È possibile trovare un romanzo inedito, pieno di garbo e umorismo, di satira sottile, che sia sfuggito per oltre duecento anni ai traduttori italiani? Difficile, ma non impossibile: è il caso di Brauproben, ossia Fidanzate alla prova di Fredrich August Schulze (Marietti 1820), tradotto da Aldo Setaioli, uno dei massimi latinisti italiani ed europei, già professore all’Università di Perugia, e ora Professore Emerito, grande poliglotta e uomo polytropos, dai molteplici talenti e dagli interessi culturali vasti come il mare, dal fumetto di Carl Barks alla letteratura tedesca di inizio XIX secolo. Con questa traduzione, Setaioli ci fa conoscere F. A. Schultze, nato a Dresda nel 1770 e morto nel 1849. Schultze visse nel periodo di massimo fervore intellettuale della Germania, all’epoca una vera fucina di geni, che avrebbe influenzato la cultura di tutto l’Occidente in modo determinante. Schultze fu in contatto con molti protagonisti di questa grande fioritura culturale, eppure ne fu solo marginalmente influenzato nella sua produzione letteraria, che fu per lo più pubblicata sotto lo pseudonimo di Friedric Laun, ma anche di Jeremias, Felix Whongelmuth, Helldunkel ed Heinrich Spieß.
Fidanzate alla prova nasce in piena epoca romantica, ma è interessante che, come sottolinea A. Setaioli, traduttore e curatore del volume, sebbene il romanzo sia collocato in pieno Romanticismo, sembra non essere minimamente toccato da questa corrente culturale e letteraria: esso, nonostante non fosse fra le opere preferite dell’autore (tanto che non lo incluse nelle sue Gesammelte Schriften), presenta molti punti di interesse, dato che ci offre un quadro tutto sommato affidabile dell’alta borghesia tedesca, ricca, ma in generale non molto interessata si grandi movimenti culturali di quell’epoca, in piena Restaurazione (il Congresso di Vienna si era da poco concluso). Tutti i personaggi principali dispongono di servitù e i rapporti sono assai formali: persino tra fidanzati ci si dà del lei, e così il quarantenne protagonista si rivolge al padre, che resta senza nome dall’inizio alla fine del romanzo, e che forse è il riflesso di una mancanza di rapporto con la figura paterna da parte dell’autore: infatti, il padre di Schulze, banchiere, si impegolò in rischiose speculazioni, che lo portarono a indebitarsi al punto tale che, per sfuggire ai creditori, fuggì, scomparendo nel nulla.
Quanto alla trama di Fidanzate alla prova, immaginate di essere un distinto scapolone, giunto alle soglie dei quarant’anni senza essere ancora incappato nella tagliola del matrimonio e senza aver combinato molto nella vita, eccetto la conquista dell’ambito titolo di dottore, e un lungo viaggio di formazione, il Grand Tour caro ai nostri antenati. Tale è la situazione di Max, protagonista e voce narrante. Siamo nella Berlino dell’anno 1819, in piena Restaurazione, e Max, tornato a casa, scopre, però, con raccapriccio, la sorpresa, o meglio, il brutto tiro che il padre ha in serbo per lui; trovarsi una moglie, entro un anno, e metter su famiglia; altrimenti sarà diseredato. Immaginate il colpo! Ma Max è un uomo pratico, per cui si mette subito in cerca della fidanzata ideale, aiutato dal fido servitore – angelo custode Niklas, che ce la mette davvero tutta per comporre, a beneficio del suo padrone e pupillo, un buon catalogo di possibili fidanzate. E, non esistendo Tinder o FB Dating, a chi ci si rivolge per conoscere abitudini e condotta morale delle giovani candidate? Ma al sacrestano, ovviamente, proprio come, sino a pochi decenni fa, era il parroco, soprattutto nei paesini, a consigliare, benedire, e, a volte, persino a combinare certe unioni.
Per Max, assistito da buon Niklas, una sorta di affettuoso e sollecito padre vicario, la questione matrimoniale si risolve, essenzialmente, in un affare, necessario per non perdere la cospicua eredità paterna (o meglio, come si specifica nel corso del romanzo, la quota eccedente la legittima). Il catalogo matrimoniale, compilato controvoglia, ma con diligenza tutta tedesca, dal buon Niklas, non tiene in alcun conto i sentimenti, e non si discosta, in sostanza, dai campionari di contatti assemblati dalle moderne agenzie di incontri, che propongono una serie di incontri concepita in astratto, con qualità e caratteristiche di vario genere, senza tenere conto dei sentimenti, che nascono solo dalla conoscenza. Gli esiti saranno nefasti: le ragazze che Niklas propone a Max, infatti, hanno, sulla carta, tante qualità, ma si presenta sempre qualche circostanza inaspettata: la prima giovane, Emma, figlia di un consigliere per l’edilizia (quanti titoli roboanti hanno i padri di queste ragazze!) non solo si rivela una pessima cuoca, incapace di far servire all’aspirante fidanzato una zuppa che non sia bruciata, ma, al di là del suo bel visino, non ha alcuna verve, è incapace di sostenere una conversazione, e, alle domande del povero Max, non sa rispondere che dei freddissimi “sì” o “no”, tanto che al protagonista vengono i brividi alla prospettiva di restare per la vita in compagnia di quella bella statuina. Si passa dunque alla seconda candidata, Laura, figlia di un medico, bruna (significa qualcosa: siamo pur sempre in Germania), dotata di buon carattere, anche se qualcuno le rimprovera di amare troppo gli anelli e di mettere troppo in mostra le mani. Purtroppo, la conoscenza comincia sotto pessimi auspici: lo scoiattolo della giovane scappa infatti fuori dalla porta, Max si lancia a inseguirlo, e in quel momento incrocia una carrozza, dentro la quale vede una ragazza dall’incantevole profilo, che lo conquista fulmineamente: ma, ahimé, alla maniera della “passante” cui Baudelaire dedica la sua celebre poesia, quella fuggitiva bellezza sparisce, inghiottita dal traffico della città. Del resto, l’auspicato fidanzamento con Laura fallisce prima di iniziare, dato che Max, recuperato lo scoiattolo, lo uccide accidentalmente, dandogli da mangiare delle mandorle amare, e scoprendo il lato facile all’ira – ma chi non uscirebbe dai gangheri? – della giovane. Le ragazze che Max conosce poi sono: una aspirante poetessa, Bertha Miller, che dimostra però una incredibile insensibilità torturando le farfalle che colleziona, trafiggendole vive con uno spillo; una giovane gentile, Kornelia Turkheim, con qualche segno lasciato dal vaiolo sul volto, ma, soprattutto, con una amatissima nipotina, che potrebbe essere facilmente una figlia, dato che la ragazza l’ha portata con sé da una stazione termale dopo esservisi trattenuta per circa un anno, e dato che, l’autunno precedente la sua presunta malattia un aitante ufficiale aveva preso una stanza in affitto in casa sua; e poi Gottliebe, la giovane orfana di un pastore protestante, tanto buona, gentile, bene educata, ma insensibile alla sofferenza di un maiale macellato, e, anzi, desiderosa di assistere con entusiasmo alla scena. Eppure, a un certo punto Max pensa di avere incontrato la donna ideale, Elise, giovane vedova, che tuttavia sembra coltivare una eccessiva familiarità con una coppia di gemelli: e solo in extremis Max si salverà dal matrimonio con la donna, che da tempo è l’amante del giovane amico, con cui era probabilmente in intimità anche prima di contrarre il matrimonio con il consorte defunto.
Il padre, allora, colto da pietà, accorda ancora a Max tre mesi di tempo, e il giovane si impegola non con una, ma con tre ragazze, due vedove (i mariti morivano davvero come mosche nella Germania del tempo!) e la giovane della carrozza, Therese, fortunosamente ritrovata. Ma c’è un grosso ma….: la prima vedova, Tina, ostenta un lutto rumoroso e quasi caricaturale, e un attaccamento per Max che ha tutti i tratti della forte gelosia; la seconda, Helena, ha un contegno impeccabile, è dignitosa ed elegante, e sembra persino intenzionata a prendere il velo dopo la morte del coniuge. Therese, invece, è semplicemente perfetta, ma, ospite a casa sua, Max impallidisce quando la ragazza, facendo un movimento per alzarsi, lascia cadere dalle spalle il suo bellissimo scialle turco, rivelando una gobba spropositata. Max ne è turbato, eppure le preferenze del suo cuore continuano a essere indirizzate verso la bella e dolce Therese…Fidanzate alla prova è una piacevolissima scoperta, percorso com’è da una vena sottilmente ironica perfettamente resa dal traduttore, Aldo Setaioli, grandissimo latinista, Professore emerito all’Università di Perugia, e traduttore d’eccezione di questo gioiellino sinora sconosciuto in Italia.
Silvia Stucchi