Cronistoria di un festival. La mia prima volta al FLiP
Stili di vita
antonio coda
Ciao, cosa fai di bello?
– Scrivo, scrivo sempre e leggo.
– Uauh!, ti godi la pensione.
– Goduria piena.
– E adesso cosa stai scrivendo?
– Un libro sulla velocità.
– La velocità!?, ma se tu sei andato sì e no qualche volta in aereo!
– Che ne sai?
– Ti conosco.
– Per tua norma, io ho guidato un bel po’ di motociclette da ragazzo, mio padre era un collezionista, lui mi dava la sua Bonneville 750, Triumph, naturalmente, e io correvo parecchio, a rischio di rompermi la noce del collo. Allora non si usava nemmeno il casco.
– Se non sbaglio Bonneville è il nome del posto dove battevano i record di velocità, no?… Andavano lì per questo, non so se ancora ci vanno, è negli Stati Uniti; distese a perdita d’occhio, lago salato… Ma vorresti dirmi che sei diventato un esperto in materia per via delle tue scorribande giovanili?
– Mi sono documentato.
– Bisognerebbe andare al Cern a vedere l’acceleratore di particelle come funziona, forse uno alla fine ci capisce qualcosa su che mistero è la velocità.
– Io non ci capirei niente, e poi lo ammetto, sono lentissimo, anche nella comprensione. Mio padre, sempre lui, diceva che ero monomarcia.
– Bella questa immagine, intendo la definizione di monomarcia.
– Perché lui umanizzava tutto, a qualsiasi cosa metteva un nome o attribuiva uno pseudonimo rispetto a una determinata caratteristica che individuava nelle persone, come nelle cose… Io ero lento, e lo sono ancora, eppure sono vissuto nel mito della velocità, da bambino volevo diventare un campione di Formula Uno, non ci sono riuscito, ma mi è rimasto tutto di quel periodo, è una fase della mia vita che si è fissata nel mio animo. Anche Dio, secondo me, vive in un’accelerazione continua, potente, vorticosa, vertiginosa, dantesca e michelangiolesca insieme, che puoi scoprire solo conoscendo che cos’è il suo contrario. Hai letto “La scoperta della lentezza”, di Nadolny? È un libro bellissimo; io mi sento di stare più dalla parte del protagonista di quel romanzo, che dalla parte dei primatisti mondiali… E ora ti dico che cosa mi è successo: ieri mi hanno chiesto di scrivere un racconto su Kafka, per il centenario della sua morte. Da consegnare al più presto, al più presto, capisci? Ti dico che mi sono venuti i capogiri. Ho visto un arco di tempo brevissimo davanti a me, ma anche luminoso, abbagliante, che m’impediva di agire però, non so spiegarti. E io dovevo stare dentro quell’arco compresso, impossibile per me, in cui non riuscivo a starci… Non ce la farò mai, mi sono detto. Misuro il niente che ho nella testa, vuoto assoluto, solo il desiderio di tornare indietro a quando ero bambino e mio padre, all’ultimo momento, prima del ritorno a scuola, con i pacchi dei regali della befana aperti, lì di fianco, gli occhi sempre distratti da quei giochi nuovi, ebbene lui mi dettava il tema per le vacanze che sistematicamente confessavo di non avere fatto. Non bisognerebbe insegnare la tecnica per scrivere meglio, ma quella per scrivere più velocemente possibile, e nel miglior modo. Dare un tempo e via! Tempo brevissimo di composizione a tema, che dovrebbe essere difficilissimo. Allora si vedrebbe chi è veramente capace.
– Io un suggerimento ce l’avrei.
– Davvero?
– Hai letto La metamorfosi?, io l’ho letta almeno tre volte. Non stare a domandarti perché, fissazioni mie, malattie mie che non so spiegarti, mi dominano e basta, fatto sta che all’ennesima lettura, ho scoperto una cosa che mi ha colpito, il fatto che alla fine del racconto il povero Gregor Samsa, morto, viene buttato via con la scopa dalla cameriera. Voglio dire, come si fa a gettare quell’enorme insetto da qualche parte? Dove lo butti un mostro come quello?… Si potrebbe iniziare da lì, che qualcuno trova nella spazzatura la carcassa dell’insetto, ovverosia Gregor Samsa trasformato in bestia, e avvisa chi di dovere.
– Qui il pandemonio!
– Certo, e avanti a raccontare, ce n’è , ce n’è! Tutta Praga è in subbuglio, è stato trovato un insetto di proporzioni gigantesche. Da dove è uscito?, e com’è morto? La polizia indaga, mentre il mostro, recuperato, viene esposto nel museo naturale di Praga.
– Formidabile! Caso mai se lo contendono pure, potrebbe essere che, subodorato l’affare, varie istituzioni cittadine s’industriano per accaparrarselo, quindi si verificano attriti, contese burocratiche, saltano fuori avvocati, leggi, diritti, tutti si danno da fare intorno a quell’essere straordinario che è Gregor Samsa, trasformato in blatta.
– A questo punto entra in scena la famiglia Samsa.
– Per forza!
– Eccoli che confessano il motivo per cui hanno gettato quella strana creatura, spaventosa, direi, e che hanno accudito per giorni. Infatti è questo che i Samsa pongono a loro giustificazione, come potevano tenersi in casa un esemplare simile?
– Che storia! Non ci si ferma più, potrebbe diventare un intero romanzo, ovvero la continuazione della Metamorfosi di Kafka.
– Le proporzioni di quell’animale non si spiegano, nessuno sa spiegarle, nonostante proseguano le indagini e gli interrogatori alla famiglia Samsa, e agli inquilini che vivevano in fitto da loro, e inoltre alla cameriera… E già, perché è lei che l’ha gettato. Come abbia fatto non si sa, nel senso che si cerca di risalire al modo con cui la donna è riuscita a sbarazzarsene, trasportandolo fino all’immondizia. Dunque è lei che viene messa sotto torchio. Ed è lei che finisce per confessare l’assurdo: l’insetto era un uomo, si chiamava Gregor Samsa, e un giorno si è svegliato nel suo letto trasformato, senza volerlo, in scarafaggio…
– Aspetta, mi è venuta un’idea, ricominciamo daccapo, e se la domestica venisse trovata di notte da un gendarme che sta sotterrando il mostro, per dargli sepoltura insomma?
– Interessante. Sì, adesso mi sembra che…
– Quindi ci sarebbero i giornali che diffondono i fatti, fatti che hanno dell’incredibile. Pensa al clamore che hanno le foto sull’opinione pubblica. Vengono da tutto il mondo a vedere quella cosa orribile che è Gregor Samsa, prima trasformato in insetto, poi morto in quel corpo abominevole! Perché lui non è come Pinocchio che alla fine è diventato bambino, no, Gregor ha fatto il percorso inverso, da uomo è morto insetto, e che insetto!, viste le dimensioni, e in cui consiste l’assurdità di questa storia, che non finisce mai di espandersi, di moltiplicarsi, e prendere vastità planetarie.
– Formidabile, vedo che ci sei!
– Sembra impossibile che un individuo si trasformi in quel modo, che un bagarozzo parli, abbia pensieri profondi, umani?, che la vita ruoti intorno a lui, nella consuetudine dei giorni, e che tutto venga sopportato, sebbene nella cattiveria, nell’apparente mancanza di pietà… Perché quella, quella resiste, non scompare, fino all’ultimo, quando, nonostante tutto, ogni cosa sembra tornare nella norma.
– Vai avanti.
– Tutta Praga è presente, assiste al processo, e partecipa, s’infervora, si divide, giudica. I giornali, il cinema, è un vero evento, un colossal dell’informazione, il mondo intero è colpito… Si tratta dell’apoteosi di Gregor Samsa. Chi era costui?, per cosa è vissuto?… Il processo si diffonde per le strade del mondo, viene addirittura ascoltato attraverso gli altoparlanti.
– E’ una scena universale, universale!, come può finire una storia così?
– Secondo me il clou della vicenda è il processo, occorre descrivere quello.
– Bravo!, e dicevi che ti mancavano le idee.
– Si inizia con la cameriera. Da quanto tempo lavorava dai Samsa?, che legami aveva con Gregor?… Perché?, perché?, perché? La donna ha giurato di dire la verità, e parlando di Gregor, del suo rapporto con lui, ecco che scoppia a piangere. Il mormorio nell’aula cresce, qualcuno grida: lasciatela parlare. E gli altri in coro: la verità, vogliamo sapere la verità!… La donna confessa che era affezionata a Gregor, lo amava. Tutta l’aula sembra piombare in un abisso, fuori Praga s’intenerisce e si scandalizza insieme per la vicenda dei due. Il giudice fa fatica a contenere la disciplina, la tensione del pubblico è troppo alta, soprattutto quando la donna, in preda alla disperazione, afferma che Gregor le è stato tolto non solo da quella misteriosa e inspiegabile trasformazione, ma dal lancio rabbioso delle mele che il padre tirava contro il figlio; sì, la donna confessa che è il padre ad averlo ucciso, scagliandogli addosso una mela che l’ha preso in pieno, tanto che si conficcò nel corpo dell’insetto, fino a portarlo all’agonia e poi alla morte.
– Amico mio, continua, il racconto ormai è tuo…
– La famiglia Samsa inveisce, in effetti il processo assume una nuova piega, e dilaga, trasborda: il vero processato è Gregor, nella fattispecie del suo mostruoso sembiante muto. Gregor viene accusato di tutto, l’odio della famiglia contro di lui diventa furioso. Si cerca di arginare l’alluvione di recriminazioni, di rancore. Il dispetto che la famiglia prova per lui è incomprensibile, ma sembra tutto inutile, belve, belve che si avventano su un cadavere, e sulla memoria infamata dell’uomo, una volta giovane buono e ragionevole, oggi vittima sacrificale di quel grande male che lo circonda, che sembra non finire mai. Eppure il vero scandalo è rappresentato dalla domestica, intendo dire dalla sua pietà, il fatto che si possa continuare ad amare proprio sull’orlo della vita, proprio dove finisce, proprio lì, in quel punto preciso, dove inizia il mistero. È lei a diventare la protagonista, l’Antigone che dà giusta sepoltura all’uomo, la terra che gli spetta, il saluto, il ricordo di un bacio, perché all’origine c’è questo. E il processo si mette a discutere del bacio che ci fu fra i due. “Che tipo di bacio era?” chiede il giudice. La cameriera arrossisce. “È una bugiarda, mente, si è sempre inventata le cose – scoppia a dire la madre di Gregor – io me ne sarei accorta”. “Quando mai tu ti accorgi di qualcosa” replica verso di lei il signor Samsa. “Per favore – interviene il giudice –, ascoltate, ascoltate, vi prego”. E pare incredibile la tenerezza in cui svolta quel tribunale, per l’essere raccapricciante che ora è Gregor, e per quella donna, che non era nemmeno bella, ma era così. Lei infonde al processo il suo lato caritatevole, sebbene imprevisto.
– E come finisce?
– L’udienza s’interrompe di colpo, nell’istante che il grande scarafaggio che era Gregor Samsa scompare.
– Sarebbe?
– Scompare, all’improvviso si rimpicciolisce come un palloncino che si sgonfia, e sotto gli occhi di tutti, dell’intero mondo che assiste incredulo. Ecco, svanito, Gregor Samsa, il suo corpo metamorfizzato di scarafaggio si dilegua dalla scena del mondo, pur restando vivo nei libri, nel racconto che scrisse Kafka, per restare lì. Anche se non è mai scomparso dalle sue pagine, è solo uscito per un po’, diciamo che ha fatto una passeggiata per il mondo, per verificare la sua tempra originale, e poi è tornato a casa sua, in quell’appartamento di Praga, con i suoi genitori, sua sorella, e gli altri personaggi della vicenda paradossale che ha inventato il grande Franz.
– Pazzesco!
– L’incredibile è il modo in cui avviene questo. Ti ricordi il tema della velocità all’inizio della nostra conversazione?, ebbene Gregor esce di scena proprio alla velocità della luce, la sua natura si spegne fulmineamente come la velocità che ci raggiunge, che a stento può percepire l’occhio umano… Paf, si dilegua per ricominciare daccapo a esistere ma solo lì dentro, intendo dire nelle parole che ha scritto l’autore, perché non può vivere di realtà, il suo luogo non è questo, il suo luogo è kafkiano, e tanto più è profondo, quanto più è significativa la sua opera su di noi, in grado di farti toccare tutto, per quanto è vera la letteratura, resistente ai terremoti, alle guerre, alle epidemie, anzi, quanto più è forte la negazione del mondo, tanto più la letteratura resiste… Dio l’ha fatta per questo motivo. Altro che elaborazione del lutto, altro che dare un’emozione, o voler solo raccontare una storia. No! Non c’è sorte più straordinaria della vicenda di Gregor Samsa. E Dio lo sa.
– Che c’entra Dio?
– Dio c’entra sempre, Lui è il padrone dell’abisso. Perché Il mondo in quel momento si trasformò in un abisso, e l’insetto che era enorme diventò minuscolo per entrare pienamente in quella voragine fatta di sacrificio e violenza. Questa la terribilità della Metamorfosi, arrendersi al mondo. Solo la dimensione sacrificale ci salva.
– Si sono ribaltate le parti, ora sei tu che sai e io che ti vengo dietro.
– “Guardate, guardate!” gridano tutti, davanti agli occhi spalancati del giudice, ingranditi dalle lenti spesse dei suoi occhiali. L’insetto si sgonfia, si va rimpicciolendo. “Intervenite, fate qualcosa, rischiamo di perderlo” si sente urlare. La creatura mostruosa che era Samsa si contrae in sé stessa e si accartoccia, ma nello scomparire mostra la sua verità, che è quella dell’autore. Di lui, scorrono, come su uno schermo eterno, immateriale, la fine delle grandi certezze, il progresso tecnologico della civiltà europea, la psicanalisi, la debolezza umana di fronte al destino, i meccanismi oscuri e ineluttabili dell’esistenza, il fato che incombe, le radici ebraiche, i conflitti, la tubercolosi, la morte prematura, l’oppressione del sistema sociale, Praga, i sanatori, Milena Jesenskà, Felicia Bauer, Max Brod, la morte e la legge, la lettera al padre, le regole soffocanti che ci opprimono, l’angoscia, i meccanismi imprevedibili dell’inconscio, la solitudine esistenziale, la profezia del futuro disastro hitleriano, l’assurdo e il surreale, il senso di straniamento, il senso di colpa, la vergogna che ci sopravviverà, e il risveglio di Gregor, quella strabiliante mattina, prima di recarsi al lavoro.
Vincenzo Gambardella
*In copertina: Odilon Redon, Il ragno che piange, 1881; nel testo, i disegni sono di Franz Kafka