Un due tre, si parte. Armatevi di carta&penna, a sfidare i marosi del vostro cuore, le Amazzonie che si spalancano appena oltre il confine dell’intestino tenue. “Pangea” diventa palestra di scritture. Abbiamo chiesto ad alcuni studenti della Scuola Holden di Torino di costruire una redazione parallela. Un laboratorio di follie. Simile a una mongolfiera. All’opificio di un alchimista. Che si chiama Il Cannibale. Perché? Perché la scrittura è sempre ‘cannibale’, cioè, divora la vita. Saranno loro, questi baldi scrittori intrisi di futuro, a leggere e a giudicare i vostri racconti. Che potete inviare qui: info@pangea.news.
L’esatto contrario di chi pensa che sia possibile insegnare qualcosa
“Il Cannibale” rappresenta l’esatto contrario della volontà di qualsiasi becchino legato alla mercificazione editoriale. Qui sono ammessi racconti, critiche e recensioni (anche extra-letterarie), e soprattutto lampi d’identità: perché scrivere? È possibile inviare racconti o proporre spunti di qualsiasi tipo: saranno letti e analizzati dalla nostra redazione di giudiziosi sfaticati e successivamente – se considerati meritevoli – pubblicati suPangea. Eventualmente e a vostra richiesta potrete firmare con uno pseudonimo: grazie alla scrittura si può essere trasparenti, mettere al centro la propria idea – che è parallela alla persona, ma più importante – e lasciare che il contenuto rimanga in primo piano, libero e sanguinario come il selfie di un cannibale nella homepage di Facebook. “Il Cannibale”, dopotutto, è l’esatto contrario di chi pensa che sia possibile insegnare qualcosa. (Nicolò Locatelli)
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Responsabilità
Appena sveglio siete tu e il passato. Te ne senti responsabile solo per un attimo, poi saresti già pronto a ricominciare. Da anni porti avanti un’abitudine di cui ti vergogni profondamente, anche se sei l’unico a conoscerla fino in fondo.
Qual è stata la prima volta in cui hai ceduto? Non puoi ricordartelo, in quei momenti l’istinto animale ti demolisce l’autocontrollo e quella sottospecie di atto d’amore diventa, al massimo, un rito tribale che riconosci diffuso come un qualcosa da eliminare. Ma il tuo è un bisogno primario.
L’appuntamento di ogni martedì davanti a scuola è alle tredici e trenta, e la madre dei gemelli, gli unici amici di tuo fratello, anche questa volta ti ha chiesto di fermarti a pranzare insieme a loro. Tu hai prontamente rifiutato, perché al solo pensiero il tuo cazzo aveva raggiunto in pochi secondi la consistenza di un minerale. L’esigenza di tornare a casa è fortissima.
Lui è uscito da scuola, ora frequenta il terzo anno. Gli sono cresciuti anche gli occhi e sembra contento di rivederti.
La tua macchina da fuori è appena più chiara del suo sguardo, ma dentro, dentro è sporchissima, non ricordi nemmeno quando e da chi sia stata pulita l’ultima volta. Ma tu sei un vero attore, e tutti i tuoi rifiuti – il biglietto del treno vecchio di sei giorni, le pagine che hai strappato dai giornali e quell’accendino nero, scarico, il paio di scarpe da ufficio che ti sei tolto ieri sera coperte da un sacchetto del McDonald’s ancora unto – i ricordi precisi della tua ex compagna e dei suoi cavalli di Troia, le voglie, l’infanzia di tuo fratello; sono sepolti sotto ai sedili, messi da parte insieme ai rimorsi.
Il posto accanto al tuo è rimasto vuoto, lui si è seduto dietro e sta contando qualcosa a voce alta, aiutandosi con le dita. A te non interessa perché hai altro a cui pensare. Senti una voce. Esiste solamente dentro la tua testa, ma per quale motivo non dovrebbe essere vera?
Grida a volumi altissimi, sta soffrendo come se fosse ancora viva. Vostra madre era l’unico ostacolo ai tuoi piani, e nemmeno dopo che è morta te ne sei liberato. Il sudore ti appiccica il fondo della schiena al sedile: non riesci a pensare a lei senza diventare un incendio, le sue grida ti hanno sconfitto ancora una volta. Per te sono facili da riconoscere, dopo anni di esperienza alle spalle sei perfettamente in grado di capire quando, nella tua testa, compare qualcuno che non sei tu.
Vorrei non fosse mai esistita – sussurri, premi il pulsante e con lo sguardo segui il finestrino abbassarsi in una discesa fluida.
L’urto non è forte ma improvviso, ti sposta verso destra con lo stomaco in gola colpendoti con un senso di stupore misto adrenalina che traduci quasi subito in rabbia da reprimere.
Avevi intravisto il tassista con la coda dell’occhio, ma prevedere la sua distrazione sarebbe stato impossibile. Tuo fratello ha battuto la testa contro il vetro interno e piange, impaurito. Lo prendi in braccio e rassicurandolo con delle parole dolcissime ti dirigi verso il responsabile dell’incidente. Ti mostri calmo e autoritario. Lui è disponibile, dice che la sua assicurazione coprirà ogni danno. A parte lo spavento di tuo fratello sarebbero persino trascurabili.
Tuo figlio è bellissimo – aggiunge lui, prima di concludere, poi, rivolgendosi al ragazzino, imposta la voce in un – Ciao campione! – come tanti. Pensava fossi suo padre.
Guidando verso casa insisti con te stesso su questa ipotesi capace di prosciugarti la saliva, tremi fino a masticarti i denti.
Dentro l’appartamento ogni cosa sembra al suo posto, ma il ragazzino ha un modo di relazionarsi con gli altri davvero complicato, e quanto è appena successo, per lui, rappresenta un discreto trauma da superare. Le attenzioni che gli rivolgi sono più che altro forzate, e, dopotutto, nemmeno a te va di starci insieme per davvero. Hai scelto di concedergli un pomeriggio fatto di sola televisione. Forse stanotte lo porterai a dormire con te.
Ti sei accorto più volte di desiderare dei bambini, ma non violentare tuo fratello down era l’unica promessa che intendevi mantenere. Anche se sai benissimo di averla infranta troppe volte per sentirne ancora l’eco. Le erezioni che provi per la sua carne, così nuova ogni volta, non possono essere trattenute come una pisciata qualsiasi. Il vostro è un perfetto legame di sangue, una strada su cui sei l’unico ad avanzare delle pretese.
Sei abituato a calarti i pantaloni e premere l’uccello nella bocca del bambino: l’hai addomesticato a questo gioco sequestrandogli il suo peluche preferito, che sollevi sopra la testa. Tuo fratello è troppo basso, non riesce a riprenderselo e pur di farselo restituire accetta le tue condizioni.
Sei sicuro di comportarti in un modo amorevole con lui, nessuno sa cosa succede tra voi perché nessuno capirebbe. Pensi di poter svolgere il ruolo di un genitore doppio: i soldi non ti sono mai mancati, puoi permetterti qualsiasi cosa, compresa una vita segreta.
Morris