“Sin dalla separazione dei miei genitori l’ho sempre sentito imprecare contro di noi, bestemmiando, fino ad arrivare al limite inaudito di imprecare contro la nostra vita stessa (noi ancora bambine, ahimè). Il nostro riavvicinamento non sarà mai possibile senza un profondo e sentito atto di amore e conversione. Oggi è un estraneo con un grosso debito umano e morale”. Queste le parole pronunciate nel 2018 dalla figlia maggiore di OT, Olivia.
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Oliviero Toscani non è solamente un fotografo: è in prima battuta un comunicatore, sagace e attento, pungente e tagliente. E la battuta pronta, l’ideatore della meravigliosa campagna pubblicitaria fatta per Benetton, ce l’ha dentro. Anche a Forlì quando, ospite qualche anno fa della Fondazione Cassa dei Risparmi, dopo aver capito che nessun spettatore aveva letto il suo saggio Dire fare baciare. La creatività è dall’altra parte del vento, un vero e proprio piccolo breviario per aspiranti rivoluzionari, ha dato spazio ai suoi lavori del passato, soffermandosi solamente alla fine sui contenuti della sua fatica letteraria.
Il fotografo e comunicatore milanese, figlio d’arte (il padre, Fedele, è stato uno dei fotoreporter storici del Corriere della Sera; Oliviero ha pubblicato la sua prima foto sul Corriere a 14 anni: come lui stesso racconta nel libro Caro Avedon, accompagnò accompagna il padre a Predappio per la tumulazione di Mussolini e mentre Fedele fotografa la cerimonia nel suo intero, lui si sofferma sul volto dolente di Donna Rachele Guidi, Rachele Mussolini, e quel ritratto finisce sul quotidiano), dopo aver fatto un escursus sui giornali e riviste con cui ha collaborato – Elle, Vogue, GQ, Esquire e Stern, giusto per citarne alcuni – si è soffermato su alcuni particolari operativi del suo lavoro. “Il fondale bianco è la mia ossessione” ha raccontato. Toscani gira con un paio di tele bianche di due metri per due. “Uno lo posiziono in basso, in modo che mi dia quell’effetto riflettente, e uno alle spalle della modella, che utilizzo come fonte luminosa”. Spazio poi a un “passaggio” che molti fotografi ritengono fondamentale: la post produzione. “Per me è pornografia estetica, è come fare un lifting alla faccia”. Chiara, anzi chiarissima la scelta di fotografare le persone. “A me interessa il genere umano e la sua imperfezione. La natura è bellissima ma troppo perfetta”. Poi la “fermata” su uno dei suoi scatti più celebri, quello che ritrae una modella anoressica. “Fare le foto è come fare un film, con la differenza che una fotografia è silenziosa e ognuno di noi ci parla”.
Ma è sul contenuto del suo libro che Toscani ha fatto chiarezza sul concetto di creatività, “una parola troppo usata”. Con ordine. “Chi cerca un’idea, significa che non ce l’ha. Le persone cercano su internet qualcosa che c’è già. Qualcosa di già fatto, non nuova quindi. La creatività è la conseguenza di uno stato d’animo. L’insicurezza aiuta a cercare di fare quello che una persona si sente dentro. Ogni voce è diversa dalle altre, è unica. Non ce ne sono due uguali”. La creatività “è qualcosa di molto delicato, povero, vulnerabile. È il prodotto di un momento”. Molte persone “cercano il consenso” e il consenso “non è creatività”. E gli italiani, lo sono? “L’Italia è uno dei Paesi più provinciali e meno creativi che conosca. All’estero, se sei italiano, devi dimostrare per tutto il tempo di essere un professionista. Un tedesco invece deve dimostrare di non esserlo”. Sul rapporto tra committente e artista, Toscani ha le idee molto chiare: “È un legame molto stretto. Il potere, politico e commerciale, ha bisogno dell’arte per imporsi. E l’arte ha bisogno del potere per esprimersi. Poi ci sono committenti intelligenti e altri meno”.
“Senza rischio, coraggio e sovversione non c’è creatività, quindi non c’è cultura, industria, progresso”.
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Per chi negli anni Ottanta (appunto) era adolescente, il suo nome significa Benetton. Ma occorre fare un salto all’indietro per ritrovare il suo punto di partenza: in Moriremo eleganti. Conversazione con Luca Sommi difatti ha raccontato che la sua prima campagna è stata quella per il cornetto Algida. Il giovanissimo Oliviero presenta una proposta con una prova scattata alla buona, tre ragazze che vanno su un tandem gustando il gelato. La proposta piace, ottiene la commissione e OT pretende per lo scatto definitivo modelle da Parigi, stylist e truccatori di alto livello.
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Se poi ci si mette di mezzo anche l’Osservatore Romano, significa che hai lasciato il segno. Siamo nel 1973, Toscani ha quindi 33 anni e “firma” le due pubblicità dei jeans a marchio italiano “Jesus”. Nella prima “ferma” il busto androgino di un modello con i jeans sbottonati che lasciano intravedere in penombra il pube senza biancheria, accompagnato dal claim “Non avrai alcun jeans all’infuori di me”. La seconda è ancora più famosa: qui troviamo la modella Donna Jordan di “lato B” stretta in un paio di jeans cortissimi. Lo slogan? “Chi mi ama, mi segua”. La fotografia come strumento d’impatto comunicativo fa venire il prurito al giornale del Vaticano che etichetta (appunto) le due réclame come “blasfeme”. Alessia Locatelli lo racconta con queste precise e acute parole: “Per l’immagine della modella il riferimento testuale è tratto da un passaggio del Vangelo secondo Matteo: ‘Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua’. Semioticamente, l’accostamento della parola di Gesù accanto al marchio Jesus, va a creare nel consumatore un’implicita idea di trasgressione. L’immagine stessa è evidentemente composta e voluta per cercare l’effetto shock e di novità che la campagna si trascinerà con sé: la scelta di un primo piano ravvicinato sulle natiche della modella che suggerisce una certa nudità dalla cintura in su, la ricerca delle rotondità, la posizione sinuosa del corpo e delle gambe leggermente incrociate una sull’altra”.
Le idee visive di Toscani trovarono in Pier Paolo Pasolini un attento ascoltatore: “Tra il Jesus del Vaticano e il Jesus dei blue-jeans c’è stata una lotta. Il Gesù del Vaticano ha perso” ha scritto sulle colonne del CorSera.
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Era solo l’antipasto? Probabilmente sì: negli anni Ottanta e Novanta Oliviero incontra Luciano Benetton e nasce un matrimonio straordinario: per una manciata di lustri il comunicatore lancia una serie di campagne di “shockvertising”, cioè di forte impatto crudezza o per provocazione. AIDS, religione, inquinamento, guerre, condanna a morte, immigrazione, omosessualità, disturbi alimentari: con lui gli scatti non hanno bisogno di didascalie, ti spiattella in faccia quello che “vede”, sente, vuole comunicare.
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La modella anoressica Isabelle Caro, 31 chili appena, per sensibilizzare sulla patologia del rapporto tra corpo e cibo. I tre cuori allineati, “white, black, yellow”, per affermare che dentro siamo tutti uguali. Il pretino che bacia la suorina bianca dove OT contrappone il bacio carnale e profano alle promesse solenni pronunciate da chi prende i voti (sotto la pressione del Vaticano, le autorità finiscono per proibirne la diffusione in Italia). Il ragazzo palestinese e il ragazzo israeliano. Una ragazza di colore che allatta un bebè bianco. Gli indumenti insanguinati di Marinko Gagro ucciso nella guerra in Bosnia. La piccola Giusy mentre viene alla luce. Un ragazzo bianco e uno di colore uniti dalle manette.
Negli anni Novanta, la Corte Federale di Francoforte ha sentenziato che la sua rappresentazione fotografica delle disgrazie e delle svariate forme di miseria presenti al mondo è mirata a destare nel pubblico un sentimento di solidarietà nei confronti dell’impresa committente, la Benetton. Secondo il tribunale tedesco, chi fa pubblicità in questo modo sfrutta a scopi di notorietà i sentimenti di sgomento o costernazione provocati nell’osservatore.
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Nel 2013 ha dichiarato: “Le donne devono essere più sobrie, dare importanza all’essere più che al sembrare, solo così si possono evitare altri casi di femminicidio”. Il fotografo ha aggiunto poi che “le donne non si devono truccare, mettersi il rossetto, devono volersi bene per quello che sono”.
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“La vita ha senso solo se si vive ‘contro’. Il conformismo uccide la creatività e finisce per annientare l’uomo”. Oliviero Toscani, 80 anni il 28 febbraio 2022.
Alessandro Carli