Come il pane è il più necessario di tutti i cibi, così il pensiero della morte è il più necessario di tutti gli esercizi ascetici. Il ricordo della morte in coloro che vivono in mezzo ad altri fratelli produce fatiche e meditazioni, o piuttosto il piacere dell’umiliazione, mentre in coloro che vivono fuori dai rumori genera abbandono dalle preoccupazioni, preghiera incessante e controllo della mente. Queste virtù sono madri e figlie del ricordo della morte.
Come lo stagno si distingue con chiarezza dall’argento, anche se è simile nell’aspetto, così coloro che hanno discernimento distinguono in modo chiaro e netto la paura naturale della morte da quella contro natura. Vero segno di coloro che si ricordano della morte nel profondo del cuore è il volontario distacco da ogni creatura e il totale abbandono della propria volontà. Virtuoso è chi attende la morte ogni giorno, santo è chi la desidera ogni ora…
Colui che vuole mantenere sempre in sé il ricordo della morte e del giudizio di Dio e si abbandona alle preoccupazioni e alle distrazioni materiali è simile a chi, mentre nuota, vuole battere le mani. Il vivo ricordo della morte riduce il cibo e, quando si riduce il cibo in umiltà, vengono recise anche le passioni…
Come alcuni definiscono infinito l’abisso e lo chiamano “luogo senza fondo”, così il pensiero della morte procura purezza ed attività spirituale incorruttibili… Convinciamoci che anche il pensiero della morte è un dono di Dio insieme a tutti gli altri suoi benefici; se non fosse così perché, recandoci presso le tombe, molte volte rimaniamo privi di lacrime e duri di cuore, mentre assai spesso siamo afflitti senza vederle?
Chi è morto a tutti si ricorda della morte; ma chi ha ancora legami non ha tempo per farlo, poiché tende insidie a se stesso.
Non voler rassicurare tutti a parole dell’amore che nutri per loro, ma piuttosto prega Dio che lo riveli loro in modo misterioso; altrimenti non ti basterà il tempo per mantenere le relazioni e per praticare la compunzione. Per gli uomini, dice qualcuno, non è possibile, non è assolutamente possibile passare il giorno presente in modo pio a meno di non ritenerlo l’ultimo della vita.
Giovanni Climaco
*da “Scala del Paradiso”, in “La mistica cristiana”, a cura di Francesco Zambon, Mondadori, 2020