu verso, nemmeno quando contro l’Iran aizzarono Saddam Hussein (era ancora nelle grazie dell’Occidente) in una guerra che fece centinaia di migliaia di morti, e tanti iraniani e curdi furono gasati.

La fine di Mossadeq e del suo Ministro degli esteri, e del loro coraggioso tentativo di fare del paese una democrazia, tentativo stroncato sul nascere soprattutto dagli Stati Uniti e dall’Inghilterra, penso che avrebbe dovuto essere la doverosa premessa agli editoriali e ai servizi che sono apparsi in questi giorni sui giornali e nei telegiornali del “mondo libero”. Qualcuno se ne sarà ricordato? Eppure ciò che accade oggi in Iran è anche un effetto storico collaterale di quel colpo di stato.

Detto questo, è con emozione e profonda ammirazione che guardo alla rivolta dei giovani e meno giovani che sfidano il regime. Le ragazze, le donne, le trovo ancor più coraggiose e ammirevoli, poiché sono doppiamente oppresse, come sempre e ovunque. Magari si sollevassero i giovani di tutto il mondo, mentre la risposta sembra ancora tiepida. La “polizia morale” del regime ricorda i “piagnoni” nella Firenze del Savonarola. I piagnoni, alla fine, smisero di imperversare e il Savonarola finì al rogo e lapidato forse dalla stessa folla che prima si accendeva al fuoco della sua predicazione. Invece, trovo la solidarietà delle cancellerie occidentali ipocrita, falsa e bugiarda. Parlano di “diritti umani” violati in Iran, ma l’accusa può essere facilmente ribaltata ricordando, ad esempio, il genocidio della popolazione sciita in corso da anni nella Yemen da parte della coalizione saudita a guida americana. Anche l’Italia è complice di questo genocidio, dal momento che invia armi ai sauditi, in violazione della Costituzione che vieta di armare i belligeranti, senza che il presidente Mattarella spenda almeno una parola di biasimo contro questo turpe commercio fatto aggirando la legge. Che dire? “Meglio la Monarchia universale!” forse direbbe Dante.

Delle armi ai sauditi hanno parlato i portuali di Genova, rifiutandosi di caricarle sulle navi e ricevendo per questo semplice gesto umano la solidarietà dell’Arcivescovo della città. Ricordo tutto ciò solo per ribadire quanto poco interessi la vita e la sofferenza della gente a chi detiene il vero potere sull’umanità. Fuori dal loro interesse e profitto, non c’è legge morale e la maggior parte dell’umanità sarebbe composta da “untermenschen”, sub-umani. I nazisti, almeno, lo dicevano chiaramente. Dei valori sbandierati dell’Europa poi, non parliamone. Anzi facciamo almeno un accenno a questi valori, tipo quelli sequestrati dalla polizia giudiziaria (maledetta “polizia morale”!) nella casa e nelle valige della vicepresidente del parlamento europeo (il minuscolo è il minimo) e di altri membri della stessa istituzione. A fronte di 6.500 morti tra i lavoratori migranti durante la costruzione degli stadi per il Mondiale (fonte, The Guardian), bisognava accreditare presso il parlamento e l’opinione pubblica europea l’idea che il Quatar fosse un paese che fa progressi, o comunque intende farli, nel campo dei diritti umani fondamentali, a cominciare dal diritto alla vita.

Immaginiamo quindi quanto possa importare a certi uomini e donne delle istituzioni occidentali la vita e la sofferenza dei giovani iraniani, se non in senso strumentale.

Gruppo MAGOG