11 Marzo 2021

Meghan vs. Elizabeth. Ovvero quando "la cerbiatta" perde la sfida con "Elisabetta che è letteratura, occhi stanchi che si sono persi negli interstizi bianchi che separano le parole"

La sovrana lettrice di Alan Bennett non fa cagare: è da leggere – rigorosamente – quando si va in bagno perché aiuta a creare fiorellini profumati. Poco meno di cento pagine edite da Adelphi nel 2007: se si va di corpo con una certa regolarità, in un paio di settimane si arriva all’ultima, scoppiettante e rivelatrice. E poi lo si passa ad un amico: sconfigge la stipsi anche se richiede pazienza (un po’ come tutte le fitomedicine).

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Chissà se la cerbiattina Meghan Markle l’ha letto e ha pensato di donarlo alla Queen Elisabetta Seconda: secondo me no, altrimenti avrebbe evitato di fare quella figura di merda in televisione: stimolata da Oprah Winfrey, ha lanciato rotoli di carta igienica non esattamente candidi verso Buckingham Palace, accusando la Royal Family di razzismo.

Con classe innata, Her Majesty ha liquidato la vicenda con una dichiarazione ufficiale e snella, che non ammette repliche: “L’intera famiglia è rattristata nell’apprendere fino in fondo quanto siano stati difficili gli ultimi anni per Harry e Meghan. Le questioni sollevate, in particolare quella della razza, sono preoccupanti. Sebbene alcune versioni possano variare, verranno prese molto sul serio e saranno affrontate dalla famiglia in privato. Harry, Meghan e Archie saranno sempre membri della famiglia e molto amati”.

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Harry ha fatto la figura del coglione, ma del resto quanti uomini non l’avrebbero fatta? Lei, bellissima, viziatissima, ambiziosissima e avidissima, capace di ammansire il “red nazi rebel” reale. Lei che al risveglio ti sa illuminare la giornata con suo lieve strabismo di Venere. Lei che, con un’intervista, ha saputo mettere “muso a muso” due Paesi, gli States e l’UK, uscito – quest’ultimo – ulteriormente meno “unito”.

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Succede che Sua Maestà incrocia una biblioteca ambulante che stranamente è parcheggiata davanti alle cucine reali. Lì dentro vivono il bibliotecario e un inserviente, giovanissimo e imberbe, impegnato a leggere. Si chiama Norman ed è, si scoprirà, un “figlio della Luna”. Elisabeth II chiede in prestito un volume. E si accende la miccia: come una febbre, la passione in lei inizia piano piano a crescere. Quando è matura (sia la fiamma per la lettura che lei stessa – Alan Bennett la “ferma” attorno agli 80 anni) e ha bottinato qualche autore (Hardy, Forster, McEwan, Ishiguro, Nabokov, Roth), a una cena di gala come tante – e quindi pallosissima – chiede al Presidente francese se ha mai letto Jean Genet e al Ministro degli Esteri se ha sfogliato Marcel Proust . “La cosa strana era che quando ha intinto un pezzo di dolce nel tè (pessima abitudine) gli è tornato in mente tutto il suo passato. Sa, ci ho provato anch’io e non mi ha fatto nessun effetto.”

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“Dite tutta la verità, ma ditela insinuandola: l’importante è girarci attorno” afferma a un certo punto la sovrana lettrice. E Meghan, solleticata da Oprah Winfrey, ha ciurlato nel manico troppo poco, quasi a saltare tutte e 95 le pagine del libello per arrivare all’ultima: errore da sciacquetta, bellezza. Imperdonabile: Elisabetta è spessa come Shantaram di Gregory David Roberts, impermeabile come la Trilogia dell’isola di Lewis di Peter May. Del resto, afferma Sua Maestà, “chi mai può essere al di sopra della letteratura? Sarebbe come essere al di sopra dell’umanità”. Di certo non Meghan e il suo burattino.

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“La lettura è disordinata, dispersiva e sempre invitante. Il ragguaglio esaurisce la questione, la lettura la apre” butta là la Regina. La cerbiatta mulatta ha ragguagliato l’universo terracqueo di cosa significhi vivere di protocolli reali – facendo l’attrice, forse qualche copione deve averlo pur letto –, Elisabetta invece è letteratura, odore di polvere tra le pagine, copertine ingiallite, occhi stanchi che si sono persi negli interstizi bianchi che separano le parole.  

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Non è certo al 100% ma ci si va vicini quando si fa combaciare la figura del Primo Ministro del Regno Unito che compare nel libro con l’altezza e i tratti somatici di Tony Blair: Bennett lo definisce come un uomo d’azione ma di scarsa cultura, che pensa al futuro senza aver fatto tesoro delle esperienze storiche.

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“Quando cominciamo un libro lo finiamo. Ci hanno educate così. Libri, purè, pane e burro: bisogna finire quello che c’è nel piatto“.

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Se Meghan avesse letto il libro avrebbe evitato la carnascialesca apparizione televisiva con tanto di barboncino rosso al guinzaglio. Le sarebbe bastato sottolineare a matita questa frase: “Del resto i libri, come certo saprà, è raro che inducano ad agire. In genere confermano solo quello che, magari inconsapevolmente, si è già deciso di fare. Si ricorre ad un libro per avere conferma delle proprie convinzioni. In altri termini per chiudere un capitolo – per declinare l’invito a entrare nella gabbia dei leoni neri“.

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È evidente che a Corte lei c’è stata poco. Certo, nel 2007 era ancora una sconosciuta, ma se punti a diventare Royal, devi leggere e essere informata. Perché Bennett aveva già scritto tutto: la Magnifica Sovrana, dopo aver scoperto quegli oggetti strani che sono i libri, non può più farne a meno e cerca di trasmettere il virus della lettura a chiunque incontri sul suo cammino.

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Lacchè, leccaculi, tirapiedi e semplici politicanti di corte vengono costretti, loro malgrado, a diventare topi da biblioteca. Il libro procede lento – mai avere fretta quando si è in bagno, i fiorellini profumati richiedono tempo – perché, vista l’età, la Regina non è una centometrista. Una gara di lumache, ma di una lentezza british, non europea.   

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Poi il finale, come quando il savoiardo scuretto incontra l’acqua e una goccia ti bagna l’orello.

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Riaccese la luce, prese il taccuino e annotò: “Non si mette la vita nei libri. La si trova”.

Alessandro Carli

Gruppo MAGOG