Seduto in un pacifico giardino di Wiesbaden, Germania, siamo nell’ottobre del 1946, tra le macerie di strade ulcerate dalle bombe, uno sconosciuto americano di nome Francis Parker Yockey, inviato lì dal governo degli Stati Uniti d’America per lavorare alla revisione dei documenti prodotti dal tribunale per i crimini di guerra, appunta su un taccuino: “L’ambizione a governare le anime: ecco la più forte di tutte le passioni… Chi non si farebbe accoltellare volentieri, pur di essere Cesare?”.
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Strani sentimenti, potremmo pensare, soprattutto se appuntati da un americano assunto per vagliare i dettagli del massacro compiuto da un dittatore ben più terribile di Cesare. Ma la mente di Francis Parker Yockey si era già fissata (o meglio, ossessionata) su alcuni obbiettivi ad alto rischio: Wiesbaden era parte di questi. Benché assunto per giudicare i criminali di guerra nazisti “di secondo piano”, Yockey (che all’epoca aveva 29 anni) atterrò in Germania con un altro intento: aiutare quegli stessi nazisti che avrebbe dovuto perseguitare.
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Quattordici anni dopo, nel giugno del 1960, si sarebbe suicidato in una fredda cella di San Francisco, il corpo vestito soltanto con biancheria intima e stivali stile SS: un nazista americano che non ha accettato di affrontare un esame psichiatrico e tanto meno un processo che lo avrebbe costretto a svelare i nomi dei suoi contatti. Tra i giornali dell’epoca, il “San Francisco Chronicle” ricorda l’uomo dai molti passaporti come “una figura centrale della nuova forma che ha assunto il fascismo”. Oggi Yockey è ricordato come il padre del negazionismo riguardo alla tragedia dell’Olocausto.
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Laureato nel 1941 alla Notre Dame Law School, studi anche alla Georgetown University, Yockey si era unito, da giovane, a gruppi di estrema destra americani, durante e dopo la Seconda guerra. Tra le attività di cospirazione, Kevin Coogan (occorre leggere: Dreamer of the Day: Francis Parker Yockey and the Postwar Fascist International) elenca quella di aiutare le spie naziste tedesche sbarcate sulle coste americane e messicane proprio mentre gli Usa erano in guerra con la Germania.
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Ricordato nella sua città natale, Ludington, nel Michigan, come un giovane di talento, rampollo di una buona famiglia cattolica, Yockey era intellettualmente dotato: pianista concertista da adolescente, marxista convertito al nazismo al college, secondo lo storico conservatore Arhur Herman (in The Idea of Decline in Western History), “un autodidatta brillante, folle”. Il modo in cui un noto attivista filo-nazista sia stato inviato per lavorare durante i processi ai crimini di guerra è uno dei tanti colpi di scena di questo strano e inafferrabile uomo. Esistono prove, ad esempio, che mentre si trovava a Wiesbaden, Yockey tentò di aiutare i criminali nazisti, condividendo documenti governativi sotto segreto con avvocati tedeschi. Tra gli imputati che lo riguardavano ricordiamo Otto Ohlendorf, generale delle SS tedesche responsabile, in Ucraina e nel Caucaso, della morte di 90mila persone.
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Ma la vera e duratura fama di Yockey si consolida dopo il soggiorno in Germania. Nel 1947 Yockey iniziò a viaggiare, irrequieto, stabilendosi in una piccola locanda sulla costa irlandese. Lì scrisse un libro di 600 pagine, Imperium. Nel libro si postula la necessità di un impero europeo transnazionale nazista che, nell’immaginazione di Yockey, si sarebbe esteso “dai promontori rocciosi di Galway agli Urali”. Nello stesso momento, in formule inquietanti, due forze speculari generano opposte profezie: Yockey scrisse Imperium proprio mentre George Orwell, isolato dal mondo, in un’isola scozzese, poco lontano da lui, scriveva 1984.
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Fin dalla sua pubblicazione, Imperium ha ispirato generazioni di attivisti di estrema destra, antisemiti, teorici di matrice razzista (perfino alcuni politici), che sognano un impero “eurasiatico”, basato sui principi collettivisti razziali. Senza dubbio, Imperium è il libro antisemita più influente con il Mein Kampf e con I protocolli dei Savi di Sion. Originariamente pubblicato nel 1948, Imperium è dedicato “All’eroe della Seconda guerra mondiale”. Il libro esprime una visione del mondo neonazista, con un tono severo, impersonale, aspro e gelido. Yockey, tra l’altro, mette in discussione il “Liberalismo” come “del tutto negativo: non è una forza formativa, ma una forza che disintegra… Il liberalismo è debolezza… Il liberalismo è una fuga dalla durezza, un ripiego nella femminilità, il passaggio dalla Storia al gregge, dalla realtà all’utopia degli erbivori”.
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Poi c’è la visione aristocratica, neo-spengleriana, scritta in termini quasi mistici: “Sopra ci sono gli uomini di razza – sotto, quelli senza razza. I primi sono travolti dall’azione e dagli eventi del grande ritmo cosmico, i secondi dalla Storia. I primi sono i materiali della Storia nobile, i secondi sono sopravvissuti a ogni Cultura e quando la quiete riprende il dominio dopo il turbine degli eventi, sono la grande massa”.
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Yockey scrisse Imperium sotto lo pseudonimo di Ulick Varange, che per lui simboleggiava l’incontro tra Irlanda e Russia. Lo scrittore era abbastanza scaltro da non menzionare Hitler né il Nazionalsocialismo nel libro, limitandosi a parlare di “Socialismo Prussiano” e di “Rivoluzione europea del 1933”. Il messaggio fondamentale di Imperium era assicurare i più fanatici tra i nazisti che il loro sogno non era vano né distrutto, che “il Giorno” sarebbe tornato se i nazisti non si fossero piegati al bieco statalismo.
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La reputazione di Imperium negli ultimi settant’anni ha attraversato fasi distinte. La prima è nascosta, clandestina, quando il libro fece scalpore nella diaspora neonazista del dopoguerra, soprattutto in Europa e in Sud America. Imperium è stato, allora, grido di battaglia e incoraggiamento. La seconda ondata di “yockeyismo” si è verificata in seguito al suicidio di Yockey, nel 1960, con un ritorno neofascista e un rigurgito antisemita. Era l’epoca in cui George Lincoln Rockwell, volubile capo del Partito nazista americano, divenne improvvisamente una celebrità mediatica. Copie di Imperium iniziarono a circolare in certi ambienti repubblicani. La terza ondata accadde durante gli anni Settanta e Ottanta, con la crescita deplorevole di quell’assurdità che è la negazione dell’Olocausto. La quarta fase è quella attuale, un’Idra complessa. L’era online ha visto una ondata di interesse, a livello mondiale, intorno ai libri razzisti del XX secolo: in questa lista spicca, ovviamente, il ‘capolavoro’ di Yockey… Gli scritti di Yockey hanno un effetto significativo anche per gli attivisti e i politici di estrema destra europei e russi di oggi, alcuni dei quali affermano che lo stesso Yockey, a metà anni Cinquanta, divenne filo-russo, una volta che comprese la letale politica antisemita di Stalin. Così, figure politiche come Vladimir Zhirinovskij e Aleksandr Dugin possono, più o meno apertamente, sostenere varianti di quella vecchia ideologia. E molti russi di destra ora abbracciano il sogno pan-europeo postulato da Yockey con una parola d’ordine recente: Eurasia.
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Negli anni Cinquanta saturi di Guerra Fredda fu proprio Yockey, ex studente di geopolitica alla School of Foreign Service di Georgetown, ad esortare i compagni neonazisti di tutto il mondo a “giocare la carta russa”: “Usiamo la Russia contro la leadership degli ebrei americani… solo così l’Europa potrà realizzare la propria liberazione dai pericoli della democrazia ebraica imposta con le baionette americane”. Le bizzarre categorie di Yockey sono ora poste in rilievo. Al di là di tutto, queste dichiarazioni sembrano suggerire che Yockey, l’oscuro nazista dai molti pseudonimi (tra cui Richard Hatch, Franz Ludwig Yorck, Ulick Varange), fosse coinvolto in intrighi politici clandestini. Nel 1953 Yockey incontrò il presidente egiziano Gamal Abdel Nasser. Come mai? Odio condiviso per Israele, naturalmente. L’Egitto stava diventando una specie di “seconda Argentina”, accogliendo un vasto afflusso di SS in fuga. Snello, azzimato, americano, Yockey, grazie ai suoi amici nazisti, consegnò personalmente a Nasser i piani per una “bomba al cobalto” di nuova concezione che sperava sarebbe stata usata contro lo stato ebraico. Pur non dicendo alcuna parola pro o contro l’Islam, Yockey sapeva che molti nazisti si erano convertiti. Come Johann von Leers, già alle dipendenze di Goebbels presso il Ministero della propaganda. Trasferitosi in Egitto, von Leers divenne Omar Amin von Leers, si impegnò nel Ministero dell’informazione egiziano, diffondendo l’odio verso gli ebrei in quella nuova terra.
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Gli attuali eredi di Yockey sono i “campioni dell’Occidente” via computer, seduti su morbide poltrone, che si abbandonano a fantasie di guerre civili e razziali, intrise di odio ebraico, coltivando una visione falsificata e distorta della storia. Un esercito in malafede che non inganna nessuno. Eppure, ciò che pareva stabile ora diventa instabile. Il saggista John J. Reilly scrisse, nel 2002: “La vita di Yockey si è intersecata con le forze e le idee del XX secolo, spesso oscure. Ciò non significa che non fossero potenti e che non potrebbero ripresentarsi nel XXI secolo”. Il tempo dirà quanto le profezie di Yockey, che mentre moriva il fuoco sulle città tedesche, nel 1947, scriveva, “Nel bene o nel male i monarchi stanno arrivando”, siano esatte.
Anthony Mostrom
*L’articolo è stato pubblicato in forma estesa su “Los Angeles Review of Books”
**In copertina: particolare dal “Giudizio universale” di Giotto, in Padova