In fondo, di lei amava quello: che fosse indomabile, scontenta, regale in un caleidoscopio di spettri. La prima lettera, intestata “Aeroposta Argentina, Buenos Aires”, è del 1930:
“Adoro le tue inquietudini, la tua rabbia. Mi piace di te che non sei addomesticabile. Se sapessi cosa mi doni, e quanto sono stanco di tutti questi volti privi di forza”.
Antoine de Saint-Exupéry era arrivato a Buenos Aires il 12 ottobre del 1929, nominato alla guida dall’Aeroposta Argentina con l’incarico, tra l’altro, di varare una linea che attraversasse la Patagonia, fino a Punta Arenas. Come al solito, nelle sue escursioni aeree si spingeva in luoghi anomali, desolati, alieni; sperava di trovare le stesse vertigini in una donna. Nobile, elitista (“Priorità della massa sull’élite? Mai. Priorità della materia, dello standard di vita sullo Spirito? Mai. Priorità della logica su una certa irrazionalità umana? Mai”), amico di Gide e di Jean Prévost, avvezzo agli incidenti, si era unito, per un po’, a Louise de Vilmorin.
Lui aveva trent’anni, lei era di poco più giovane; in effetti, non aveva bisogno di nulla. Era come intrisa nell’attesa, un premio, implacabile. Nata a El Salvador, nel distretto di Armenia, da una famiglia di ricchi proprietari terrieri, Consuelo Souncín de Sandoval era tornata in Sud America su invito di Hipólito Yrigoyen, allora Presidente dell’Argentina. Aveva vissuto a Parigi – a suo dire, “l’anno più bello della mia vita” – insieme al marito, Enrique Gómez Carrillo, giornalista di talento, funambolo della letteratura, inviato in mezzo mondo (ha raccontato la Russia del 1905, ha viaggiato in Giappone, in Egitto, in Cina). Insieme a lui Consuelo frequenta Oscar Wilde e Colette, Gabriele d’Annunzio e Anatole France: quel mondo di cupe luci la commuove e la eccita, “Enrique è stato mio padre, mio marito, è stato tutto il mondo…”. Lui era uno spregiudicato casanova: Consuelo era la terza moglie, la lasciò vedova quasi subito, morendo, per un aneurisma, un anno dopo il matrimonio, nel 1927. I suoi libri erano tradotti in tutto il mondo.
L’incontro è narrato con dovizia di leggenda. Consuelo atterra a Buenos Aires trattata da regina: l’accompagnano Benjamin Crémieux, traduttore di Pirandello e segretario del Pen francese, e il grande pianista spagnolo Ricardo Vines. Saint-Exupéry incrocia Consuelo per caso, in uno dei salotti dell’Alliance Française: fu Crémieux a presentargliela. Rimase sconvolto dalla bellezza di lei, “bruna, minuta, selvaggia, dagli occhi stregati”. Per chiederle la mano le invia una lettera di 83 pagine, la maggior parte consiste nel manoscritto di Volo di notte. Consuelo non sorride mai. Parte della sua bellezza è come sigillata in una severità sconfitta, che lascia trapelare ipotesi di giungle, giaguari mentali. Il 22 aprile del 1931 Antoine e Consuelo si sposano nel municipio di Nizza, non prima di aver ricevuto la benedizione dell’Abbé Sudour. Nelle fotografie lei, vestita di nero, con un pizzo che le aureola il viso, è ferma, seria, sembra una sciamana; Antoine ha un sorriso ricamato, certo che il selvaggio non sta nell’enfasi di quattro mura.
Della correspondance tra Saint-Exupéry e la moglie, la rosa del piccolo principe, si sa da tempo: nel 2015 alcune lettere sono state battute all’asta, dando avvio a un florilegio di articoli; dal 2000 è pubblico Mèmoires de la rose, il libro autobiografico e ritrovato di Consuelo. Lui ha sempre difeso, a morsi, la propria vita privata; lei non voleva che le sue lettere fossero pubblicate: la sontuosa edizione Gallimard dell’epistolario – Correspondance 1930-1944, a cura di Alban Cerisier, con testi di Martine Martinez Fructuoso e di Olivier d’Agay, che riportiamo in calce all’articolo (tradotta in Italia da Donzelli come Il principe e la rosa, 2021) – ci fa fare una trasvolata tra le macerie di un amore moribondo. Antoine e Consuelo non sono stati felici, non erano facili: preda di assilli economici – lei fu costretta a vendere la villa in Costa Azzurra, l’appartamento a Parigi, e vivere, a tratti, in albergo –, di vite diversamente estreme. Antoine volava, cercava l’innocenza, forse, l’originale perduto che fu l’uomo, il primo calco; gli piaceva, forse, che lei restasse insondabile, immobile, ossidata in appartamenti pieni di luce, libera, per sempre una rincorsa. Lui aveva diverse amanti; lei non fuggiva dalle avventure; già nel 1936 “stando a varie testimonianze, ciascuno dei due occupa una parte distinta dello stesso appartamento, al 15 di Place Vauban, e ha un proprio telefono” (così la Cronologia dalle Opere di Saint-Exupéry, curate da Michel Autrand e Michel Quesnel, edita da Bompiani, 1994). Consuelo frequentava André Breton e Marcel Duchamp – che detestavano sommamente Antoine –; Man Ray la eterna in un ciclo di fotografie, “La mode au Congo”, dove lei è sempre così: seria, affilata, con un feroce candore negli occhi. Eppure, non potevano fare a meno l’uno dell’altra – “Il modo in cui Antoine fissava Consuelo era indimenticabile: lei lo commuoveva, così fragile, piccola, insopportabile… lo affascinava e lui la adorava” –, continuavano, in una specie di vorticoso tango, a mollarsi e a riprendersi.
Nel febbraio del 1938 l’aereo di Saint-Exupéry, decollato da New York verso la Terra del Fuoco, con l’intento di stabilire un record di volo, si schianta in Guatemala. Consuelo riceve un messaggio: “Aereo precipitato – Saint-Exupéry in pericolo di morte – Procediamo per l’amputazione del braccio”. Lei va da lui, lo trova in condizioni terribili, in coma; l’operazione riesce a salvargli il braccio. “Cadde sul dorso dei miei vulcani”, ricorderà, lei, “dove nacque il canto d’amore del piccolo principe per la sua rosa”. Qualche mese dopo, tuttavia, si separarono, per un po’, radiosi nell’ego allucinato.
Cosa ce ne facciamo di queste vite, infine? L’editore sarchia l’esistenza del suo campione, fino all’ultimo denudamento, vertigine di ogni vergogna, la parola intime, riferita a te sola, d’amore, perché questo vuole il lettore, carne&sangue, le vite degli altri, che gli sono sottratte, inabile a vivere (la stessa dinamica regge l’epistolario, edito nel 2017 da Gallimard con successo, tra Albert Camus e l’amante, Maria Casarès). Inabile, piuttosto, a capire che tutta una vita si può rischiare nel ring di una lettera, tra ordite menzogne, confessioni sulla lama destra di una retorica che è sempre innocente.
Saint-Exupéry muore il 31 luglio del 1944 – sparisce. Forse cammina sulla testa di Consuelo, nella giunchiglia delle costole. La sparizione è proclama di eternità in vita. Dopo la sua morte, Consuelo si dà, con decisione, alla pittura, pubblica con Gallimard, nel 1947, un romanzo, Oppède. Frequenta Picasso e Salvador Dalí; era amica di Greta Garbo e di Marlène Dietrich; fu l’amante di Denis de Rougemont, l’autore di L’Amore e l’Occidente. “Non temeva la morte”, disse del marito; non le piaceva recitare da vedova. Morì di prima mattina, il 28 maggio del 1979. “L’uomo e la foresta. E quando non ci sarà altro che l’uomo, l’uomo si annoierà tremendamente. Ha già perso contatto con la belva… e in parte con le forze della natura ed ecco che trasforma il pianeta in una terra da ortaggi”, scrive Saint-Exupéry nei suoi quaderni. Più che una rosa, vedeva in Consuelo la foresta. “Mi sembra sia successo a un’altra… tutta questa felicità, tutta questa infelicità”, scrive lei, elevando ad angelo il suo enigma.
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Antoine e Consuelo… Consuelo e Antoine!
La scoperta della loro corrispondenza, settantasette anni dopo la scomparsa di Antoine de Saint-Exupéry è uno shock. Certo, c’è la questione dell’impudenza, della spudoratezza che sempre riguarda la pubblicazione di lettere d’amore, private, in questo caso coniugali. Ah, caro zio, tu che odiavi sopra ogni cosa lo stupro dell’intimità, la violazione della ‘casa’, questo porsi sotto gli sguardi di tutti lo avresti considerato, forse, un atto barbarico, contrario ai principi della civiltà. Ma non è questa la vera barbarie, presumo. Lo shock accade quando scopriamo la verità quotidiana di questa coppia, quando ne conosciamo i fatti, i testardi, semplici fatti. Che raccontano la storia di una coppia che soffre continuamente, piagata dai problemi di denaro, di salute, di instabilità, di separazione, di incapacità di comunicare, stretti tra inganni, tradimenti, ricatti emotivi, orgoglio, gelosia. Non proprio una favola all’acqua di rose!
Ed è vero che Antoine non è sempre simpatico. Virile, irritato, in costante richiesta di aiuto, incapace di resistere a una donna! E lei… ipocondriaca, capricciosa, gelosa, vendicativa, altro che la rosa del Piccolo principe! Un’autentica coppia di stelle!
Pensate che ne stia oscurando l’immagine? Ma quando leggiamo… Lui: “Penso che sarai più felice senza di me e che finalmente troverò pace nella morte. Non voglio né desidero altro che la pace. Non ti incolpo. Oltre a ciò che mi attende, nulla ha importanza. Mi hai fatto smarrire ogni fiducia in me, piccola ragazza”. Lei: “Caro, teniamo tra le mani il cuore del nostro amore. Non dovrebbe rompersi. Abbiamo pianto così tanto!”.
Si fanno davvero del male a vicenda. Masochisti della separazione. Maledetti dell’ego. Sadici del gioco a nascondino. Hanno quasi divorziato per tre volte. Il loro unico figlio fu il piccolo principe. Allora mi chiedo: era davvero così, facevano sul serio? Questa coppia non sta forse facendo letteratura? Sono sinceri? Antoine invia lettere con giuramenti d’amore alle amanti mentre scrive parole sublimi a Consuelo. E Consuelo flirta con Breton (André), trattato come un nemico. Antoine non era amico dei surrealisti! Ma non giudichiamoli. Consuelo era una donna libera, un’artista. Antoine era un genio. Bisogna prescindere dal contesto storico, sociale, letterario. Questo non deve interferire nella loro vita quotidiana. Dimentichiamo chi era Antoine de Saint-Exupéry. Non si tratta neppure di ‘riabilitare’ Consuelo. Questa lettura ripristina il suo posto (il numero uno) nel cuore del nostro eroe e nella saga del piccolo principe (la rosa). Quindi, se dimentichiamo il contesto e ci atteniamo alle parole, siamo al cospetto della più sincera e tragica storia d’amore dai tempi di Tristano e Isotta.
Aprile 1943. Antoine torna in guerra. Consuelo resta a New York. Abbandoniamo la palude della vita comune per raggiungere l’etereo del loro matrimonio. Entriamo nella verità del loro amore. Nel mistero della loro relazione. La corrispondenza, allora, diventa un lungo poema elegiaco, una lunga redenzione, un dolente perdono. Bello, bellissimo. Lui: “Consuelo, grazie dal profondo del cuore per essere mia moglie. Se sarò ferito, ho chi mi guarisce. Se morirò avrò chi attendere nell’eterno. Se ritornerò, saprò dove tornare. Consuelo, tutte le dispute e i litigi sono morti. Non sono altro che un grande inno di riconoscenza”.
Lei: “Tesoro; vorrei essere un piccolo ruscello nelle tue sabbie, e bagnarti. Sei il solo che conti per me. Amo vederti intero, orgoglioso, florido… Mio piccolo marito, mio orologio di sabbia, tu sei la mia vita. Respiro, cammino verso di te, con un paniere pieno di ciò che ti piace e una luna magica che ti faccia da specchio, perché tu ti convinca che sei un brav’uomo… Mio Tonio torna da me, nel mio cuore ti attende una piccola principessa. Lui glorifica la sua “piuma d’oro”, il “pulcino”, la sua “pimprenelle”, l’“angelo”; lei vuole il suo “quetzal”, il suo “papua”, il suo “Tonio”… Lui capisce che lei è la cosa migliore che gli sia capitata nella vita: “Ora che sono vecchio so che non ho conosciuto avventura più bella delle notte passate insieme, del Dio del giorno, piccola delle mie lacrime, delle mie attese, dei risvegli, e anche delle notti ostili, come in una conca d’onde, dove ho trovato una verità così profonda che ad essa chiedo aiuto e mi rivolgo ora che sono solo”. E lei si rende conto che il marito ha una missione singolare su questa terra, specie di paraclito per l’umanità: “Mio sposo, tornerai a scrivere libri pieni di fiducia e di amore, per illuminare, per dare da bere a chi ha sete. Credo nel tuo potere di dare, nella tua poesia che martella di luce il cielo: tu consoli, tu attendi, tu crei la pazienza che costruisce l’essere”. Il loro amore, sublimato, non troverà culmine che nell’aldilà: “Marito in questa vita, spero che un giorno saremo felici di rivederci, che saremo felici di morire insieme, dal momento che vivere è stato così difficile. Tesoro, ti amo”. “Mi hai creato di nuovo. Mi hai donato la certezza che ci sono cose divine nell’essere. C’è il Divino nell’uomo”.
Passano sedici mesi tra la partenza di Antoine e la sua scomparsa. Per Antoine la missione viene prima di tutto… ha poche illusione di uscire vive dal suo ingaggio. Questi due grandi scorticati dalla vita si donano tenerezze epistolari, si perdonano, brancolano lungo la via. Si ubriacano del loro perduto amore, e si ritrovano. Si sentono soli: lui nel magma di Algeri, lei nella giungla di New York. Esistono solo loro al mondo.
Lui: “Le tue lettere sono le uniche a coprirmi. Mi sento nudo, nudo, nudo, ogni giorno più nudo. Poi un corriere porta le tue lettere e io vado nel giorno vestito di seta colorata, come un paggio, come un cavaliere, come un principe”. Tuttavia, non ci sarà una seconda possibilità per il loro amore. Il 26 luglio del 1944, nella sua ultima lettera, Antoine scrive: “Consuelo, cara, piccola Consuelo, prega per il tuo Papua che sta facendo la guerra nonostante la sua barba bianca e il corpo demolito. Prega, non tanto per la sua salvezza quanto perché trovi pace e non si angosci così tanto per la sua pimprenelle che gli pare più minacciata di lui. Piccola mia, quanto ti amo!”.
Il 31 luglio il comandante Antoine de Saint-Exupéry s’invola da Bastia Poretta in Corsica per l’ennesima missione di ricognizione sulla Francia. Non lo vedremo mai più. Il piccolo principe torna sul suo pianeta. Fine della storia. Inizio della leggenda.
La storia non dice come ha reagito Consuelo, pochi giorni più tardi, dopo aver saputo dai giornali della scomparsa del marito. La vita riprende la sua legge. Fine del racconto di fate.
Olivier D’Agay