21 Dicembre 2018

Ad attendere la salma di Megalizzi soltanto il Presidente Mattarella: dov’erano tutti gli sciacalli che gridavano ad Antonio martire dell’Europa? Ah, già, è Natale, niente guerra all’Isis né “Gilet Gialli”, bisogna stappare lo champagne…

Speravo di sbagliarmi. Di essere il solito stronzo senza appello, travestito da cinico per non dare nell’occhio. Speravo, nel profondo di quel pozzo nero che ho al posto del cuore, di dovermi vergognare un pochino per ciò che ho scritto riguardo il povero Antonio Megalizzi, morto a Strasburgo l’11 dicembre scorso e dimenticato non so da Dio ma certamente dagli uomini pochi giorni dopo. Perché ad accogliere la sua bara all’aeroporto di Ciampino, come testimonia impietosamente la fotografia, c’era solo il presidente Mattarella. E sui giornali, poche righe ormai, in attesa dei funerali. Stanche, patetiche e rituali cronache dello strazio di amici e parenti, servizi sulla radio in cui lavorava e, attenzione attenzione, l’Ordine dei giornalisti che gli conferisce il tesserino alla memoria. Data di iscrizione, quella della morte. Non so se siano prìncipi inconsapevoli dello humour nero o persone che hanno bisogno di aiuto. Aiuto serio, non solo una pillolina rossa da mandare giù dopo il caffè.

Dove ca**o erano e sono gli sciacalli che gridavano ad Antonio martire dell’Europa, lordandosi volentieri le mani con il suo sangue ancora tiepido per pittare immaginette in nome e per conto della loro battaglia di retroguardia contro i sovranismi? E dove ca**o sono, dal lato opposto della barricata della miseria umana, gli strepitanti cavalieri della Lepanto 2.0, quelli che piangevano l’ennesima vittima dell’estremismo islamico e della sua sete di conquista dell’Europa, baldanzosi tassatori di rimesse e fustigatori di kebabbari in servizio permanente ed effettivo? Per carità, meglio che tacciano.

Il problema è che non lo faranno per sempre. Ora attendono, hanno altro da fare che omaggiare un feretro o dar seguito ai propri strepiti da cercatore disperato di consenso, tweettaroli di un onanismo plebiscitario del nulla, sanguisughe dell’altrui dolore e delle energie che i loro nervi non hanno più, figuriamoci l’anima. Forse, sono impegnati con i regali di Natale. Forse con la prenotazione del veglione di Capodanno. O la settimana bianca. Forse, soppesati gli indici di gradimento con il bavometro dei propri seguaci, cani di Pavlov in attesa che si accenda la notifica rossa dell’Orrore quotidiano per nutrirsene come cannibali della pietas, hanno deciso che la battaglia per l’Europa tira poco, ora che di Strasburgo e del suo mercatino non parlano nemmeno più a Strasburgo, consci di vivere nel buco del culo dell’Europa, reso per un giorno e mezzo la Netflix vivente da quell’attacco così strano e chiassoso, roba da tramortirti.

Meglio concentrarsi sulla manovra economica, sul reddito di cittadinanza, su quota 100. Roba genuina, che porta consenso e bile immediata, roba spendibile nell’urna. Elettorale però, non cineraria. Ma più di loro, più di quella categoria berciante mer*a che sopravvive soltanto nutrendosi di resti altrui, come avvoltoi senza nemmeno un cielo proprio da deturpare, occorrerebbe inchiodare al muro dell’imponderabile quelli che, chiamati a vario titolo a dare una spiegazione all’accaduto, a informare, a capire, a chiedere chiarezza, sono crollati mollemente di fronte alla farsa dell’ennesima versione ufficiale dei fatti degna di una giustificazione per evitare un’interrogazione al liceo, genuflessi come innamorati senza più dignità che vendono l’anima per un bacio a pagamento, su cui costruire poi un film per tenere buona l’inquietudine, Prozac dell’ego stracciato e liso. Abbiate pietà e decenza, quantomeno chiedete scusa: avete armato per 48 ore una pantomima indegna, montando un palcoscenico ad hoc per soddisfare la voglia di paura della gente. Siete solo spacciatori di film horror, pusher di B-movie per impiegati insoddisfatti, dispensatori di emergenze e allarmi, piazzisti di contorsioni da basso ventre, pulsioni inguinali che guidano dita sulla tastiera, eccitazioni da asfissia del ragionamento e della logica come giochi erotici per scambisti di provincia, demiurghi di una korà sporca e infestante, fanghiglia gretta che di sé lascia solo la traccia lurida dello sporco sotto le unghie, senza nemmeno la dignità del lavoro a giustificarlo.

Se è stato atto di guerra contro l’Occidente, se è stato attacco all’Europa, intimidazione alla libertà, brutale messa in discussione del nostro stile di vita, oltraggio al dialogo e al pluralismo, perché nessuno ne parla più dopo una settimana? Tutti troppo occupati a fare la fila, di notte e al gelo, per comprare le nuove Nike a 170 dollari, con le quali poi sfilare in corteo contro lo sfruttamento sistematico delle multinazionali nel Terzo mondo? Perché nessuno ha omaggiato quel feretro come meritava, se non un sempre più ammutolito e sconsolato presidente della Repubblica, moderno Giovanni Drogo a difesa di quella Fortezza Bastiani del buonsenso in libera uscita, ovviamente dopo aver timbrato falsamente il cartellino, che è l’Italia? Bastano tre colpi di fucile, un blitz da telefilm, un attentatore morto praticamente nel suo cortile di casa e nessuna domanda troppo invasiva per placare la loro inestinguibile, a parole e proclami, sete di verità e/o vendetta? Basta chiudere il conto – e la bocca – con il piombo benedetto e democratico dello Stato, seppur in rapporto di 5 a 1, per dichiarare conclusa e vinta la guerra dell’Occidente contro l’oscurantismo barbuto, contro l’allarme permanente, contro il terrore che si nasconde come serpe in seno fra le nostre strade e piazze, sui pianerottoli di casa? O, almeno, basta fino alla prossima volta, al prossimo oltraggio, al prossimo allarme a orologeria? Che fine hanno fatto, in tal senso, i ‘Gilet gialli’? Spariti. Magari non da tutti gli anonimi svincoli delle provinciali avvolte dalla nebbia di dicembre (Le Monde, ieri, riportava la notizia di 150 blocchi già tolti il 15 dicembre in tutto il Paese) ma certamente dai giornali, dai tg, dai social. Da Parigi. Dai proclami, soprattutto. Non erano l’avanguardia della guerra santa dei pezzenti, volendo citare e scomodare Francesco Guccini?  Non erano gli irriducibili della lotta dura, il seme di una pianta destinata a durare più di una stagione rivendicativa? Non era il nuovo Sessantotto? Sono bastati pochi minuti di discorso alla nazione del Presidente di cui si chiedevano le dimissioni a colpi di molotov, quattro concessioni a babbo morto e una decina di miliardi a deficit in Finanziaria per sospendere sine die la rivoluzione? L’assalto al cielo viene sospeso causa ottenimento di detassazione degli straordinari? Mala tempora currunt.

Ci fosse ancora Ennio Flaiano, saprebbe cosa dire. O è servita Strasburgo per far deporre il gilet catarifrangente anche ai più esagitati, ovviamente in totale e assoluta modalità di casualità temporale, di timing perfetto? E poi adesso arriva Natale, chi protesta a Natale? Giusto quattro casseurs scappati di casa, senza parenti o amici. Poi c’è Capodanno, chi incendia macchine a Capodanno, quando puoi bere champagne del supermarket come Gin della Vittoria sugli Champs Elysée, invece che devastarli? Ovviamente, pagando diligentemente la bottiglia con la tua carta di debito scintillante e facendolo gli auguri alla cassiera del Carrefour, lo stesso che due sabati precedenti puntavi a saccheggiare come un moderno unno in versione lumpenproletariat. Per una notte puoi convivere con l’élite, per una fottuta notte puoi non vedere dalla finestra quel casermone senz’anima, puoi dire addio alla tua giungla personale di cemento e odio e festeggiare sotto casa sua, dell’élite, fargli magari anche gli auguri, agitando la manina dalla strada, mentre lui ondeggia la sua senza entusiasmo, quasi in gesto di benedicente pietà umana: bonne année! La rivoluzione proletaria è finita, la guerra dell’Islam all’Occidente anche e pure il martirio in nome dell’ideale europeista non sta troppo bene. Tutt’intorno, la miseria. Morale, perché alla fame in qualche modo si riesce a porre rimedio.

Mauro Bottarelli

Gruppo MAGOG